– Fottitelo a Giovannino Naccarato! E siccome non puoi fare figli, fottiti tutti i ganzi che vuoi, puttana sfontata! – urla Maria Giuseppa Gallo contro Rosa Noto, la mattina del 6 agosto 1902 nell’abitato di Marzi.
– Parli proprio tu che sei la puttana di cento e uno! – le risponde a tono Rosa.
La storia tra le due donne, dirimpettaie, va avanti da qualche tempo e diventa ogni giorno verbalmente più violenta, ma questa mattina rischia davvero di degenerare, come infatti degenera.
Rosa e Maria Giuseppa si accapigliano e se le danno di santa ragione, poi intervengono i vicini e torna la calma, almeno così sembra.
Le due donne rientrano nelle loro abitazioni ma ricominciano a dirsene di tutti i colori, affacciate dai balconi, distanti l’uno dall’altro una decina di metri. Ad un certo punto Rosa non ce la fa più a sopportare le parole della rivale. Sul balcone sono rimasti dei calcinacci, residui di alcuni lavori di riparazione al tetto di casa; Rosa afferra un grosso pezzo di tegola e lo lancia verso Maria Giuseppa, ma il manufatto non raggiunge nemmeno la casa della rivale e si schianta a terra producendo un rumore sordo. Poi un altro pezzo e un altro ancora senza nessun risultato. Visto che non è riuscita nel suo intento di provocare qualche danno alla rivale, Rosa scende di nuovo in strada e ricomincia ad offenderla. Anche Maria Giuseppa scende di nuovo in strada e inizia un nuovo parapiglia. Lorda! Schifosa! Puttana! Troia! Sono le parole più gentili che si scambiano le due fino a che non le dividono nuovamente.
Vesti stracciate, capelli arruffati, segni di unghiate sui visi: sembrano delle megere.
– Fricatinni che ti farò piangere sangue! – è la promessa, o la minaccia, di Maria Giuseppa alla sua rivale. Infatti ha in mente uno scherzetto da giocarle: fa entrare in casa i suoi vicini più fidati, bambini compresi, e promettendo qualcosa a ognuno fa spargere la voce che Rosa, quando era sul balcone, aveva una rivoltella in mano e ha esploso contro di lei due colpi: “ma badate bene che dovrete dire che il primo colpo non è esploso ma il secondo si e io sono rientrata in casa per ripararmi, avete capito bene?” i presenti annuiscono e la voce comincia a girare in paese. Di bocca in bocca, come è ovvio, due giorni dopo la notizia arriva alle orecchie dei vicini Carabinieri di Rogliano, che cominciano a indagare e interrogano le persone che si presentano spontaneamente a loro: tutti sono concordi che Rosa voleva ammazzare Maria Giuseppa e quindi è normale che si debba procedere al suo arresto. Ma Rosa a casa non c’è.
– Mi ha detto stamattina che andava a Rogliano – dice qualcuno al Maresciallo Alfonso Gregucci, che ripercorre a ritroso le poche centinaia di metri che separano i due paesi. Di informazione in informazione, Gregucci scopre che Rosa è andata dal Pretore, al quale sta raccontando la storia. Ma il Maresciallo ha informazioni diverse con tanto di testimoni, molti dei quali bambini tra gli otto e i dieci anni di età, e ottiene l’autorizzazione del Magistrato per arrestarla, così le fa mettere i ferri ai polsi con l’accusa di mancato omicidio.
Data e non concessa l’ipotesi che esplosione d’arma da fuoco vi fosse stata, questa non potette mai essere con intenzione omicida, data la vicinanza e la facilità del punto di mira che non consentono, anche ad un inesperto, di errare il tiro fino al punto da non colpire né la persona, né la finestra, né la parete interna di fronte alla finestra istessa, né la parete esterna di tutta la casa, protesta l’avvocato Ernesto Adolfo Grandinetti, difensore di Rosa che continua: si prega la S.V. d’indagare quale valore una simile affermazione può avere, considerando l’età, la suggestionabilità e le relazioni di conoscenza che passano tra chi afferma e la Maria Giuseppa Gallo, contro cui questi colpi sarebbero stati esplosi.
Le indagini devono essere approfondite e vengono ascoltati altri testimoni, i quali giurano di non aver sentito alcuna detonazione ma un tonfo sordo che mi parve assomigliare a quello di un vaso di creta gettato a terra con violenza, è la risposta che danno.
Qualcosa non va, ci vuole la perizia tecnica dell’armiere Michele Conforti.
Alla distanza misurata in linea retta di metri dieci e venti centimetri, giudico che esplodendo una rivoltella di grosso, di medio ed anche di piccolo calibro dal finestrino della casa di Noto Rosa si può benissimo uccidere una persona che sia vicina alla finestra di Gallo Maria Giuseppa. Non si rinviene alcuna traccia di urto di proiettile nella finestra, nella casa e nel muro appartenente alla Gallo.
I nodi cominciano a venire al pettine, ma Rosa continua a restare in carcere e il Pubblico Ministero, ritenendo ininfluente il fatto che non essendoci segni di proiettili sulla casa di Maria Giuseppa Gallo, che ci sono dei testimoni che non hanno sentito detonazioni ma solo un tonfo sordo e che quindi non è affatto certo che Rosa abbia davvero sparato contro la rivale, ne chiede il rinvio a giudizio per mancato omicidio e lo ottiene, ma non otterrà la condanna di Rosa perché la giuria la dichiarerà innocente.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.
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