È ancora notte quando la ventenne Ersilia Lombardo e sua sorella Carmela, che di anni ne ha 16, sentono bussare alla porta.
– Carmela, Carmela alzati che dobbiamo andare a lavorare! – a chiamare la ragazza è Emilia Sperlungo.
– Ma è notte, sono le due!
– Alzati, ti dico! E fai alzare pure tua sorella e dille di accompagnarti fino a casa mia… ho lasciato la porta aperta e devo andare a chiuderla… Ersilia, sbrigati ad alzarti! – incalza.
-E i fratelli Cipolla? Sicuramente stanno dormendo… manca un’ora all’appuntamento – protesta Carmela dopo aver visto l’ora alla sveglia.
– Li andiamo a svegliare quando partiremo da casa mia.
È una cosa molto strana, sarebbe molto più semplice che Emilia vada a casa a chiudere la porta e poi torni indietro a prendere Carmela e quindi, insieme, andare a svegliare i fratelli Cipolla, ma la donna insiste e insiste fino a che Ersilia acconsente ad accompagnare la sorella.
Le due ragazze si avviano lungo la strada rischiarata dalla fioca luce della luna e quando arrivano all’altezza del ponticello in località Crocicchio di San Marco Argentano, vedono un uomo ravvolto nel suo mantello e col cappello calato sugli occhi. Stringendosi l’una all’altra affrettano il passo e vanno oltre, senza che l’uomo si interessi a loro.
– Finalmente siete arrivate! – dice Emilia – Carmela, tu entra e siediti, Ersilia viene con me a cercare una gallina nel pollaio…
Le due sorelle si guardano, poi Ersilia alza le spalle e fa segno a Carmela di entrare, mentre lei va con Emilia verso il pollaio. Appena fatti due o tre passi fuori dalla porta, Ersilia nota, in un ristrettissimo vano terreno destinato a cucina, la presenza dell’uomo col mantello che avevano incontrato poco prima. Lo riconosce, è Michele Scarniglia, l’amante di Emilia! L’uomo l’afferra per un braccio e la tira verso di sé mentre Emilia le tappa la bocca.
– Taci chè non è niente… vieni chè non è niente… – le sussurra all’orecchio Emilia.
Camminando così, con Michele Scarniglia che la tira per le braccia ed Emilia che la spinge mentre le tiene la bocca tappata, i tre percorrono qualche decina di metri, fino ad entrare nel fondo di Vincenzo Spinelli. La buttano a terra e Michele, mentre la sua amante tiene ferma la ragazza, le strappa la gonna e la violenta per due volte di seguito. Ersilia è terrorizzata e incapace di muoversi e parlare. Solo adesso Emilia la lascia e dice al suo amante:
– Se non si sta zitta falla stare anziché un’ora, due ore! – poi se ne va. Sono le 3,00 del 29 marzo 1916.
Michele Scarniglia la violenta altre due volte prima di lasciarla andare.
Carmela sta aspettando da mezz’ora quando Emilia rientra a casa.
– Dov’è mia sorella? – le chiede.
– È rimasta qui vicino a soddisfare un bisogno corporale… – le risponde con noncuranza mentre si pettina. Passa ancora del tempo ma Ersilia non torna.
– Ma dov’è? – insiste Carmela.
– Sta zitta! L’ho lasciata a parlare con Michele Scarniglia… non avere paura…
Finalmente, dopo un altro quarto d’ora, arriva Ersilia, tutta sbigottita e con la gonna strappata – Fuoco mio commare Emilia che mi hai fatto stamattina! – esclama con gli occhi pieni di lacrime.
– Sta zitta che sente Filippo Avolio! – la rimprovera la donna.
– Che ti è successo, sorella mia? – fa Carmela ed Ersilia, piangendo, le racconta tutto. Poi Carmela, rivolta a comare Emilia, dice – Se mia sorella “scompare”, mio padre la caccerà di casa…
– Non aver paura, non uscirà incinta perché Michele ha usato il condò – la rassicura, cinicamente, la donna.
– Andiamo a casa a raccontare tutto a mamma e papà – fa Carmela a sua sorella.
