È circa la mezzanotte tra il 4 e il 5 gennaio 1931. Una nuvoletta di vapore illuminata da una bella luna ormai piena precede la testa di un uomo che, sporgendosi fuori da una porticina, guarda a destra e sinistra. Nessuno. L’uomo sgattaiola fuori in un vicoletto buio della frazione Macchia di Spezzano Piccolo, gira intorno al fabbricato da cui è uscito e imbocca un altro vicoletto.
Un lampo e una detonazione squarciano la notte. L’uomo è stato colpito e barcolla. Cade a terra ma riesce, sanguinando abbondantemente, a rialzarsi e a percorrere qualche altro metro ed a salire i pochi gradini che danno accesso alla sua casa, poi stramazza sul pianerottolo proprio mentre suo fratello, svegliato dalla detonazione, si è alzato e si è affacciato sulla strada. Arriva anche la madre dell’uomo, che viene raccolto e portato in casa. Respira ancora e poche parole, il morente, può pronunciare, senza che da esse si possa apprendere il nome dello sparatore. Poi muore perché il proiettile, penetrando nel secondo spazio intercostale di sinistra, gli ha lacerato il lobo polmonare nella sua faccia posteriore, ferendo poi l’esofago e causando una imponente e fatale emorragia.
Se non si conosce il nome dell’assassino che ha sparato alle spalle da non più di un metro o al massimo un metro e mezzo di distanza, la vittima è nota. Si tratta del ventenne Alfonso Perri, ucciso mentre stava tornando da un convegno amoroso con la sua amante Gemma Caccuri Inglese, di molti anni più grande, tanto da avere una figlia quasi coetanea di Alfonso.
Accorrono tutti i vicini e qualcuno si incarica di correre a Spezzano Sila ad avvertire i Carabinieri, i quali rinvengono sul terreno, in prossimità del luogo ove una pozza di sangue indica il posto cui Perri fu colpito, il bossolo di una cartuccia appena esplosa di pistola calibro 6,35.
Nessuno sa indicare possibili sospetti, qualcuno che poteva nutrire rancori contro Alfonso. Niente, nemmeno un piccolo indizio dai vicini che affollano la casa, fino a quando non entra anche Maria Inglese, la figlia di Gemma Caccuri, accolta da insulti. In particolare, la madre del povero Alfonso, scacciandola, le urla contro:
– Dalla vostra casa è venuta la disgrazia!
Potrebbe essere un campanello d’allarme e il Maresciallo Severini fa subito arrestare Gemma Caccuri perché è chiaro che Alfonso, prima di essere ammazzato, era stato a casa sua. Potrebbe trattarsi di un delitto passionale dovuto alla gelosia della donna che, forse, aveva saputo del possibile fidanzamento dell’amante con una ragazza del paese.
Poi al Maresciallo viene in mente come due anni prima Alfonso Perri avesse, per conto di suo padre e unitamente a tal Falcone, denunciato alle autorità competenti certo Luigi Muto per sottrazione di sabbia. Ma anche se il relativo processo si era chiuso con l’assoluzione di Muto, questi aveva pronunciato parole minacciose contro Alfonso e anche Luigi Muto, nella notte, viene arrestato.
Di parola in parola, spunta anche un altro uomo, Salvatore Bauleo, il fidanzato di Maria Inglese, anche lui indicato come presente in casa delle due donne fino a tarda sera. I Carabinieri si presentano a casa del giovane a Spezzano Sila alle tre di notte e lo trovano profondamente addormentato. Potrebbe essere coinvolto nella brutta faccenda o sapere qualcosa, ma dice di non saperne niente perché è rincasato non più tardi delle 21,00 e di avere dei testimoni che lo hanno visto in casa dopo quell’ora. Può tornare a letto.
È una notte molto concitata.
Spuntano dei sospetti anche nei confronti di un cognato e di un nipote di Gemma, abitanti al piano superiore del fabbricato degli Inglese, perché, a quanto si dice, nutrivano rancore verso la donna per la di lei condotta sregolata e per i suoi noti rapporti con Alfonso Perri. Ad avvalorare l’accusa contro i due uomini sono le parole di Maria Inglese, secondo la quale, accompagnando la sera del 4 gennaio il suo fidanzato alla porta di casa verso le 20,30 o poco più, richiuse la porta con una sbarra di legno e due chiavistelli, mentre poi, uscendo a delitto avvenuto, trovò che i chiavistelli erano stati tolti dagli anelli che li fissavano ai battenti. E chi se non suo zio e suo cugino possono essere usciti tra le 21,00 o poco più e l’ora del delitto? Anche i due finiscono in camera di sicurezza.
