SOSPENDA IL MADREMONIO

Amalia, diciassettenne di Donnici, è fidanzata con Santo Scornaienchi. Vogliono sposarsi e hanno anche fissato la data del matrimonio, quando Santo riceve una lettera anonima…
Caro Amico,
con breve parole ti fò conoscere che si veramente vuoi essere chiamato uomo di onore sospenda il madremonio perché tua promessa si trova ingravida di 7 mesi di Giovannino De Marco e sene parla pubblicamente tua sorella e innocente unita tua cognata e quanto o sentito che sabato ti sposi mi e giunto proprio il mio animo di scriverti e per non essere passato cornuto. Attè ti burlano come ti vedono di cendo che ammalata non e vero e te ne prego
Succede un finimondo e si rischia anche che scorra del sangue, ma l’intervento di comuni amici e la ragionevolezza dei genitori di Amalia rimettono le cose su di un binario civile e il madremonio, così come ha consigliato l’anonimo, viene scombinato.
Però nessuno ha fatto i conti con Amalia; è furiosa per essere stata messa sulla bocca di tutto il paese, ma sarebbe stata solo una questione di tempo perché tutti, compreso soprattutto Santo, quando la novella sposa avrebbe partorito, avrebbero fatto due conti e scoperto l’inganno.
Così, non appena le famiglie raggiungono l’accordo per rompere pacificamente la promessa, Amalia aspetta sotto casa Giovanni De Marco, detto “pillipilli”.
Giuvà, visto che Santo non mi sposa, mi devi sposare tu che hai fatto il danno!
– Io ho fatto il danno? Il danno lo abbiamo fatto insieme!
Giuvà, non hai capito bene e te lo ripeto, tu hai fatto il danno e tu mi devi sposare. Ho detto “mi devi” e non “dovresti”, è chiaro mò? – chiarisce il concetto guardandolo con gli occhi che lanciano fiamme.
– Come corri! Ci devo pensare… e poi, è sicuro che il padre sono io? – risponde con un sorriso che sa quasi di beffa.
– Sei tu, sei tu… statti tranquillu
– Devo emigrare…
Giuvà, un fissiare… non te lo ripeto più!
– Devo parlare con i miei… non è una cosa che posso decidere io…
Stanca di questo traccheggiare, all’improvviso Amalia si china e mette una mano sotto l’ampia gonna, mentre Giovanni la guarda perplesso, non riuscendo a capire cosa diavolo stia frugando in mezzo alle gambe e poi qualcuno potrebbe vederli insieme mentre lei fa quella cosa sconcia e sarebbe una prova inconfutabile della loro tresca. 
– Ah! ccussì sta la cosa? Oggi c’è questo e domani c’è quello? Tutte fissarie per non riparare al torto che mi hai fatto… Giuvà, mò basta! – gli dice con un tono molto alterato, mentre continua ancora a frugare sotto la gonna.
– Mah! Cosa vuoi che… – comincia a dire Giovanni mentre continua a guardarla sempre più perplesso, ma non fa in tempo a finire la frase per la sorpresa: Amalia ha tolto la mano da sotto la gonnella e sta impugnando una scure all’americana. Poi urla qualcosa di incomprensibile e gli si lancia contro, ferendolo ad un braccio.
Non è niente di grave, ma lui la denuncia.
Dopo un paio di mesi Giovanni si presenta alla Cancelleria del Tribunale con un foglio di carta bollata in mano.
– Come mai ritiri la querela? – gli chiede il cancelliere con un sorrisetto ironico stampato sulle labbra – quando sei venuto a denunciarla volevi paglia per cento cavalli… 
– Ecco… – risponde imbarazzato, mostrandogli la mano sinistra.
Il cancelliere posa gli occhi sull’anulare sinistro di Giovanni, si alza e gli dà una sonora pacca sulla spalla.
– Auguri e figli maschi!
– Gra… grazie!
Giovannino e Amalia si sono sposati il giorno prima…[1]

 

[1] ASCS, Processi Penali

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