– Se parlate Michele vi ammazza… tu – continua rivolta ad Ersilia – chiedi quello che vuoi, ma non parlare…
Adesso sono terrorizzate tutte e due e seguono il consiglio della commare. Però ora bisogna sbrigarsi, c’è da andare a lavorare in contrada Fiego. Emilia e Carmela vanno a svegliare i fratelli Cipolla, mentre Ersilia torna a casa, nasconde la gonna strappata e le mutande sporche di sangue, e si rimette a letto.
Passa qualche giorno e Carmela incontra commare Emilia, che le dice, quasi con un senso di soddisfazione:
– La notte dopo Michele ha dormito con me e mi ha detto che tua sorella l’ha trovata vergine perché gli ha sporcato la camicia di sangue e adesso anche tu devi incontrarti con Michele… ah! Mi ha detto che le ha comprato una camicetta e in seguito le darà anche dei quattrini… ma tu zitta, intesi? – la ragazzina abbassa gli occhi e fa segno di si col capo.
L’uomo è di parola: la camicetta, celeste, l’ha comprata davvero e gliela manda tramite la sua amante, che gliela dà di nascosto una mattina mentre vanno insieme a lavorare. Ersilia non la vuole ma in mezzo alla strada non può fare scenate, così lascia l’involto a casa di una conoscente: lo andrà a ritirare al ritorno dal lavoro. E così fa, ma quando arriva a casa, approfittando che non c’è nessuno, accende il fuoco e la brucia, le fa schifo quella stoffa che è stata toccata dai suoi carnefici ed è il simbolo del suo disonore.
Ma pare che in questi giorni Emilia cominci ad avere un po’ di paura, temendo che le due ragazze non mantengano il segreto. Prima propone ad Ersilia di emigrare con lei in America pagandole il viaggio, poi qualcuno la sente dire a Michele di tacere la cosa qualora fosse stato interrogato dai Carabinieri e allora le voci cominciano a girare incontrollate e i più maliziosi si spingono a chiederle come mai non sia andata alla predica della settimana santa.
– Sono sfortunata perché il mio nome è sempre sulla bocca del vicinato perché Vincenzo Spinelli, che si mantiene mia sorella Angiolina, ha detto che Michele Scarniglia frequenta la mia casa ma invece va in cerca di altra donna che porta un nome simile al mio…
Il danno sembra ormai fatto.
– Sarebbe meglio che Ersilia non mi querelasse perché mi scolperò anche ricorrendo al mendacio – confida a Raffaela Tripicchio il 7 maggio.
Si, il danno è proprio fatto: le voci arrivano all’orecchio del padre di Ersilia il quale esige una spiegazione da sua figlia, che è costretta a raccontare tutto.
È la mattina dell’11 maggio. Ersilia e suo padre bussano alla porta della caserma dei Carabinieri di San Marco Argentano. La ragazza, piangendo sotto lo sguardo severo del genitore, racconta tutto al Maresciallo Maggiore Alberto Rivoiro e aggiunge:
– Col consenso di mio padre qui presente mi querelo formalmente contro Michele Scarniglia ed Emilia Sperlungo e richiedo la loro punizione.
Rivoiro, noto per la sensibilità verso le donne vittime di violenza e per la sua inflessibilità nei confronti dei violenti, pratica subito le indagini e riscontra che le accuse attribuite allo Scarniglia e alla Sperlungo sussistono nelle modalità narrate dalla sedotta, quindi procede al fermo della donna per farla parlare.
