BUSHTRA – LA MAGARA

La mattina del 16 ottobre 1939, verso le ore cinque, una donna sta andando da San Giacomo di Cerzeto alle quote comunali per riscuotere del granone, quale corresponsione in natura di lavori da lei eseguiti. Giunta a circa 200 metri da Cerzeto viene avvicinata da un uomo che l’aggredisce e la colpisce più volte in testa con un bastone. Tramortita, stramazza quasi esanime al suolo.

Poco dopo passa un altro uomo, Giuseppe De Biase, che la vede per terra sanguinante, sente i suoi lamenti, ma ha fretta e non si ferma, limitandosi ad urlare a squarciagola in direzione di una casa non distante, dove ha visto un uomo, di soccorrerla e di andare ad avvisare i Carabinieri.

Arrivato sul posto con i suoi uomini, il Maresciallo Francesco Lombardo riconosce subito la donna, Lucia Sarro e ne ordina il trasporto in casa del dottor Flavio Tocci, che la visita e le riscontra varie soluzioni di continuo, quasi lineari, a margini irregolari, scollati ed ecchimotici, in corrispondenza della regione parieto-temporale destra, interessanti la cute ed i tessuti sottocutanei fino all’osso, rimasto in parte scoperto; altra soluzione di continuo, di forma lineare a margine irregolare con notevole ematoma in corrispondenza della regione occipitale; varie ecchimosi e notevole ematoma in corrispondenza della regione zigomatica destra ed in corrispondenza degli occhi; ferita lacero-contusa al dorso del naso e contusioni sulla regione frontale e zigomatica sinistra.

– Chi è stato e perché? – le chiede il Maresciallo.

Non l’ho riconosciuto e non posso ricongiungere l’aggressione a causale qualsiasi

– Non dire fesserie! Parla!

Lasciami stare! – gli risponde, facendogli chiaramente intendere che non voleva parlare.

Il Maresciallo ha la certezza che Lucia, sperando di sopravvivere, voglia vendicarsi. Come fa ad esserne sicuro? Perché la conosce bene, l’ha fermata un sacco di volte, e sa che è una donna di cattivissima condotta, dedita al furto, affiliata a pregiudicati, che conosce le regole dell’omertà e che nel 1923 è stata coinvolta in un omicidio di malavita. Ci vorranno pazienza e indagini accurate per venirne a capo.

Passano cinque giorni di inutili indagini e di silenzio ostinato, poi le condizioni di Lucia peggiorano di ora in ora. Nel pomeriggio del 21 ottobre, sentendo avvicinarsi la morte e deposto ogni ulteriore proposito di omertà, Lucia fa segno a Concetta Pollara, la vicina di casa che le presta assistenza, di avvicinarsi e le confida:

– È stato Argioni… ma non lo dire a nessuno… a nessuno…

– Perché l’ha fatto? – le chiede, ma Lucia le fa segno di no col capo e si mette l’indice sul naso per raccomandarle il silenzio.

Concetta sa che quel soprannome appartiene al trentanovenne Vincenzo Sirianni e sa che Lucia non dirà più niente forse perché, risalendo alla causale, dovrebbe confessarle cose mortificanti. Ma, anche volendo, Lucia non potrà dire più niente perché entra in coma ed a mezzogiorno del 22 ottobre muore.

Adesso non si dovrà procedere più per lesioni personali, ma per omicidio volontario.

Dall’autopsia si capisce che la morte è stata la conseguenza logica dei colpi che hanno fratturato il cranio e provocato una emorragia intracranica a decorso lento per lesione dei piccoli vasi.

