L’ORA ERA GIUNTA

È notte fonda, sono le 3,30 del 10 luglio 1898, quando due persone bussano violentemente alla porta della caserma dei Carabinieri di Aiello Calabro.
– Aprite! Aprite! In mezzo alla strada Cisterna c’è un morto ammazzato!
Il Brigadiere Vincenzo Valdinaghi si affaccia alla finestra mezzo nudo e fa segno ai due di aspettare, giusto il tempo di vestirsi. Dalla caserma al luogo dove giace il ventitreenne fabbro Geniale Travo Bernardo ci vogliono solo dieci minuti e quando i Carabinieri e i due uomini arrivano sul posto, si accorgono che Geniale è vivo, agita le membra ed emette qualche lamento, ferito da un colpo di rivoltella alla testa. La prima cosa che fa il Brigadiere è chiedergli il nome di chi lo ha colpito.
– Ciccio Iusca – risponde con voce da morente, ma chiara.
Francesco Falsetti Iusca, ventitreenne contadino nato a Serra Aiello ma residente ad Aiello, viene svegliato pochi minuti dopo e portato in caserma.
Sono perfettamente innocente… ieri sera mi ritirai a casa poco dopo l’avemaria e prima di un’ora di notte me ne andai a letto… io ero amico di Geniale e prima dell’avemaria ero stato un momento con lui dinanzi la strada di San Giuseppe
Il Brigadiere Valdinaghi non ci mette molto a scoprire che il ferito la sera del 9 luglio era stato fino alle 21,00 in compagnia del calzolaio Pasquale Bernardo nella cantina di Vincenzo Muti dove hanno bevuto un mezzo litro di vino e quindi è logico sospettare che possa saperne qualcosa. Ma il calzolaio a casa non c’è, è andato a Lago con sua moglie, però i vicini gli raccontano qualcosa che potrebbe essere interessante: Pasquale Bernardo è tornato a casa verso mezzanotte e tutti hanno potuto sentire la discussione tra lui e sua moglie che non gli voleva aprire la porta per castigarlo del ritardo. Egli, anziché irritarsi, con voce bassa la pregava che lo avesse aperto, cosa che la moglie fece per l’intercessione del proprio padre e ciò dopo circa mezz’ora. Perché potrebbe essere interessante? Perché c’è un testimone che abita poco distante dal luogo dove è avvenuto il ferimento, il quale giura di aver sentito una detonazione alle 23,00 circa e quindi Pasquale Bernardo a quell’ora era sicuramente fuori di casa, forse in compagnia di Geniale. A questo sospetto bisogna aggiungerne un altro: due testimoni dicono di sapere che da alcuni giorni il ferito aveva in pegno un fermaglio ed un anello d’oro appartenenti a Pasquale Bernardo per garanzia di lire 6 che gli aveva prestato e poiché tali oggetti non sono stati trovati nell’abitazione del ferito, bisogna accertare che fine abbiano fatto. Siccome all’ora di pranzo ancora non ci sono notizie di Pasquale Bernardo e di sua moglie, il Brigadiere, accompagnato dal Pretore di Aiello, entra in casa del sospetto per effettuare una minuziosa perquisizione e spuntano gli oggettini d’oro, ma non c’è niente altro di interessante.
– Mio fratello aveva nel portafogli 25 lire, le avete trovate? – chiede Rosario Bernardo.
– No, nel portafogli non c’era niente – gli risponde il Brigadiere proprio mentre arriva la notizia che Geniale Bernardo è morto. Subito dopo si presenta in caserma Pasquale Bernardo.
– Ieri sera sono stato con Geniale fino a poco dopo un’ora di notte nella bottega di Vincenzo Muti. Pagai il mezzo litro che avevamo bevuto e anche una bottiglia di vino di un litro che portai con me per berla in famiglia. Tale bottiglia si trova ora in casa di mio suocero. Uscimmo dalla cantina facendo la strada San Francesco per recarci ognuno alla propria casa. Passando dinanzi all’abitazione di Francesco Falsetti vidi la sorella di costui, con la quale Geniale scambiò questo scherzo: “Come sei bella…”, al che Luisa rispose: “Sei bello tu!”. Ciò essi dicevano per ironia. Più giù ci dividemmo, ognuno prendendo la direzione di casa sua, potevano essere le 21,30. Io dritto mi recai a casa mia, ma mia moglie, perché le pareva tardi, non mi volle aprire. Dopo circa mezz’ora di vane insistenze, mi recai da mio suocero per indurlo a venire in mia casa e farmi aprire. Portai la bottiglia di vino e la bevvi in compagnia dei miei suoceri. Mio suocero alla fine uscì ed ottenne che mia moglie aprisse la porta, quindi entrai e, fatto qualche rimprovero a mia moglie, mi coricai a circa 23 ore e mezza. Stamane, alle ore tre, io, mia moglie e mia suocera siamo partiti per Lago allo scopo di acquistare alcune tavole da letto
– A Lago hai comprato solo le tavole?
