L’AMORE, L’ONORE E LA ZAMPOGNA

È quasi il tramonto del 19 agosto 1918 quando un ragazzo armato di scure ne sta inseguendo un altro sul limitare del Bosco di don Giovanni, in territorio di Grisolia. Nella corsa a perdifiato l’inseguitore riesce due o tre volte a colpire alle spalle l’inseguito con il dorso della scure. Questi all’improvviso si ferma e affronta l’altro riuscendo a disarmarlo, poi si azzuffano, cadono a terra facendo delle capriole. L’inseguito ora è sopra l’avversario e ora ha la scure in mano. Lo colpisce due volte sul capo e poi, quando il ferito si gira di spalle, altre due volte. Lo lascia a terra sanguinate e se ne va.
Il ferito resta a terra intontito, poi raccoglie le forze, si rialza e comincia a camminare verso un capanno distante poche centinaia di metri.
Saverio Crusco, così si chiama il diciottenne ferito, viene soccorso da sua madre e da sua sorella le quali, lanciando urla disperate di aiuto, cercano di tamponare il sangue che sgorga copioso dalle ferite.
– È stato Peppino Miraglia… – dice con un filo di voce, poi sviene.
Le ferite alla testa sono abbastanza serie perché le ossa del cranio sono state lesionate e il medico teme per la vita di Saverio. Nel frattempo il Sindaco del paese scrive ai Carabinieri di Verbicaro competenti per territorio e li informa dell’accaduto, ma ci vorrà il giorno dopo perché questi arrivino sul posto e comincino le indagini.
Approfittando di un momento di lucidità del ferito, i Carabinieri si fanno raccontare come sarebbero andati i fatti:
– Stavo tornando dalla montagna dove, in contrada Schiena di Ceraso, avevo fatto pascolare le vacche. Con me c’era Peppino Miraglia che aveva portato i suoi animali e siamo stati insieme fino all’Avemaria, poi lui è andato via e io sono rimasto ancora un po’. Quando mi sono avviato verso casa ho incontrato Antonio e Fedele Pignata, non sono parenti, che erano con un certo De Fino e abbiamo fatto la strada insieme cantando canzoni d’amore, accompagnati dal suono della zampogna di Fedele Pignata. Arrivati a Monticello abbiamo incontrato mia madre che si è unita a noi fino a che siamo arrivati vicino alla capanna dove abita la famiglia Miraglia, in località Montecrudo. Mia madre ha preso una scorciatoia e se ne è andata per conto suo. Se ne è andato anche De Fino mentre noi ci siamo fermati a riposare continuando a cantare e a suonare. A un certo punto Gennaro Miraglia si è affacciato a una finestra e ha cominciato a gridare contro di me: Che mi canti, figlio di loscia fricata? Và a cantare alla fissa di mammata e di tua sorella! Io e i Pignata ci siamo guardati e per evitare questioni abbiamo ripreso il cammino, senza però smettere di cantare. Gennaro Miraglia allora è uscito di casa e ha cominciato a correre per prendermi ma io sono scappato e non mi sono fatto raggiungere. A questo punto è uscito dalla casa anche Peppino, il figlio di Gennaro, armato di scure e si è messo a correre verso di me. Io ho cercato di allontanarmi ma lui scappava come un demone, incitato dal padre che diceva: Prendilo a gacciate, prendilo a gacciate! Gaccìalo, gaccìalo! Io sono andato verso il bosco per nascondermi ma Peppino mi ha raggiunto e ha cercato di togliermi la scure dalle mani: io ho resistito un bel po’ e ci siamo scambiati dei pugni. Poi ho ceduto e Peppino è riuscito a disarmarmi, mi è salito sopra e mi ha colpito col taglio della scure, come si mena ad un tronco di legno, per uccidermi. Ho visto che in quei momenti passava di lì Pietrantonio Peropada, poi devo essere svenuto e Peppino deve avermi creduto morto perché quando ho riaperto gli occhi non c’era più e non c’erano più nemmeno i fratelli Pignata che evidentemente erano scappati. Sono riuscito a rialzarmi e piano piano sono tornato a casa…
– Ma, secondo te, perché ti hanno aggredito? – gli chiede il Vicebrigadiere Saverio Scaravaglione.