Per loro fortuna, i due vengono scagionati dalla testimonianza di Gemma Caccuri che, interrogata, dichiara di essere stata lei ad uscire dopo che il fidanzato della figlia era andato via perché, avendo notato che non c’era più acqua in casa, era andata alla fontana e, rientrando, aveva dimenticato di chiudere la porta con i chiavistelli e la sbarra.
Ormai è giorno e nessuno ha chiuso occhio. La stanchezza comincia a farsi sentire, ma le indagini devono andare avanti. Il Maresciallo comincia ad occuparsi della posizione di Luigi Muto e scopre alcune cose che potrebbero risolvere il caso: nel punto stesso dove è avvenuto l’omicidio, sul terreno molle c’è l’impronta di una scarpa destra chiodata e si riscontra che le tracce lasciate dai chiodi corrispondono ai chiodi fissati alle suole delle scarpe usate da Muto. Guai in vista.
Chiesto un parere ad un paio di calzolai si scopre che le scarpe di Luigi Muto, anche per il tipo di chiodatura, sono simili a moltissime altre usate dagli abitanti del luogo. Però il Maresciallo, convinto che l’uomo sia pesantemente coinvolto nell’omicidio, non molla e scopre che Muto detiene una pistola automatica calibro 6,35, lo stesso della pistola usata per uccidere Alfonso Perri.
– L’avevo… ma tanti anni fa e l’ho venduta nel 1923… nemmeno ricordo a chi l’ho venduta…
Indizi troppo vaghi, ma Muto resta in cella tra i sospettati.
Continuando a indagare, escono delle cose interessanti su Salvatore Bauleo, il fidanzato di Maria Inglese. Si scopre, infatti, che Bauleo, il 13 dicembre 1930, presa a nolo una bicicletta da Alfonso Perri, due giorni dopo ebbe col medesimo un’aspra contesa per il pagamento del noleggio perché Perri gli chiese una cifra esagerata, 25 o 30 lire. Bauleo non volle pagare, non intendendo sottomettersi a quella che stimava una vera e propria sopraffazione, e tra i due volarono parole offensive, venendo anche alle mani, mentre ad un tratto Bauleo faceva l’atto di estrarre un’arma dalla tasca posteriore dei calzoni. Lasciato per un momento il litigio, si riaccendeva più tardi allorché Perri e Bauleo (trovandosi quest’ultimo in compagnia di Pietro Inglese, marito della Caccuri e padre della fidanzata) si incontrarono nella stessa giornata all’imbocco della galleria della linea ferroviaria che si trova a breve distanza da Macchia. In questa occasione i due, levatisi i soprabiti, stavano per lanciarsi l’uno contro l’altro e la cosa non ebbe seguito per l’intervento di Pietro Inglese che riuscì a calmare gli animi. Tra i due però non è affatto finita. Dopo essersi messi d’accordo sul pagamento del nolo per 15 lire, Bauleo comincia a dire in giro che Alfonso Perri si era sottomesso e che se ciò non fosse avvenuto o avesse avuto idee ostili, egli lo avrebbe ucciso perché si era appositamente fornito di cartucce e da quel momento non avrebbe più lasciato la pistola.
