PICCOLA QUANTO UN SIGARO

L’uomo e la donna si abbracciano teneramente. Lui le accarezza il viso e la bacia, poi le prende le mani e, come al  solito, la prende con sé sul letto. I due vivono praticamente insieme nella stessa casa ma non sono sposati. Lei è la sua persona di servizio/amante: troppa differenza per potere ufficializzare il loro amore. È il 3 dicembre 1927
– No… oggi no… Mercurio… – così si chiama l’uomo – devo dirti una cosa seria e importante…
– Non mi vuoi più, Teresa?
– Ma che dici! Certo che ti voglio, ma…
– Ma cosa?
– Sono incinta… – dice Teresa scoppiando a piangere – e ora? Lo scandalo… la vergogna… o Gesù!
– A tutto c’è rimedio, stai tranquilla – la rassicura – troveremo la soluzione…
Mercurio Pati la soluzione la trova verso la fine di luglio 1928, un paio di settimane prima che Teresa Pola partorisca: affideranno il nascituro a una certa Rosa Mazza, ventenne di Fiumefreddo Bruzio, che gli è stata presentata da un’altra donna di Fiumefreddo, Rosaria Buffone, esperta in questo squallido commercio. Rosa Mazza gli è descritta come un’ottima balia con tanto latte da dividere tra il figlio di questa e il nascituro e il seno prosperoso della ragazza promette davvero una grande quantità di latte, promessa confermata dalla levatrice che Teresa chiama per fare visitare la balia:
Ottima salute e robusta costituzione – osserva la levatrice Giovannina Sciuto guardando il corpo nudo di Rosa. Poi preme sui capezzoli della ragazza facendone zampillare il latte che assaggia – ha un buon latte e abbondante!
L’affare è possibile ma, ovviamente, Rosa Mazza e Rosaria Buffone non si accollano il peso di crescere un bambino gratis et amore dei e pattuiscono con Mercurio Pati un compenso in denaro di 680 lire, a cui si aggiunge un corredino completo e una fornitura di generi alimentari per le donne. Inoltre saranno le due donne che dovranno preoccuparsi di trovare il modo di registrare il nascituro all’anagrafe, ma questo per Rosaria è un gioco da ragazzi.
Tutto va come previsto: Teresa partorisce una bella e sana bambina nei primi giorni di agosto e subito le due donne vanno a prenderla e se la portano a Fiumefreddo a bordo di una vetturetta automobile noleggiata da Mercurio. Giunte a casa, da buone amiche, fanno a metà dei soldi e dei generi alimentari e si mettono d’accordo di badare alla bambina un giorno per uno.
Il primo mese va tutto benissimo. Assunta, Assunta Belfiore, così hanno voluto chiamare la bambina, cresce che è una meraviglia e le due donne la portano ad Amantea per farla vedere ai genitori naturali che rimangono contentissimi nel trovarla molto ben tenuta, ben nutrita e bene abbigliata: pulitissima insomma. Restano così soddisfatti che vogliono coccolare la bambina fino al giorno successivo ospitando anche le due donne e al momento del distacco Mercurio porge a Rosaria una cesta piena di zucchero, caffè ed altre cibarie. Teresa invece ha preparato per Assunta altra biancheria per corredo e un paio di orecchini d’oro.
Poi succede che Rosa perda il latte e Assunta non ha più niente da mangiare. La soluzione è quella di farla allattare da Maria, la figlia di Rosaria Buffone, ma anche questa perde il latte nel giro di qualche giorno. I soldi del compenso sono stati spesi e Rosa prova a darle un po’ di latte di mucca ma la bambina non lo assimila del tutto e comincia a deperire.
Intanto Mercurio e Teresa le hanno fatto sapere che vogliono vedere Assunta il 25 ottobre in occasione della fiera di Amantea. Rosa la porta e i genitori sono sconcertati nel vedere la bambina che non presentava più quell’ottimo stato di salute e di nutrimento, sebbene mantenuta pulitissima sia nella biancheria e sia nel corpo.
– Così non va… che sta succedendo? – chiede Mercurio, preoccupato.
– Io non ho colpa… è che a Fiumefreddo gira la scarlattina e Assunta, anche se non l’ha presa, ne risente…
Mercurio non crede del tutto a queste parole e le raccomanda mille volte di curarla e nutrirla bene e per dimostrare che non è per niente soddisfatto, questa volta non le regala niente. Teresa, al contrario, per spronare Rosa a tenere bene Assunta, senza dire niente a Mercurio, le regale delle cibarie e le paga il biglietto del treno.