Morta Lucia, Concetta Pollara si sente sciolta dall’obbligo del silenzio e fa il nome di Vincenzo Sirianni al Maresciallo Lombardo, che va a cercarlo con il Carabiniere Domenico De Domenico. Lo trovano subito e lo accompagnano in caserma, ma giunti nei pressi dell’edificio, Sirianni si rifiuta di andare oltre e inizia ad urlare contro i Militari:

Vigliacchi! Disgraziati! In caserma non ci vengo! – poi comincia a tirare calci e pugni contro il Maresciallo ed il Carabiniere Domenico Multari, che nel frattempo è accorso in aiuto dei colleghi. Ne nasce una furibonda colluttazione, alla fine della quale i Carabinieri riescono a trascinare Vincenzo Sirianni in camera di sicurezza, ma il Maresciallo Lombardo ed il Carabiniere Multari devono ricorrere alle cure del medico, il quale certifica a tutti e due lesioni guaribili entro dieci giorni.

Ridotto all’impotenza, Sirianni viene interrogato. Sulle prime si dichiara innocente, ma dopo ore ed ore di domande insistenti, ammette:

L’ho fatto per essere stato più volte dalla Sarro derubato di grano, non riuscendo mai a sorprenderla

Al Maresciallo Lombardo sembra un movente troppo debole e continua ad indagare, scoprendo ben altra causale: Sirianni era convinto che Lucia Sarro, mercé stregoneria, avesse fatto morire un di lui figlio. Ma anche questo movente sembra debole, così Lombardo è chiamato a spiegare le sue conclusioni al Magistrato:

Io ritengo che la vera causale sia da attribuirsi al fatto che Sirianni riteneva la Sarro colpevole della morte di un di lui giovane figlio, contro il quale ella avrebbe praticato una “fattura”. Tale mia affermazione è corroborata dal fatto che il giorno in cui fermai Sirianni, mentre lo traducevo col Carabiniere De Domenico da San Giacomo a Cerzeto, egli, nel passare dal punto in cui aveva aggredito e colpito la Sarro, ebbe ad esclamare: “Mio figlio è morto e per mio figlio mi sto rovinando”. Gli chiesi subito cosa avesse voluto intendere con tale esclamazione, di cui avevo compreso il significato perché è notorio quanto sopra ho accennato, ma egli non volle spiegar nulla. Come ho detto in verbale, la Sarro godeva cattiva reputazione ed avea fama di fattucchiera.

A confermare l’ipotesi del Maresciallo Lombardo sono, addirittura, i pochissimi congiunti della stessa Sarro. La nipote Letizia Scarlato racconta:

I più prossimi congiunti siamo io, mia sorella e mio padre. Ritengo che Sirianni abbia ucciso mia zia perché la riteneva colpevole della morte di un suo figlio, contro il quale avrebbe fatto una fattura. Ignoro, però, la causa per cui mia zia avrebbe dovuto fare tale stregoneria. Comunque, tale supposizione sulla causale dell’omicidio è quella ritenuta maggiormente probabile da parte di tutti ed anche da parte mia.

Poi Sirianni viene interrogato di nuovo e cambia versione:

– Non volevo ucciderla, ma soltanto dare una buona lezione a colei che mi ha fatto morire il figlio ed a me personalmente ha cagionato una malattia alla gamba… quella mattina stavo lavorando lì vicino, l’ho vista camminare sulla strada, ho lasciato tutto, ho preso un palo e…

Che l’incontro tra Vincenzo Sirianni e Lucia Sarro sia stato casuale lo confermano gli altri contadini che lavoravano con lui:

Mentre verso le ore cinque ero sul lavoro in compagnia di Sirianni, questi, improvvisamente armatosi di bastone, si allontanò verso lo stradale, facendo ritorno circa mezz’ora dopo senza bastone – racconta Francesco Domanico.

Poco dopo le cinque vidi Sirianni alquanto eccitato che, armato di un grosso bastone, camminava frettolosamente sullo stradale – ricorda Bernardino Musacchio.

Verso le cinque vidi sullo stradale Lucia Sarro e a distanza di pochi passi vidi Sirianni che le era dietro – dice Orlando Ricioppo.