– Non lo so… stavamo solo cantando delle canzoni… canzoni d’amore e non canzoni malamente…anche nei giorni precedenti lo avevamo fatto e non era successo niente… – dopo qualche secondo di pausa, il ferito ricomincia a parlare – in verità, in verità devo dirvi che sono ormai due anni che amoreggio con la figlia di Gennaro Miraglia, Adelaide, che corrisponde il mio amore ma il padre è contrario a questo amoretto e al progettato matrimonio e più volte, incontrandomi, mi aveva detto di desistere dal corteggiare la figliuola ed io avevo risposto che noi giovani ci volevamo bene e che avevamo intenzione di sposarci. Avantieri, Gennaro ha incontrato mio fratello Antonio e gli ha detto: Avverti Saverio che qualche giorno lo farò ritornare dalla montagna stozze stozze sopra due pertiche. Io e Peppino siamo amici e lui era d’accordo al matrimonio… non c’era ragione di litigare… Può darsi che Gennaro Miraglia abbia pensato che la canzone era rivolta alla figlia e abbia voluto impedire quell’innocente divertimento
In base a questa dichiarazione, Gennaro e Peppino Miraglia vengono arrestati, ma forniscono una ricostruzione dei fatti completamente opposta:
– Il giorno 9 di questo mese sono dovuto andare a Cosenza per essere processato per una denuncia di violenza carnale e sono mancato dal paese cinque giorni. – inizia il ventunenne Peppino Miraglia – Al mio ritorno, mia madre e mia sorella Adelaide mi raccontarono che Saverio Crusco da più tempo aveva messo gli occhi addosso a mia sorella a fine illecito. Approfittando della mia assenza era andato sotto la finestra della nostra casa insieme ai suoi amici con i quali aveva cantato canzoni di sdegno, accompagnati dal suono di una zampogna. Ricordo che la notte del 17, era sabato, Saverio tornò con i suoi amici e cominciò di nuovo a cantare quelle canzonacce. Io, che non potevo più tollerare le offese gravi e la evidente provocazione, mi affacciai dalla finestra e lo rimproverai, invitandolo energicamente ad andarsene. Saverio, dopo aver borbottato qualche minaccia e qualche offesa, se ne andò. Il giorno dopo, invece di portare le vacche in montagna, andò dove Adelaide faceva pascolare i nostri animali e ci stette tutta la giornata infastidendola con parole lascive e inviti a scapparsene con lui. Alle giuste proteste ed all’energico rifiuto di mia sorella, l’afferrò per un braccio forse allo scopo di trascinarla seco o di buttarla a terra, tanto che la povera giovine si vide a mal partito, gridò al soccorso e fece accorrere gente. Lunedì 19, poi, ero in montagna insieme a Saverio e gli dissi che avevo saputo delle sue proposte ad Adelaide, che mia sorella è una giovane onesta e doveva lasciare in pace la mia famiglia e che in capo a qualche giorno gli sarebbe venuta male. Lui, che è  cattivo, restò sordo ai miei giusti ammonimentiminacciò di accettarmi, prendermi a colpi di accetta. Alla fine del pascolo mi sono avviato prima di lui e arrivai a casa una mezzora dopo l’avemaria. Dopo un paio di ore, quando ero a letto, intesi canti e suoni di zampogna e dalla voce riconobbi Saverio, al che mi misi alla finestra ad ascoltare le parole delle canzoni. Quando udii che diceva: Esci carogna che ti faccio u core a lenze a lenze, paranome conosciuto, spalla vascia ed altri simili improperi, non ne potetti più ed inerme come mi trovai, scesi nella vicina strada pubblica per redarguirlo ancora una volta e per ritorcergli le ingiurie, ma il Crusco, ch’era rimasto solo perché i suoi compagni se l’erano già data a gambe, mi venne incontro e con l’accetta di cui era armato mi dette sette od otto cuzzolate, mi sgraffiò ad una guancia ed io allora mi inferocii, non seppi più quello che feci e del fatto non ricordo ora più nulla. Menai al Crusco senza sapere quello che facessi e non ricordo se in quel momento avevo intenzione di uccidere il Crusco o semplicemente ferirlo.