– Anche un rotolo e un quarto di suola per scarpe, spendendo in complesso lire 6,55, oltre a qualche altro soldo
– Hai soldi a casa?
Ho un portamonete con dentro una lira di carta maltrattata, datami da Rosario Civitelli
– Geniale ti aveva prestato dei soldi ricevendo come garanzia un fermaglio e un anello d’oro?
– No! quegli oggetti sono di mia moglie e non sono mai usciti da casa mia!
– Nella giornata di ieri sei stato a casa di Geniale?
– No.
Ci sono delle vistose incongruenze tra ciò che hanno raccontato i testimoni e ciò che racconta Pasquale, soprattutto sugli orari, ma si sa che la percezione dell’ora quando non si possiedono orologi è molto relativa e se non si scoprirà qualcos’altro, sarà molto difficile procedere oltre. Poi accade che due giorni dopo sia Falsetti che  Bernardo chiedono di essere ascoltati dal Pretore e le indagini sembrano prendere il verso giusto.
– Lo ha ammazzato il sarto Luigi Telesio – accusa Ciccio Falsetti –. La sera del 9, io, Pasquale Bernardo, Giuseppe Telesio e Geniale scendevamo verso la fontana Cisterna per passeggiare. Giunti ad un certo punto, il Telesio prese per braccio Geniale dicendo che doveva parlargli e si allontanarono da noi. Dopo poco sentimmo un colpo di rivoltella. Noi, comprendendo la tragedia, ci ritirammo nelle nostre case… il Telesio era nemico di Geniale per gelosia di una fidanzata e quel colpo assolutamente doveva essere stato esploso da uno dei due a danno dell’altro… noi non sapevamo il disegno del Telesio… quella sera si mostrava amico
Giuseppe Telesio aveva dispiacere che Geniale sposasse Teresa Bruni – conferma Pasquale Bernardo –, un tempo sua fidanzata… la sera del 9 io e Francesco Falsetti eravamo innanzi alla mia casa quando passarono Giuseppe Telesio e Geniale, diretti alla strada Cisterna. Io e Falsetti ci unimmo a loro per farci una passeggiata. Giunti sulla strada Cisterna, Giuseppe e Geniale si allontanarono per parlare un pochino in segreto. Dopo un quarto d’ora udimmo un colpo di rivoltella e conoscendo le vecchie gelosie tra i due, comprendemmo che l’uno doveva avere sparato all’altro
L’ingresso di Giuseppe Telesio tra i sospettati è un fulmine a ciel sereno. Sebbene nessuno dei testimoni lo abbia nominato tra quelli che giravano per le vie del paese la sera del 9 luglio, c’è un movente valido, la gelosia, e due testimoni che lo accusano. È nei guai, i Carabinieri lo arrestano.
Sono innocente, io nulla ne conosco – si difende –. È vero che un tempo pretendevo per moglie Teresina Bruni e che costei attualmente era fidanzata a Geniale, ma non per questo mi sarei deciso mai ad uccidere. Io la sera del 9 mi ritirai a casa verso l’avemaria e non ne uscì più che nel mattino.
Qualcuno, però, sostiene che tra Giuseppe e Teresina ci fosse ancora del tenero e che lei gli scriveva quasi regolarmente. Qualcun altro sostiene che la ragazza gli avesse anche fatto un regalo compromettente e che i Carabinieri accertano come vero. Giuseppe viene interrogato di nuovo e non ha nessuna difficoltà a spiegare queste circostanze:
È vero che nel mese di gennaio del corrente anno la ragazza mi scrisse due lettere, alle quali io risposi, però l’affare non ebbe seguito.
– E i capelli di donna che abbiamo trovato?