Nell’attività investigativa per ricostruire le fasi dell’aggressione, i Carabinieri vengono a conoscenza che tal Giuseppe De Biase, poco dopo che Lucia Sarro era stata aggredita, passò dal punto in cui giaceva ferita e lo convocano per interrogarlo.

Mi stavo recando al lavoro quando, giunto nei pressi del ponte di Cerzeto, vidi una donna nel centro dello stradale, tutta insanguinata, e, senza curarmi di lei, proseguii per la mia via – racconta, forse per non essere tirato dentro a questa brutta storia, ma scoprirà che la sua dichiarazione potrebbe costargli cara.

Il Maresciallo Lombardo, infatti, pensa che nasconda qualcosa e il giorno dopo lo interroga di nuovo.

Appena vidi la donna la presi per un braccio e la adagiai al margine della strada

– Perché non avete avvisato immediatamente le autorità del paese? – lo interrompe il Maresciallo.

Non ho avvisato del ferimento per la convinzione che già ne fosse stata informata l’Arma Benemerita

– C’era qualcun altro sul posto?

– No.

Terminate le indagini di loro competenza, i Carabinieri denunciano Vincenzo Sirianni per omicidio volontario, nonché di violenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Ma quando le carte passano al Procuratore del re, questi decide di ascoltare nuovamente Giuseppe De Biase, convinto che il comportamento del testimone ricada nel reato di omissione di soccorso.

Lucia Sarro era in mezzo alla rotabile, distesa bocconi ed insanguinata. Si lamentava e le chiesi che le fosse successo, ma ella non parlò e poiché credetti che fosse grave, la scostai sul ciglio della strada per evitare che qualche veicolo potesse investirla. Gridai al soccorso verso due sconosciuti che erano nelle campagne adiacenti e continuai senz’altro il mio cammino

Le tre versioni contraddittorie fornite da De Biase convincono il Procuratore di aver visto giusto e lo denuncia per omissione di soccorso, reato per il quale viene rinviato al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza insieme a Vincenzo Sirianni.

Il dibattimento si svolge nelle due udienze del 13 e 15 gennaio 1940 e, una volta ascoltati i testimoni ed esaminati gli atti, il Pubblico Ministero si convince che Vincenzo Sirianni non avesse avuto intenzione di uccidere Lucia Sarro, ma solo di darle una lezione e chiede che l’accusa di omicidio volontario venga derubricata in omicidio preterintenzionale con l’aggravante dei futili motivi, chiedendo di condannarlo ad anni 12 di reclusione. Per i reati di violenza e oltraggio a pubblico ufficiale non ci sono dubbi e la condanna chiesta è di 3 anni della stessa pena. Anche la difesa chiede che il reato sia derubricato in omicidio preterintenzionale, ma con la concessione dei benefici del vizio parziale di mente e dei motivi nobili.

Il Pubblico Ministero chiede anche la condanna di Giuseppe De Biase a mesi 3 di reclusione, mentre la difesa ne chiede l’assoluzione, quantomeno per insufficienza di prove.

La Corte afferma subito che non ci sono dubbi sul fatto che Sirianni sia l’autore del delitto, ma aggiunge che non per questo può altresì affermarsi la di lui integrale responsabilità. E continua: egli, indubbiamente, agì sotto la erronea convinzione che la Sarro, con sortilegi gli avesse ucciso il figlio. Da tale convinzione egli fu dominato fino a farne la sua idea fissa, la quale lo faceva ragionare a ritroso: egli fu preda di una idea aberrante che, mortificandogli il potere dell’autocritica, lo trascinò ad agire in conseguenza. Oltre alla morte del figlio, Sirianni attribuiva alle stregonerie della Sarro la causa di tutti i suoi mali e montava in collera se qualcuno, anche dei suoi familiari, osasse contrastarlo in tale convinzione. Ce n’è abbastanza per affermare, senz’uopo di perizia psichiatrica, che il prevenuto – per la sua idea fissa – fosse in tale stato di mente da scemare grandemente la capacità di intendere e di volere. Egli, benché nel fisico fosse apparentemente sano, era certamente un monomaniaco, poiché in tutto quanto concerneva i suoi rapporti con la Sarro era un delirante con tendenza a farle male.