– E tuo padre che ruolo ha avuto nel fatto?
Mio padre quella notte non si alzò per nulla dal letto e, poveretto, non concorse materialmente al delitto da me commesso, né mi determinò o mi eccitò a commetterlo.
– Secondo quanto ha detto Crusco, tua sorella lo corrispondeva e tu eri d’accordo, mentre stai affermando esattamente il contrario…
Mia sorella è rimasta sempre negativa dinanzi alla corte spietata che le faceva Crusco. Io ed i miei genitori ce ne dolemmo sempre verso il Crusco ma invano. Voglio aggiungere che porto i segni della sua aggressione e mi riservo di denunciarlo.
Gennaro Miraglia, 55 anni, conferma parola per parola il racconto di suo figlio Peppino:
– Saverio Crusco non aveva intenzioni serie verso Adelaide, tanto che nessuna richiesta era stata fatta dai suoi genitori. Piuttosto la importunava come importunava noi con quelle canzoni oscene che cantava sotto la nostra finestra e io ero così infastidito che dissi al fratello maggiore, Antonio, di rimproverarlo e di farlo smettere ma non dissi affatto che lo avrei fatto a pezzi! Saverio è un pessimo soggetto e appartiene a una famiglia di gente cattiva. Una notte, dopo aver cantato, si mise a urlare: Ti faccio cornuto e carogna, evidentemente riferendosi a me. La notte del fatto, Saverio e i suoi amici sono venuti di nuovo a cantare canzoni oscene. Io ed i miei parenti, ad evitare quistioni, ce ne stemmo in casa senza neppure affacciare e redarguire quei giovinastri. Dopo circa quaranta minuti di suono e di canto, il Crusco Saverio gridò, evidentemente al mio indirizzo: Miraglia, cornuto e carogna… ti debbo fare carogna… fatti avanti, u core ti faccio a lenze a lenze. A tali parole di grave provocazione, mio figlio Peppino scattò dal letto, non si fece trattenere da me e dalla madre, uscì all’aperto e scappò verso la proprietà di don Persio Saporiti, ove i tre cantavano gridando: Stanotte o mi ci fai carogna o ti ci faccio! Peppino è uscito come si trovava, disarmato. Dopo un’ora, io e mia moglie temendo che nostro figlio fosse stato ucciso, giacché gridava da lontano: Siatemi buoni testimoni! Accorremmo, ma strada facendo incontrammo Peppino che veniva verso di noi, mentre il Crusco era già in casa.
Saverio e Fedele Pignata, interrogati, forniscono particolari inediti e interessanti:
– La madre di Saverio non voleva che ci fermassimo vicino la casa dei Miraglia per cantare e ne nacque un vivace scambio di parole tra madre e figlio, finché la donna non se ne andò. Se ne andò anche De Fino e noi cominciammo a suonare e cantare. Io e Crusco – assicura il diciassettenne Saverio Pignata – cantammo per un bel po’ canzoni amorose pulite poi, alla fine di una canzone, lui si è messo a gridare: Sono stato amminazzato da nu carogna! Subito si è affacciato alla finestra Gennaro che ha risposto in tono minaccioso: Chi è stu carogna… chi è stu carogna? Smettemmo subito di suonare e cantare e riprendemmo il cammino ma fatti pochi passi vedemmo uscire dalla casa Gennaro Miraglia e suo figlio Peppino armato di scure. Io capii che le cose non sarebbero finite bene e per non trovarmi coinvolto mi allontanai lasciando sul posto Saverio Crusco, sua madre e Fedele Pignata. Lungo la strada incontrai Pietrantonio Peropada che andava verso la montagna e dopo esserci salutati proseguimmo ognuno per la propria strada. Dopo qualche minuto sentii la voce della madre di Crusco che, piangendo, gridava: Amara mia, disgrazia mia, che danno stasera… amara mia che danno che mi è successo… ma non diedi troppa importanza alla cosa, pensando alle questioni tra madre e figlio. Solo il giorno dopo ho saputo quello che era successo…
– Ma la madre di Crusco non era andata già via? Insomma – sbotta Scaravaglione – la madre c’era o non c’era?