Appartengono a Teresina che me li diede più di un anno dietro
Queste nuove rivelazioni spingono gli altri due imputati a presentare domanda di libertà provvisoria, che però non viene concessa: bisogna ancora chiarire se davvero siano estranei al delitto come giurano, anche perché c’è sempre il macigno del nome di Francesco Falsetti Iusco, pronunciato da Geniale prima di morire come il suo assassino e non si capisce perché abbia accusato lui e non Telesio. Intanto spuntano altri testimoni che smentiscono le dichiarazioni di Bernardo e Falsetti.
Il giorno 5 corrente, andato in casa di Geniale e ciarlando di varie cose, mi disse di aver prestato a Pasquale Bernardo poche lire e mi fece vedere un fermaglio di oro che il debitore gli aveva lasciato in pegno – assicura Raffaele Licastro.
La sera del 9 corrente, verso l’avemaria, mentre stavo seduta sulla soglia di casa mia – racconta Mariangela Perri –, sentii che Geniale diceva a Pasquale Bernardo: “Dammi quei soldi perché ne ho bisogno, dovendo domani andare in Amantea per comprare un maiale e del ferro”. L’altro rispose: “Fra giorni te li darò”. E Geniale aggiunse: “Che me ne faccio del pegno che tengo in casa, quando ho bisogno del denaro?” e, nel dir questo, gli fece vedere anche del denaro per persuaderlo che realmente doveva andare in Amantea e per dimostrare che quel denaro non gli bastava alle spese che intendeva fare
È ovvio che se le cose stanno così, il fermaglio non doveva essere in casa di Pasquale ma in quella di Geniale. Inoltre, quei soldi sventolatigli sotto al naso dalla vittima aggraverebbero l’eventuale movente. Pare proprio che le cose per Pasquale Bernardo comincino a diventare problematiche. Ormai sotto pressione, il 16 luglio Pasquale chiede di essere interrogato.
Modifico i miei precedenti interrogatori, nel senso che l’uccisore di Geniale fu Francesco Falsetti Iusco e che io ero presente al fatto, ma casualmente. La sera del 9 io, il morto e Falsetti andammo a passeggio verso la fontana Cisterna, quando ad un certo punto vennero a quistioni Falsetti e Geniale. Essi si scambiarono delle parole offensive, ma non credevo che fossero scesi a vie di fatto. Ad un tratto, mentre Geniale stava di spalle per tornare indietro volendoci abbandonare, Falsetti, senza che l’altro se ne accorgesse, gli tirò una revolverata alla testa che lo distese al suolo. io me ne scappai immediatamente a casa
– Telesio c’entra qualcosa?
No, lo abbiamo incolpato semplicemente per deviare le tracce della giustiziasapevamo che su di lui si potevano fondare dei sospetti in mancanza di testimoni di veduta
Sembra un passo in avanti, ma nel racconto di Pasquale non appare alcun movente per quella che sembra una esecuzione vera e propria, piuttosto che un delitto d’impeto dovuto alla lite. E Falsetti di certo non si tiene l’accusa senza controbattere:
Un giorno prima del delitto Pasquale Bernardo cominciò a subornarmi per spingermi ad uccidere Geniale, dicendomi che aveva relazioni illecite con mia sorella Luisa e chiamandomi fesso e vigliacco se io non mi difendevo, vendicandomi. Io gli risposi che non intendevo affatto di commettere tal delitto pur sapendo che il fatto era vero e, poiché mia sorella aveva avuto relazioni con altre persone, dissi a Pasquale che, se mai, avrei dovuto uccidere il primo a disonorare la mia famiglia. Pasquale non mi nascose che il suo scopo era di derubare l’altro e mi disse perfino che credeva di trovargli una discreta sommetta e che se non fossi riuscito io ad ucciderlo, avrebbe lui tirato altri colpi per finirlo. Il giorno dopo Pasquale mi fu di nuovo alle calcagna per convincermi, ma io fui restio e ci dividemmo, rimanendone egli alquanto dispiaciuto. Nelle ore pomeridiane Pasquale mi venne a trovare un’altra volta e, finalmente, tanto seppe fare che mi decise al triste proposito. La sera, verso le 21,30, mentre io stavo a letto, venne a chiamarmi. In sulle prime non volevo andare pel rimorso che avevo di commettere un’azione così nefanda ma egli, ripetendo le sue arti malvagie, mi seppe rendere suo strumento e mi diede una rivoltella per compiere il misfatto. Andammo in casa di Geniale, il quale si