– Mi raccomando, abbi cura della bambina! – urla Teresa mentre il treno parte sbuffando.
Sopraggiunge l’inverno, insolitamente molto rigido, e Rosa non porta più la bambina dai genitori che cominciano ad essere preoccupati, ma non hanno modo di mettersi in contatto con la balia, sia per non destare sospetti, sia perché Mercurio si ammala gravemente e Teresa non può abbandonarlo solo in casa, abbisognevole di continue cure.
C’è un vecchio, Francesco Sansone, che abita accanto a Rosa Mazza, il quale si accorge che Assunta deperisce ogni giorno di più e se ne cruccia parlando tra sé e sé: non pesa 10 grammi ed è piccola quanto un sigaro… adesso gliene dico quattro…
– Rosa! Rosa! – chiama battendo all’uscio.
– Che vuoi?
Una volta che dovevate così trascurarla, perché prendervi questa povera piccina? Sapete che muore?
L’essenziale è che ci siamo presi bei soldi e mangiamo quest’inverno! – risponde, cinica, Rosa.
Allora l’avete presa per il denaro?
Ma latte la bimba non ne vuole
Il vecchio se ne va sconsolato.
Nemmeno il convivente di Rosa approva questo stato di cose e la rimprovera aspramente.
– Che bisogno c’era di prenderti la bambina? Abbiamo fatto tre figli in tre anni e i soldi non ci mancano… almeno falle prendere un po’ d’aria… prendila un po’ in braccio…
– La bambina sta bene sul letto e di tenerla in braccio non è cosa – gli risponde seccata.
Ma Assunta sta sempre peggio e finalmente Rosa si decide a farla vedere da un medico. È il 29 marzo 1929, venerdì santo.
– Ci vuole una balia o del latte di asina, la bambina sta male…
– E dove lo trovo?
– Se non trovi il latte d’asina ti faccio la ricetta per la farina lattea. Mi raccomando perché è grave – dice il dottor Giovanbattista Pavone mentre compila la ricetta.
Rosa ne acquista un flacone nella farmacia del dottor Riccardo Morelli e poi niente più.
La mattina del 5 aprile 1929 Rosa esce di casa come al solito per gli affari suoi e lascia Assunta sul letto da sola. Rientra qualche ora dopo e la bambina è immobile, forse dorme. No, non dorme, è morta. Morta a otto mesi da sola e senza mangiare.
– Disgraziate! L’avete fatta morire da sola! Nemmeno una goccia d’acqua mentre chiudeva gli occhi!
Le urla della balia richiamano i vicini che vorrebbero metterle le mani addosso ma poi preferiscono chiamare i Carabinieri e raccontare tutto. Troppo tardi, avrebbero potuto denunciare tutto molto prima e Assunta sarebbe ancora viva.
Rosa Mazza e Rosaria Buffone vengono arrestate per avere abbandonato e causato la morte dell’infante Belfiore Assunta.
Ho fatto tutto quello che potevo, se è morta significa che non doveva vivere perché era debole ma io non le ho fatto mancare nullase è morta si deve attribuire a mia sventura ma io sono innocente…l’ho fatta seppellire con tutti i riguardi e con tutte le cerimonie di rito… – si difende Rosa.
Rosa Mazza è figlia di un mio genero e la madre era una poco di buono che morì ammazzata. Io l’ho allevata per dieci anni ma ha fatto una cattiva riuscita e a 16 anni scappata con un ammogliato, diviso però dalla moglie… il medico le consigliò latte di capra o di vacca misto con acqua d’orzo, ma si vede che ciò non giovò alla bimba, la quale doveva essere debole per natura… Io sono estranea alla cosa e non so perché sono stata arrestata. Tutti i vicini ci vogliono male e parlano contro di noi… – racconta Rosaria Buffone per giustificarsi.
La Sezione d’Accusa giudica sufficientemente provato il reato e rinvia le due donne al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza. Su richiesta del Presidente e con l’accordo delle parti viene inserito il reato di omicidio colposo in subordine a quello per cui le due imputate sono a processo. Il 20 marzo 1931 la Corte giudica che non sussiste il reato di abbandono di minore con conseguente morte, ma invece il reato di omicidio colposo per negligenza e, concesse le attenuanti generiche, condanna Rosa Mazza a 10 mesi di detenzione e 250 lire di multa e Rosaria Buffone a 1 anno di detenzione e 300 lire di multa. Per effetto dell’indulto del primo gennaio 1930 le sanzioni pecuniarie vengono condonate.[1]
La lentezza dell’istruttoria ha tenuto le due donne in galera circa un anno in più.

 

[1] ASCS, Processi Penali.

 

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