L’ERBA SANTA di Cinzia Altomare

Oggi, 27 luglio 1754, la città di Cosenza si è risvegliata, si fa per dire, presa da uno strano torpore. Ma i cittadini non si devono preoccupare perché per una volta hanno usufruito gratuitamente dell’inalazione di tutta l’erba santa di contrabbando che era custodita nell’edificio attiguo al Regio Palazzo di Giustizia.
Don Gabriello Maria Tipoldi, Amministratore Generale del Regio Arrendamento del Tabacco, considerato l’interesse che poteva muovere bande armate di malfattori all’assalto del materiale e dopo avere valutato a quali concreti pericoli la sicurezza della città avrebbe potuto essere sottoposta, ha deciso che tutta l’erba santa venisse bruciata nelle campagne vicine al Palazzo.
L’amministratore non ha, però, stimato che la quantità di erba santa era tale da bruciare per l’intera notte. Le condizioni climatiche hanno contribuito non poco a che l’aria stagnasse e una cappa di fumo inebriante ha coperto la città, penetrando dalle finestre aperte e dalle fessure delle porte, entrando così nelle stanze di ogni edificio e, insinuandosi dalle narici nei polmoni, appesantendo il sonno di uomini e animali.
Stamane l’intera città era prigioniera di un forte senso di sonnolenza: i cittadini erano come rallentati nell’andatura, allo stesso modo di cavalli, muli e asini, con notevoli disagi nelle attività lavorative.
Lo stesso Tipoldi, per mezzo di malfermi banditori, ha chiesto venia per questo imperdonabile errore.
Abbiamo chiesto l’opinione di diversi medici i quali all’unisono ritengono che non ci siano particolari problemi per la salute pubblica: la sonnolenza e il (piacevole) senso di torpore termineranno già da domani.[1]

 

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