apparecchiava per andare a letto. Pasquale gli disse: “Noi vogliamo da mangiare perché abbiamo bevuto ed abbiamo fame”. Geniale ci dette quattro uova fritte ed una insalatina di cipolle. Cenammo e invitammo Geniale ad uscire con noi per farci una passeggiata e bere, strada facendo, la bottiglia di vino che Pasquale aveva comprato e precisamente vicino alle croci del Calvario, Pasquale fece bere a me la maggior parte del vino perché temeva che io non avessi il coraggio di confermare il misfatto…– tira il fiato, adesso il racconto si fa drammatico –. Scendemmo ancora per quella strada e, vicino al palo del telegrafo, Pasquale disse: “Scendiamo ancora più giù fino alla fontana per bere acqua e lavarci la faccia”. E tutti proseguimmo. Giunti in prossimità della fontana, Pasquale mi dava dei pizzicotti per indicarmi che l’ora era giunta e per togliermi dalla indecisione in cui mi trovavo. Camminando tenevamo queste posizioni: il morto era in mezzo, io a destra e Pasquale a Sinistra. Quando Pasquale si accorse che io estrassi la rivoltella si fece un poco indietro con la rivoltella anche in mano per sparare in caso che i miei colpi fossero andati falliti. Io tirai il colpo a Geniale ad un passo di distanza e, siccome lo vedemmo cadere, né io, né Pasquale esplodemmo altri colpi. Allora io scappai lasciando sul luogo del delitto Pasquale… quando fui salito sulle falde della roccia Pizzone, voltandomi vidi che Pasquale era accovacciato presso il moribondo e gli frugava nelle tasche. Dopo pochi minuti ci trovammo ancora uniti vicino al palo del telegrafo e Pasquale allora mi disse che aveva trovato addosso al morto una sommetta, ma io gli osservai subito che non intendevo avere alcuna parte nel furto. Ce ne andammo verso casa e, mentre rincasavo, vidi l’altro che si dirigeva sulla via che mena all’abitazione dell’ucciso. Io allora mi coricai e mi feci trovare a letto dai Carabinieri
– Quando siete usciti dalla casa dei Geniale, la porta come l’avete lasciata?
Geniale chiuse la porta a chiave e la conservò in una delle sue tasche
– Giuseppe Telesio c’entra qualcosa?
Non ha avuto alcuna parte nel delitto… lo denunziai per istigazione di Pasquale per sviare da noi due le ricerche della giustizia
– La rivoltella dov’è?
La gittai dalla roccia Pizzone, dove certamente l’han dovuta ritrovare perché in quella località il giorno praticano sempre delle persone, specie pastori
È credibile, i riscontri ci sono già e anche l’autopsia conferma che il colpo è stato esploso così come ha raccontato Falsetti, ma Pasquale Bernardo nega di essere stato l’organizzatore dell’omicidio e di essere l’autore del furto sulla persona di Geniale e nell’abitazione.
È stato spinto dai Carabinieri di Aiello i quali, quando lo tennero nella caserma, gli somministrarono del vino per spingerlo a deporre contro di me. Fu lui che uccise Geniale e, anzi, essendosi accorto che io l’avevo visto, mi fece premura di mantenere il silenzio, in caso contrario mi avrebbe ucciso. Io non presi alcuna parte nell’uccisione e molto meno m’impossessai del danaro che Geniale teneva in tasca
E gli oggetti di oro che aveva in casa? Silenzio assoluto.
Tuttavia il Brigadiere Valdinaghi ritiene che a commettere il furto, o meglio i furti, siano stati tutti e due i compari e spiega il perché dei suoi sospetti: Pasquale Bernardo doveva corredare la casa dei mobili occorrenti, essendosi di recente ammogliato, mentre il Falsetti era in procinto di contrarre matrimonio e a tutti e due occorreva della moneta di cui erano sprovvisti.
Giuseppe Telesio viene prosciolto in istruttoria, mentre gli altri due vengono rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio volontario commesso con premeditazione per facilitare la consumazione di un
furto
. È il 18 novembre 1898.
Il dibattimento presso la Corte d’Assise di Cosenza comincia e finisce il 21 marzo 1899 con la condanna degli imputati Francesco Falsetti e Pasquale Bernardo a 30 anni di reclusione ciascuno e pene accessorie.
La Corte di Cassazione, il 22 maggio successivo, rigetta i ricorsi degli imputati.[1]

 

[1] ASCS, Processi Penali.

 

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