Ma c’è di più. Quando Maria Inglese e sua madre vengono interrogate per ricostruire la sera che precedette l’omicidio, raccontano qualcosa che fa scattare un altro campanello d’allarme per Salvatore Bauleo. Le due donne, infatti, raccontano che Bauleo, il 4 gennaio, andò a casa loro prima di mezzodì; invitato dalla fidanzata a rimanere a pranzo, si schermiva dicendo, forse per scherzo, che non accettava l’invito temendo di venire avvelenato. Lasciata la fidanzata, ritornava da lei nel pomeriggio insieme a tal Monaco per provare alcuni dischi sul grammofono degli Inglese. Ritornava, poi, verso le 18,30 e accettava, questa volta, di cenare con Maria suscitando il disappunto di Gemma Caccuri che si asteneva dal cenare con i due giovani e quando più tardi, verso le 20,30, Bauleo manifestava il proposito di trattenersi con Maria per tutta la notte, Gemma protestava vivacemente, intimando al giovane di lasciare la sua casa, non ritenendo conveniente che egli si fermasse in ore notturne in casa della innamorata e in assenza del padre di lei. Salvatore Bauleo ci rimase molto male e, intuito che la suocera voleva allontanarlo per potersi a suo agio intrattenere con Alfonso Perri, che attendeva, le disse:
– Io so chi aspetti… – e si avviò per andarsene con un contegno che impressionò così vivamente Maria la quale, sia per il comportamento della madre verso il fidanzato, sia per il comportamento di costui verso la madre, temendo che il fidanzato volesse commettere qualche fattaccio, mentre Salvatore scendeva le scale, apriva il balcone facendo l’atto di buttarsi in istrada.
Bauleo, furente, risalì in casa e gridò alla suocera:
– Se succederà qualche cosa farò volare la testa a te e a quello che aspetti. Non mi muoverò da Macchia, sono capace di rimanerci tutta la notte e sappi che sono armato! – e così dicendo fece toccare a Gemma Caccuri la tasca posteriore dei pantaloni. La donna si accorse che nella tasca c’era un oggetto metallico che vide anche luccicare e si convinse essere una pistola o una rivoltella. Poi, rivolto alla fidanzata, continuò – Se ti butti dal balcone, io mi sparo!
Pian piano Maria si calmò e Salvatore verso le 21,00 uscì dalla casa degli Inglese. Non passò un’ora che Gemma fece entrare il suo amante che, uscito tra le 23,30 e le 24,00, fu ammazzato. Gemma e Maria non si limitano a raccontare solo questo, ma aggiungono che, una volta sentita la detonazione, la prima, sicura che Alfonso Perri era il destinatario del colpo, disse: “È stato Salvatore…”. La figlia aggiunse subito: “È possibile che sia stato lui… ma stiamo zitte, è bene che non si sia noi a dirlo…”
Se le cose stanno come le hanno raccontate madre e figlia, non c’è dubbio che gravi sospetti di colpevolezza incombono su Salvatore Bauleo, subito arrestato e interrogato:
– Maria Inglese è la tua fidanzata?
– Si.
– È vero che tu e Alfonso Perri avete litigato per il noleggio di una bicicletta e siete venuti alle mani e poi tu lo hai minacciato in pubblico?
– Si, è vero.
– È vero che la sera del 4 gennaio hai minacciato di morte Gemma Caccuri e il suo amante?
– Si, è vero.
– Hai ammazzato tu Alfonso Perri?
– No, questo non è vero, io non c’entro, ve lo giuro! Non ho mai avuto motivi gravi di rancore verso Perri, né sono stato geloso di lui ed è falso che avessi una pistola!
– Eppure Gemma Caccuri ci ha detto che tu le hai fatto toccare la pistola che avevi nella tasca dei pantaloni…
– È vero che le ho detto di essere armato e ho fatto il gesto di farle toccare la tasca posteriore dei pantaloni allo scopo di intimidirla, ma in realtà in tasca non avevo che una chiave, un metro snodato e una matita da falegname…
– Hai testimoni che ti hanno visto mentre tornavi a casa?
– Vi posso nominare tutti quelli che mi hanno visto rientrare a casa tra le 21,00 e le 21,30 circa. Anzi, ci sono due amici di mio padre che sono venuti a casa dopo che sono rientrato e sanno che stavo dormendo!
E pare proprio che sia come ha giurato Salvatore perché tutte le persone indicate confermano di averlo visto rientrare a Spezzano Grande camminando lungo la linea ferrata. Confermano anche i due amici di suo padre, ma c’è qualcosa che non quadra. Passi per le persone che lo hanno visto per strada, ma i due amici lo hanno visto coricato nel letto o gli è stato detto che Salvatore dormiva?
– Discutendo in casa di Bauleo, siamo venuti a conoscenza che Salvatore si trovava in casa a dormire…
– Quindi non lo avete visto…
– No…
– Fino a che ora vi siete fermati da Bauleo?