– In tale sera, e precisamente verso le 2 antimeridiane del 29 marzo, mi alzai dal letto e mi recai alla vicina abitazione di Carmela Lombardo per invitarla a recarsi secome al lavoro in contrada Fiego. Nel ritorno che feci per raggiungere la mia casa, in attesa che la Carmela si preparasse per raggiungermi, nella località intesa Crocicchia, ove vi è un ponte, m’imbattei con certo Scarniglia Michele, inteso Picocca, con cui mi accompagnai fino alla parte posteriore della mia abitazione, avviandomi poi da sola in quest’ultima. Pochi minuti più tardi sopraggiunsero la Carmela Lombardo e la di costei sorella Ersilia. Dissi allora alla Carmela di rimanere ad attendere in casa, mentre io, tolta una chiave da una parete del muro, invitai la Ersilia ad uscire secome per andare a governare una gallina. Allontanateci di sei passi circa dalla soglia dell’abitazione, trovammo lo Scarniglia con cui la Ersilia si allontanò…
Rivoiro non crede ad una sola parola del racconto di Emilia e annota che si tratta di uno specioso pretesto quello della gallina da governare e che, comunque, il racconto è interamente falso. Continuando le indagini, Rivoiro viene a sapere che Emilia, per sviare i sospetti, accusò Ersilia Lombardo di avere avuto relazioni intime col quindicenne Aristide Cittadino, inteso Moschino, relazioni che questi ammise, ma non nella forma intima, inquantochè avrebbe avuto semplicemente la durata di un mese e si riferirebbe al maggio dello scorso anno. Poi aggiunge: Per quanto manchino prove specifiche atte ad avvalorare il reato di violenza carnale attribuito allo Scarniglia, siamo nullameno convintissimi della sussistenza di esso e richiamiamo contro lo Scarniglia medesimo tutta l’attenzione dell’autorità competente per quei salutari provvedimenti che ravvisassero di adottare in suo confronto, intesi a salvaguardare l’onore di tante povere ragazze che egli continuerà certamente a sfruttare. Invochiamo, in pari tempo, il massimo rigore contro la Sperlungo la quale, evidentemente a scopo di lucro e per compiacere allo Scarniglia, sazio di lei, nulla lasciò d’intentato per trascinare alla prostituzione l’inesperta e ingenua Ersilia Lombardo, ricorrendo all’inganno per riuscire più facilmente nel suo intento.
Il Pretore di San Marco sposa la tesi del Maresciallo Rivoiro e spicca i mandati di arresto nei confronti dei due amanti. Michele Scarniglia viene subito arrestato, mentre per Emilia i ferri ai polsi vengono serrati il 4 giugno successivo.
L’imputata viene messa a confronto con le sorelle Lombardo e con tutte le persone alle quali ha fatto delle confidenze e tutte confermano le accuse, mentre lei si difende modificando la dichiarazione fatta ai Carabinieri, dicendo che Ersilia, lasciata la sorella, se ne andò immediatamente a casa. Ovviamente non può sapere ciò che, eventualmente, accadde dopo.
Michele Scarniglia si difende dicendo che conosce solo di vista Ersilia e di non avere mai avuto con lei rapporti e molto meno rapporti carnali. L’avvocato Giuseppe Sacchini, difensore dell’uomo, rincara la dose e sostiene che si tratta di un trucco abilmente inscenato. A dimostrarlo basterebbe la tardività della querela.
Ersilia viene fatta sottoporre a visita medica per accertare, se possibile, da quanto tempo abbia perso la verginità ed il dottor Ernesto Sarpi attesta che la Lombardo presenta tutte le note della pubertà: dal vantaggioso sviluppo pilifero, accentuato principalmente sul monte di Venere, alla costituzione delle grandi labbra, dalle ninfe all’ostio vaginale. La forchetta si mostra anch’essa integra e regolarmente conformata. L’imene, che in origine aveva forma ovolare, presenta in tre punti diversi delle lacerazioni irregolari. I bordi dello stesso sono ancora tumidi con accenno di flogosi reattiva in via di guarigione e tali da mostrare che le carnucole mirtiformi non sono ancora in via d’involuzione atrofica. Il canale vaginale non è rilasciato e la mucosa che lo riveste non presenta ulcerazioni e ha colorito roseo e secerne poca quantità di muco biancastro, consistente ed attaccaticcio. Giudico che la Lombardo è stata deflorata di recente e cioè da un periodo di non oltre cinquanta giorni e che la stessa non è adusata a ripetuti coiti.
La difesa di Scarniglia ottiene di far eseguire una revisione della perizia e i risultati sono opposti a quelli descritti da Sarpi. Osserva il dottor Enrico Canonico: A me sembra strano dopo un mese e mezzo dal consumato coito il constatare le note di una recente deflorazione e molto contraddittoria la conclusione del dott. Sarpi nel giudicare che la Lombardo è stata deflorata di recente, quando nella sua perizia si parla chiaramente di formazione cornucole mirtiforme che, quali residuali lembi cicatriziali, sono espressione esatta, precisa di un coito di data più o meno antica. Concludendo: dalle note anatomo-patologiche rilevate e descritte dal collega Sarpi non si può stabilire l’epoca più o meno precisa dell’avvenuta deflorazione, riscontrandovisi confusamente lesioni e stati patologici che si riferiscono ad epoca recente e, nel tempo stesso, ad epoca remota.
