GLI BUCHERÒ LA VESCICA

Si dice, a San Giovanni in Fiore, che Teresa Tiano e le sue due figlie Anna e Maria, siano persone scandalose, giacché hanno raccolto uomini in casa loro. In particolare, si sussurra che la ventitreenne Maria sia stata con parecchi uomini e abbia anche avuto dei figli. Alcuni giurano che quando aveva appena tredici anni fu vista uscire di notte dalla farmacia di don Camillo. Altri sostengono di averla vista con la pancia grossa e poi all’improvviso tornare normale. Ma che avesse avuto almeno due figli lo giura l’ex rotellara Caterina Perri alla quale, in anni diversi, furono lasciati due bambini partoriti da Maria. E lo afferma anche il Delegato di P.S. il quale, nel 1907, avvisato di un possibile aborto clandestino della ragazza, la fece visitare da un medico il quale attestò invece che Maria aveva appena partorito a termine e in effetti, proprio in quei giorni, un bambino era stato regolarmente dichiarato all’anagrafe del comune.
Tutte queste voci, più o meno fondate, però non riescono, nell’inverno del 1909, a fermare l’innamoramento per la ragazza da parte di don Nicola Longo. Tutto accade quando molti della famiglia Longo si ammalano e Maria Pignanelli è chiamata per assisterli. Nicola perde la testa e i due finiscono per diventare amanti e cominciano, anzi, una sorta di coabitazione che non è ovviamente ben vista dalla famiglia Longo. Cominciano i battibecchi tra le due famiglie e spesso dalle male parole si passa alla minaccia.
Una sera, Michele Longo, zio paterno di Nicola, è nel caffè di Giovanni Adamo col quale si lamenta per il fatto che Salvatore Adamo, fratello del suo interlocutore, si presta a favorire la relazione tra Nicola e Maria facendoli stare in casa sua. Giovanni  dice di non saperne niente e va a chiedere spiegazioni al fratello, ma non lo trova. Quando se ne sta andando incontra Anna, la sorella di Maria, le racconta il fatto e ottiene come risposta una terribile minaccia:
– Riferisci ai Longo che lasciassero stare mia sorella Maria perché altrimenti li ammazzo tutti, io giro sempre armata!
Anche il barbiere Giuseppe De Vuono è testimone di una minaccia. Maria, sorpresolo nei pressi di casa, gli dice:
– Se Nicola non mi sposerà distruggerò tutta la sua famiglia!
Parole del genere sono ormai all’ordine del giorno e sembra che qualcosa di grave possa accadere da un momento all’altro. Nicola, forse per allentare la tensione, si allontana da Maria ma le cose non migliorano, anzi.
Una sera, Gaetano Basile, Cervino, muratore di Santa Severina, viene pregato da Vincenzo Longo, padre di Nicola, di accompagnare a casa il figlio perché teme che Anna Pignanelli lo pedini per sorprenderlo da solo e ucciderlo. Cervino, accompagnato a casa l’amico, viene fermato da Anna che, con tono minaccioso e facendogli intravvedere un coltellaccio gli dice:
– Nicola se n’è andato?
Anche Domenico Lomoro, amico di Nicola, viene affrontato da Anna che lo ferma per strada e gli dice:
– Riferisci a Nicola che venisse subito a casa nostra se no, per la Vergine Santissima, l’ammazzo!
Serafina Cantaforo, vicina di casa delle Pignanelli, cerca di portare la pace tra le famiglie e consiglia di non fare troppe parole e mostrare distacco perché solo così i Longo, forse, avrebbero acconsentito al matrimonio tra Nicola e Maria. Ma Maria, inviperita le dice:
– Stai tranquilla che acconsentiranno con le buone o con le tristi e se non mi sposerà io mi caccerò il passaporto per le Americhe e prima di partire gli bucherò la vescica!
La sera del 17 luglio 1909 la situazione precipita. Un certo Giovanni Foglia, dopo essersi ubriacato, va a casa delle Pignanelli e davanti a numerosi testimoni comincia a urlare all’indirizzo di Anna:
– Ti ho dato 25 lire, un chilo di zucchero e uno di carne per fottere tua sorella Maria ma m’ha pigliatu ppè fissa!
Anna è furibonda, scende per strada e comincia a picchiare Foglia che, a sua volta, morde la donna a un dito e per poco non glielo stacca. Per fortuna intervengono alcune vicine di casa e trascinano via Anna la quale, non contenta, prende un coltellaccio e si mette a cercare Foglia per ucciderlo ma non riesce a trovarlo perché l’uomo si è rifugiato, pensate un po’, nella casa dei Longo, ai quali racconta la storia. È la goccia che fa traboccare il vaso! Nicola non deve più avere a che fare con una puttana. Chiamano degli amici e li mandano in giro a cercare Nicola e riportarlo a casa. Che stia alla larga da quelle donnacce!
Non hanno calcolato, però, che Anna si è nascosta vicino a una finestra aperta dei Longo e ha sentito tutte le parole d’amore che sono state pronunciate nei confronti della sua famiglia. Torna a casa con gli occhi iniettati di sangue e racconta, parola per parola, ciò che ha sentito. Mamma e figlie si fanno una promessa: “Se stasera qualcuno dei Longo verrà qui l’ammazzeremo per davvero!