– Fin verso le 22,30
Il sospetto è che Salvatore sia rientrato a casa, si sia messo a letto e poi sia uscito di nascosto tornando a Macchia per aspettare Alfonso Perri e ammazzarlo. Per avvalorare questa ipotesi, i Carabinieri misurano il tempo che si impiega da casa Inglese a casa Bauleo, camminando a passo spedito: 20 minuti circa. L’ipotesi regge, ma bisogna insistere per trovare la pistola usata dall’assassino.
Dopo giorni e giorni di ricerche, i Carabinieri devono ammettere: tutte le ricerche per rintracciare l’arma omicida risultarono vane.
Nonostante ciò, il 2 novembre 1931, l’istruttoria viene chiusa con il rinvio a giudizio dell’imputato per il reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Nella stessa sentenza viene dichiarato il non luogo a procedere per non aver commesso il fatto nei confronti degli altri indagati.
Il dibattimento si apre il 29 aprile 1932 e subito, nella discussione, diviene centrale la lite avvenuta in casa Inglese la sera del 4 gennaio 1931 tra Gemma Caccuri e Salvatore Bauleo: Maria Inglese fu così turbata per la scenata tra la madre e il fidanzato da tentare il suicidio. Si ha la sensazione quasi tangibile della gravità delle minacce corse, dello stato d’ira furibonda in cui Bauleo versava, tanto che la ragazza pensò che il fidanzato stesse per commettere un fattaccio, come lei stessa disse. Tutto ciò avuto riguardo, per necessità logica, si deve ritenere che in quel momento, in preda all’orgasmo determinato dallo svolgersi dei fatti, Bauleo ideò di sopprimere Alfonso Perri.
E nel dibattimento viene anche ricostruito ciò che accadde dal momento in cui Salvatore Bauleo uscì dalla casa delle donne fino a che fu commesso l’omicidio: Uscito da casa Inglese, Bauleo si avviò verso la galleria che mette in direzione di Spezzano Grande. Molti testi attestarono di aver visto l’imputato avviarsi verso casa e la cosa è possibile. È certo, però, che egli giunse a casa verso le 21,30 al massimo, in modo da permanervi fino a che i suoi familiari andassero a coricarsi e di uscire di nuovo per portarsi a Macchia, mentre Gemma Caccuri e Alfonso Perri stavano riuniti nei locali a piano terreno di casa Inglese. La distanza tra la casa Bauleo e la casa Inglese può essere coperta in venti minuti circa e ciò toglie ogni efficacia alla difesa dell’imputato. Costui ebbe certo ad attendere che Perri uscisse dal convegno, collocandosi in modo da sorvegliare la sua entrata in casa, sia che uscisse dal portone di casa Inglese, sia che uscisse dalla porta minore che mette al vico Casalino. Certo è che Alfonso Perri fu ucciso a due o tre minuti dalla uscita da casa Inglese; certo è che tale tempo è necessario per girare intorno alla casa e portarsi nel vicolo: certo è che in tale spazio di tempo Gemma Caccuri poté salire le scale, cosicché il colpo di pistola fu da lei udito proprio nel momento che entrava nella sua abitazione al piano superiore della casa.
Ma se i fatti si svolsero così, è chiaro che l’aggravante della premeditazione non sta in piedi e il reato viene derubricato a omicidio volontario.
La Giuria vota per la colpevolezza dell’imputato e gli concede l’attenuante di legge per l’età compresa tra i 18 e i 21 anni, più le attenuanti generiche. La Corte, ritenendo che il giudicabile, definito da persone autorevoli come un buon ragazzo, serio, laborioso, fu travolto senza dubbio da una tragica fatalità e turbato dalla passione amorosa per Maria Inglese, che la condotta di Gemma Caccuri veniva ad offendere la ragazza da lui amata, che Alfonso Perri rappresentava l’avversario vittorioso nei suoi confronti, meriti che la pena sia contenuta nei minimi stabiliti dalla legge, cioè 18 anni di reclusione, ai quali vanno sottratti 6 anni per le attenuanti concesse e quindi stabilisce di condannarlo a 12 anni di reclusione, più pene accessorie.[1]
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.
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