– Fino a un certo punto c’era, ma adesso non ricordo con esattezza se c’era ancora quando io me ne sono andato…
Fedele Pignata racconta:
– Quando Crusco gridò: Sono stato amminazzato da nu carogna! Gennaro Miraglia rispose: Chi è stu carogna… chi è stu carogna? L’aiu fattu u carogna intra a fissa di suorta! Forse gli altri non ricordano bene. Ricordo che Peppino Miraglia, inseguendo Crusco, gridava: Aspetta figlio di porca… aspetta figlio di porca… Al che, io avanti e il Crusco dietro, ci mettemmo a scappare mentre Saverio Pignata era già scappato. A un certo punto non ho più sentito il passo di Crusco dietro di me e non so se fosse caduto o fosse stato raggiunto da Peppino. La madre di Crusco in quei momenti non c’era, era già andata via. Saverio da più di un anno frequentava la casa dei Miraglia col consenso di Peppino e dell’altro fratello Luigi, ma davanti al padre Peppino diceva di essere contrario, tant’è che una delle sere che siamo andati a suonare sotto la casa di Miraglia, Gennaro e Peppino si sono affacciati e dopo avere rimproverato Saverio dicendo che lo avevano rispettato tante sere ma che ora non ci doveva andare più e Peppino aggiunse: Fortuna per voialtri che non vi ho sparato. Crusco rispose che egli faceva all’amore con Adelaide per fine di matrimonio, che amoreggiava da più di un anno, ma i due Miraglia hanno detto: Questo amore a noi non ci piace, noi non ne vogliamo sapere. Vieni tu ma tua madre non viene, volendo significare che non c’era stata una richiesta formale di matrimonio da parte dei genitori di Saverio.
Gli inquirenti contestano a Gennaro Miraglia queste due testimonianze e l’imputato osserva:
Le deposizioni di Pignata Saverio, cugino del Crusco, e di Pignata Fedele, amico dello stesso, sono favorevoli a questi e contrarie a me ed a mio figlio. Io quella notte non sono uscito di casa e non ho incitato Peppino a colpire Crusco.
Ci sono molte difficoltà per ricostruire la dinamica esatta degli avvenimenti perché ognuna delle persone coinvolte ha motivo di raccontare tutto secondo la propria convenienza, finché il settantenne Pietrantonio Peropada non risponde alle domande del Pretore Alfonso Giannuzzi:
– Quella sera stavo andando in montagna a cavallo di una giumenta e sentii che due persone arraggiavano vicino alla casa dei Miraglia. In uno dei due riconobbi Peppino Miraglia, ma l’altro non feci in tempo a vedere chi fosse perché la giumenta, sentendo quel chiasso, si era innervosita  e temevo di essere disarcionato e alla mia età ci avrei potuto restare secco. Ho gridato all’indirizzo dei due: Stativi quieti che a jumenta si appaura! ma i due continuarono a fare chiasso finché ho visto che Peppino Miraglia scappava e l’altro gli correva dietro a breve distanza, dandogli dei colpi col dorso di una scure. Capii allora che i due non scherzavano ma stavano litigando. Quando sono passati accanto a me, la giumenta si è imbizzarrita e si è impennata; stavo per cadere e allora sono smontato e faticavo a tenere calmo l’animale che scalciava, ma nello stesso tempo guardavo verso i due. Ho visto che Miraglia si è fermato di scatto, si è girato verso quello che lo inseguiva ed è riuscito a togliergli la scure, poi lo ha buttato a terra e lo ha colpito parecchie volte alla testa con l’arma. Quando Peppino si è fermato e si è alzato tornando verso casa, l’altro è rimasto a terra senza parlare e senza muoversi. In tutta onestà pensavo che l’altro fosse morto e quindi sono rimontato in sella e ho continuato ad andare verso la montagna.
E Adelaide? Che ha da dire sulla faccenda?