Nicola, nonostante sia stato avvertito dai familiari del grave pericolo che tutti loro corrono, decide di andare a casa di Maria per chiarire la situazione una volta per sempre. Prende dal suo tiretto una pistola a canna corta e va, ma sa che probabilmente le donne temono anch’esse di essere in pericolo e che potrebbero non aprirgli, così si inventa una scusa banale:
– Vorrei solo prendere il mio bastone – dice con gentilezza quando da dentro chiedono chi sia a bussare di notte. Le donne si guardano in silenzio e si fanno un cenno d’intesa. Ad aprire sarà Maria mentre Anna va in cucina ad armarsi con un coltellaccio.
– Entra, ecco il tuo bastone – gli dice Maria porgendoglielo. Nicola lo afferra e cerca di tirarlo a sé ma Maria lo tiene ben stretto e non lo lascia. Comincia un tira e molla che sembra infinito, poi la ragazza gli dice – vieni nell’altra stanza ca ti cuntu ‘u fattu… – Nicola, invece, la spinge senza riuscire a farla cadere. Anna, col coltello in mano, gli si avvicina minacciosa e Nicola prende la pistola dalla tasca perché capisce che c’è ben poco da chiarire, è tutto fin troppo chiaro: ci deve essere del sangue perché la situazione si calmi e comincia a essergli chiaro che il sangue che scorrerà sarà quasi sicuramente il suo poiché la pistola non funziona. Adesso ha davvero paura.
– Datemi il bastone che me ne vado! – urla a squarciagola. Dalle case vicine la gente accorre e accorrono anche i suoi familiari perché la sua casa è a un tiro di voce. Entrano in casa delle donne Michele Longo con un bastone animato, il padre e la madre di Nicola che urla come un’ossessa di lasciare il figlio. Accorrono anche due adolescenti della stirpe Longo, Vito e Francesco, armati con coltelli da cucina.
– Lasciatelo stare! Venitinni Nicò e lassa ssu cazz’e bastune!  – gli urlano i parenti tirandolo verso l’uscita.
Ma proprio in questo momento i coltelli cominciano a cantare la loro canzone di sangue e nessuno saprà dire quale coltello ha cominciato a cantare per primo.
Tutti i partecipanti alla rissa riportano ferite più o meno gravi. Michele Longo invece ci lascia la pelle con una coltellata all’addome che lo farà morire dissanguato nel giro di qualche ora. Nicola si da alla macchia mentre gli altri vengono arrestati.
Secondo i Longo a colpire Michele è stata Anna, la quale non nega di avere usato il coltello ma sostiene di aver dato dei colpi alla cieca e di non sapere se ha colpito qualcuno.
– Potrebbe essere stato uno di loro a colpire per sbaglio Michele, non si capiva niente, tutti tiravamo colpi… – insinua Anna.
Secondo i genitori di Nicola, a tirare la coltellata mortale è stata, manco a farlo apposta, Maria.
L’unica cosa certa, quando arriva Giacinto D’Ippolito, Delegato di P.S., è che sarà una brutta gatta da pelare, infatti partono querele da tutte le parti per tutti i reati che sono stati commessi: dalla violazione di domicilio all’omicidio; dalla minaccia alla lesione personale.
Una grossa mano gliela darà proprio Anna Pignanelli la quale, dopo qualche giorno passato in cella, si autoaccusa dell’omicidio di Michele Longo. Gli inquirenti tirano un sospiro di sollievo, mentre i genitori di Nicola avrebbero preferito una soluzione diversa, così da cacciarsi di torno quella brutta bestia di Maria.
Il 22 gennaio 1910, il Tribunale di Cosenza, su richiesta del Pubblico Ministero, dichiara il non luogo a procedere nei confronti di Anna Pignanelli per quanto riguarda il reato di lesioni personali nei confronti di Vincenzo Longo e di tutti i Longo per i reati di violazione di domicilio, diffamazione e lesioni personali.
Contemporaneamente ordina il rinvio a giudizio della stessa Anna per omicidio volontario e lesioni personali, per Maria Pignanelli e la madre Teresa Tiano per complicità in omicidio, minaccia e lesioni personali nei confronti di Vincenzo Longo.
Al processo che comincia il 2 dicembre 1910 però arrivano solo Anna e Maria. Teresa, la madre, è morta l’11 settembre ma sembra che la sua morte non conti per dichiarare estinti i reati di cui è accusata, tant’è che compare ancora in tutti gli atti di citazione.
L’accusa nei confronti di Anna viene derubricata a “lesioni seguite da morte” e il 4 marzo 1911 la Corte la condanna a 5 anni e 10 mesi di reclusione e la sua vicenda si chiude qui perché Anna fa espressa rinuncia al ricorso in appello.
Maria è assolta ma Nicola può stare tranquillo, non lo vuole più.[1]

 

 

[1] ASCS, Processi Penali.

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