Affermato ciò, la Corte deve stabilire se Sirianni volle uccidere o soltanto ferire e cioè se l’evento “morte” eccedette la di lui intenzione e osserva che si hanno degli elementi di indubbio valore che fan giudicare ch’egli non volle uccidere: anzitutto ha un grande rilievo il fatto ch’egli, che trovavasi sul lavoro con gli strumenti del suo mestiere, appena accortosi della Sarro andò incontro a lei, non armato di zappa, di scure o che so io, ma di semplice bastone, che per essere assai meno micidiale dei primi, forma prova ch’egli, servendosi di quel mezzo, non volesse uccidere. In secondo luogo è da tener presente che egli, pur potendo continuare a percuotere (non era presente alcuno e la vittima non gridava), volontariamente smise dal percuotere, lasciando la vittima ancora viva e con tanta vitalità ch’ebbe a morire, per lenta emorragia, sei giorni dopo. In terzo luogo non è nemmeno da scartare la confessione del prevenuto il quale ha affermato che non voleva uccidere, ma soltanto dare una buona lezione a colei che, come egli credeva, gli aveva fatto morire il figlio ed a lui personalmente avea cagionato una malattia alla gamba, per la quale era rimasto anchilosato, nonché avea osato più volte derubarlo. Se avesse voluto uccidere, certamente avrebbe trovato mille occasioni per riuscire nell’intento senza svelarsi, tanto più che la Sarro  di notte viveva sola in casa e di giorno peregrinava anche in luoghi solitari per guadagnarsi il pane con ogni mezzo, lecito o non. Per questi motivi si deve degradare la rubrica in omicidio preterintenzionale.

La Corte, se da un lato non può che respingere la richiesta della difesa di concedere l’attenuante di aver agito per motivi di particolare valore morale, che essa crede connaturale all’atto di colui che uccide per vendicare la morte del figlio, perché si tratta di una diminuente erroneamente supposta in quanto la morte del figlio non è davvero attribuibile alla Sarro, dall’altro riconosce che l’imputato è stato anche indotto a delinquere dal doloroso ricordo che la Sarro lo avesse, impunemente, più volte derubato e trova più conforme a giustizia concedere la diminuente dello stato d’ira determinato da fatto ingiusto.

È il momento di quantificare la pena da infliggere a Vincenzo Sirianni: considerate le attenuanti concesse, per l’omicidio preterintenzionale la pena ammonta ad anni 5; poi ci sono i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale per i quali credesi di applicare pena proporzionata irrogando mesi 6 per la resistenza e 7 per l’oltraggio. In tutto fanno anni 6 e mesi 1 di reclusione, oltre alle pene accessorie, spese e danni.

Poi c’è Giuseppe De Biasi, per il quale bastano poche parole: osservasi che la prova è insufficiente e va assolto con formula dubitativa.[1]

È il 15 gennaio 1940.[2]

 

 

 

Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta

Il plagio letterario costituisce reato ai sensi dell’articolo 171 comma 1, lettera a)-bis della legge sul diritto d’autore, che sanziona chiunque metta a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera protetta (o parte di essa).

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.

[2]  Secondo le indicazioni amichevolmente datemi dal Professor Carmine Stamile, che ringrazio, ho utilizzato il termine Bushtra, la strega (Bushtër – strega), anche se nella parlata quotidiana,  per indicare strega o maga, si usa il termine Dreqez, il cui uso è improprio in quanto la Dreqez è un personaggio strano ma non cattivo, incapace di fare malefici.

Per approfondire: Carmine Stamile, a cura di: TRADIZIONI E CREDENZE POPOLARI A CERZETO, vol III. Edizioni Alimena. Orizzonti Meridionali, Cosenza 2020.