– Lo ritenevo un bravo giovane. Da circa un anno mi corteggiava dicendomi che mi voleva sposare. Quando mi incontrava ora mi guardava, ora mi sorrideva, ora mi rivolgeva qualche parolina amorosa e io corrispondevo al suo amore. I miei si accorsero dell’amoretto e mi rimproverarono dicendomi che non dovevo dargli confidenza dato che da parte della sua famiglia non vi era stata alcuna richiesta di matrimonio. Io però continuai a corrispondere al Crusco e qualche volta ci fermammo per parlare fra noi di cose innocenti mentre in aperta campagna facevamo pascolare i nostri animali. Parecchie volte Saverio è venuto a suonare e a cantare con i suoi amici vicino a casa mia e le ultime volte, essendosi accorto della contrarietà dei miei genitori alle canzoni amorose, aggiunse qualche parola di sdegno, ciò che finì per alienare maggiormente l’animo di mio padre. Domenica 18 agosto io e mio fratello Luigi stavamo facendo pascolare le pecore in contrada Cerrito quando, verso il vespro,  si avvicinò Saverio e mi propose d’andarmene con lui, di scapparmene con lui, al che io risposi che poteva fare a meno di tale proposta, che io avevo corrisposto al suo amore  perché lo ritenevo animato di buone intenzioni, che io non sarei scappata con un uomo. Egli allora tolse la scure a mio fratello Luigi, mi afferrò un polso, infilò un braccio suo sotto un mio braccio e cercò di trascinarmi seco. Io mi piantai sul terreno; mio fratello ed io chiamammo Pignata Fedele che era in quei pressi al soccorso, ma il Pignata restò nel posto ove si trovava. Il Crusco mi tenne ferma per qualche minuto ma infine io riuscii a svincolarmi e scappai seguita da mio fratello verso la nostra casa ove giungemmo e piena di paura subito raccontai dell’accaduto a mio padre, a mia madre ed a mio fratello Peppino. La notte del fatto Saverio venne a cantare vicino casa e le sue erano canzoni di sdegno. Ricordo che, tra le altre cose, diceva: Cornuto e carogna ti debbo fare carogna… fatti avanti… u core ti faccio lenze a lenze. A tali parole mio fratello Peppino saltò dal letto e malgrado le preghiere e le minacce dei nostri genitori, uscì fuori per andare incontro al Crusco ed avvenne quello che avvenne.
– Tuo padre che cosa ha fatto? – le chiede il Pretore.
Mio padre e mia madre uscirono di casa a quistioni finite e quando, cioè, intesero Peppino gridare: Siatemi buoni testimoni!
– È vero che Crusco veniva spesso in casa vostra?
No. I miei genitori ed i miei fratelli non ammisero mai in casa il Crusco e se io e lui ci scambiammo qualche parola amorosa, ciò avvenne in aperta campagna in assenza dei miei parenti.
Saverio è giudicato fuori pericolo e le sue condizioni migliorano ogni giorno di più. Con un po’ di pazienza potrà tornare alla sua vita di sempre.
L’avvocato Stanislao Amato, che difende i due Miraglia, chiede per i propri assistiti la libertà provvisoria perché, per quanto riguarda Peppino, dagli atti risulterebbe che il reato ascrivibile non debba essere quello di tentato omicidio ma di lesioni volontarie (e per giunta a seguito di gravissima provocazione) e per quanto riguarda Gennaro, non sussistendo l’ipotesi del tentato omicidio, resterebbe al massimo un concorso in lesioni personali gravemente provocate che, tuttavia, è frutto esclusivo di fantasia e di speculazione. Le istanze rimangono senza esito e quindi cambia strategia: parte una denuncia a carico di Saverio Crusco per lesioni, minacce, ingiurie, disturbo della quiete e tentata violenza carnale.
Non si devono fare ulteriori indagini, gli atti sono completi per tutti e tre gli imputati e partono le richieste di rinvio a giudizio.
La Sezione d’Accusa, l’11 marzo 1919, si pronunzia rinviando a giudizio Peppino Miraglia per tentato omicidio e dichiara il non luogo a procedere sia per Gennaro Miraglia che per Saverio Crusco.
Dopo venti mesi dal fatto si tiene il processo presso la Corte d’Assise di Cosenza che durerà solo due giorni, il tempo necessario per condannare Peppino a venti mesi di reclusione, quelli che ha già scontato. La Giuria, comunque, ritiene che nei suoi confronti si possa applicare l’indulto del 21 febbraio 1919 e gli condona quattro dei mesi già scontati.[1]

 

[1] ASCS, Processi Penali.

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