Chi avrà ragione?
Nel frattempo si presentano a testimoniare alcune persone che non sono affatto sicure della moralità di Ersilia, la quale sarebbe stata vista varie volte passeggiare da sola con Aristide Cittadino e, addirittura, di averlo visto entrare in casa della ragazza senza che vi fosse la presenza dei genitori. Altri sostengono di averla vista mentre, in un bosco, aveva relazioni intime con Ernesto Vivone, ma tutti e due gli interessati smentiscono recisamente:
– Nell’aprile passato ero nella mia bottega di calzolaio in Piazza Selvaggi – racconta Ernesto Vivone –. Vista lì vicino Ersilia Lombardo, mandai a dirle per mezzo di mio fratello Alberico, di pagarmi la riparazione fatta ad un paio di scarpe sue. La Lombardo mi fece intendere che desiderava parlare con me ed all’uopo, con la mano mi fece segno di andare verso la via che va al Cimitero. Io andai ad attenderla vicino al Calvario, che trovasi su detta strada, per la quale essa doveva passare per recarsi a casa, e quando la vidi arrivare ci addentrammo un poco nel viottolo adiacente al Calvario ed ivi avemmo un colloquio circa il pagamento della riparazione. Io ero seduto a terra ed ella stava in piedi e in tale atteggiamento fummo veduti… non è vero quanto dicono…
– Non nego che per istrada, incontrandomi qualche volta con la Lombardo, ebbi a passeggiare con lei. D’altronde il mio amoreggiamento era pure conosciuto dalla di lei madre ed io qualche volta feci visita in casa dei Lombardo, trovandoci sempre i genitori di Ersilia… – dice Aristide Cittadino, che aggiunge – poi sono stato costretto da mio zio a lasciarla per la ragione della differenza di condizione sociale, essendo la Lombardo una contadina ed io un operaio…
Per gli inquirenti le cose sono chiare. Il 10 ottobre 1916 la Procura Generale del re chiede il rinvio a giudizio di Michele Scarniglia con l’accusa di violenta congiunzione carnale commessa in luogo pubblico e col concorso simultaneo di due persone; per Emilia Sperlungo l’accusa è di concorso nel reato suddetto. Entrambi dovranno rispondere anche del reato di minaccia di grave e ingiusto danno in pregiudizio di Ersilia Lombardo.
La Sezione d’Accusa concorda e il 28 ottobre successivo rinvia gli imputati al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza.
Il dibattimento inizia il 18 gennaio 1918 e Michele Scarniglia fornisce alla Corte, finalmente, la sua versione del fatto, finora negato:
– Io sapevo che la Lombardo si era data ad Aristide Cittadino e la sera prima del fatto le chiesi ed ottenni un appuntamento pel mattino successivo, in vicinanza del ponte. La Lombardo fu puntuale e la trovai sul posto. Io avevo il mantello e fu la stessa Lombardo che lo prese, lo distese per terra e vi si adagiò e restammo assieme una mezzoretta. La Sperlungo non la vidi affatto e dichiaro che questa donna era stata mia amante un anno prima.
Ersilia nega recisamente e continua a sostenere la sua versione. Il Pubblico Ministero si rende conto che il racconto fatto da Michele può fare facilmente breccia nella giuria, interamente maschile per legge, così cerca di salvare il salvabile ritirando l’accusa di violenza carnale e formulando l’accusa meno grave di ratto con inganno. La difesa sostiene invece l’innocenza dei due imputati.
Il 24 gennaio la giuria, come temeva il Pubblico Ministero, assolve Michele Scarniglia ed Emilia Sperlungo per non aver commesso il fatto.
Gli anni a venire dimostreranno che il Maresciallo Maggiore Alberto Rivoiro aveva ragione: Michele andava fermato. Almeno un’altra ragazza è caduta nelle sue grinfie.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.
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