I PACCHI DEGLI INTERNATI DI FERRAMONTI

Il primo novembre 1940, il Direttore del campo di concentramento di Ferramonti, Cav. Paolo Salvatore, informa la Direzione delle Regie Poste che da qualche tempo si verificavano, con allarmante frequenza, manomissioni di pacchi diretti agli ebrei colà internati e che gli oggetti sottratti venivano sostituiti con pietre, terra e frutta.
L’Ispettore postale Cav. Antonino Ferrara si occupa di verificare i fatti e scopre che le manomissioni sono state fatte, con assoluta certezza, nella Collettoria Postale di Mongrassano Scalo perché è l’unico posto dove i pacchi restano incustoditi di notte, a differenza della stazione ferroviaria vigilata dalla polizia e dell’Ufficio Postale di Tarsia dove di notte non ci sono pacchi in giacenza.
Ispezionato il locale, Ferrara constata che si tratta di un’angusta stanzetta senza porta esterna alla quale si accede attraversando due magazzini occupati da un negozio di generi alimentari e da una rivendita di generi di monopolio, tutti appartenenti al collettore postale Sabatino Cavalcanti il quale abita a Cosenza e di sera affida le attività a due suoi nipoti, i fratelli Albano e Alfredo Petrelli, che dormono al primo piano del fabbricato.
È lampante che ad essere sospettati siano i fratelli Petrelli e in particolar modo Alfredo, il minore. Ferrara li porta a Ferramonti alla presenza delle forze dell’ordine allo scopo di interrogarli. Alfredo nega di essere l’autore delle manomissioni dei pacchi e del furto di numerosi oggetti e anche Albano nega. Ma Ferrara nota in quest’ultimo qualcosa di strano e decide di fare con lui una chiacchierata a quattrocchi. Non ottiene la confessione che spera ma Albano, ammettendo che chiunque sia il colpevole la responsabilità ricade sulla Collettoria, si dice disponibile a versare 1.000 lire come risarcimento. L’Ispettore Postale insiste e ad un certo punto Albano gli dice che se fosse in grado di far rilasciare lui e il fratello e se avesse distrutto tutto il carteggio a loro carico, gli avrebbe fatto ritrovare la refurtiva e le famose 1.000 lire l’indomani mattina davanti alla Collettoria.
Ferrara accetta, almeno così fa credere ad Albano, e gli dice che andrà a chiedere al Direttore del Campo l’uso di una vettura per tornare a Mongrassano Scalo. Ovviamente Ferrara racconta tutto al Direttore e ai poliziotti e preparano la trappola, ma c’è un inconveniente: sono le cinque del pomeriggio, è già buio e la vettura con l’autista ancora non si vede.
Albano rifiuta di rimandare l’operazione al mattino successivo perché, dice lui, lo vedrebbero tutti e sarebbe come confessare di essere il ladro. Non sa che sta già confessando perché Ferrara ha fatto nascondere un poliziotto sotto il letto della stanzetta dove stanno parlando e così non potrà più negare.
Si aspetta ancora per ore e, finalmente, verso le 21,00, la vettura arriva e si può partire. Il piano è semplice: Ferrara e l’autista lasceranno Albano davanti alla Collettoria e se ne andranno, mentre alcuni agenti in borghese terranno d’occhio l’uomo e non appena finirà di accatastare la refurtiva, lo arresteranno.
Ma le cose non vanno come dovrebbero perché gli agenti che si dovevano appostare nelle vicinanze hanno avuto un guasto alla motocicletta, almeno questa è la versione ufficiale, e non arriveranno mai.  Ferrara, a sua volta, tranquillo dei fatti suoi si è fatto accompagnare a casa e la mattina seguente, quando arriva sul posto, trova l’amara sorpresa: Albano Petrella è scomparso e della refurtiva non c’è traccia! Altro che trappola, li ha fatti fessi tutti quanti.
Lo trovano un paio di settimane dopo e quando lo interrogano, candidamente dice:
– Quando l’Ispettore si persuase che io avrei mantenuto la promessa se ne tornò a Cosenza e mi lasciò libero alla stazione di Mongrassano dicendomi che sarebbe tornato l’indomani per ritirare gli oggetti. Io lo trassi in inganno perché sapevo benissimo di non avere più la refurtiva e che con mille lire di risarcimento non me la sarei cavata e così me ne tornai a Sartano per paura che l’Ispettore, non trovando gli oggetti, mi avrebbe fatto arrestare…
Il 15 aprile 1941 Albano Petrelli viene condannato a due anni di reclusione e 2.000 lire di multa, pena ridotta in Appello a un anno e tre mesi di reclusione e 1.300 lire di multa. Ma sono momenti tragici, c’è altro a cui pensare che non mettere in galera uno che aveva rubato agli ebrei facendo quasi un’opera di bene, e la condanna tarda ad essere eseguita. Poi la guerra finalmente finisce e il vecchio fascicolo viene ripreso. Non per punire il ladro, però. Viene ripreso perché Petrelli ha presentato la richiesta per beneficiare dell’amnistia decretata dal nuovo Governo.
Il 5 aprile 1944 la sua richiesta viene accolta e il reato è cancellato.
Ma chi erano gli internati derubati? Intanto bisogna dire che la lista della roba trafugata desta in alcuni casi enorme sorpresa:
1. LEONE TREVES 34 anni, commerciante di Milano camerata VIII:
18 dozzine di calze di lana
30 pullover da uomo
6 dozzine di guanti di cotone felpato (esiste agli atti la relativa fattura) per un totale di 950 lire
2. DUCHES AMALIA, 42 anni, casalinga di Vienna:
Formaggio
Cacao
Cioccolato
per un valore di 30 lire
3. BERGER EMANUELL, 36 anni, commerciante di Koovvalof (Polonia):
7 tubetti di dentifricio
2 bloc-notes
7 pacchetti di caramelle
10 rotoli di filo
1 domino
3 mutande di lana
9 metri di nastro di gomma
2 mazzi di carte da bridge per un valore di 144,50 lire
4. STEINER BETRISCA, 38 anni, casalinga di Brum (Moravia)
1 paio di scarpe
5. SALINAS DAVIDE, 34 anni, venditore ambulante di Milano,   camerata VIII:
1 cappello
2 maglie di lana
1 paio di bretelle
5 fazzoletti
8 saponette
Carta da lettere
3 dozzine di calze da uomo per un valore di 250 lire
6. MAIER KATZ, 42 anni dommerciante di Bircza (Polonia), camerata IV:
1 pullover
1 sciarpa
2 camicie
1 maglia
1 mutanda
1 paio di calze per un valore di 265 lire
7. MOTEL DAJEIZ, 52 anni, commerciante di Lublino (Polonia), camerata X:
1 paio di calze
2 scatole di marmellata Cirio
1 pacco di te
1 scatola di latte condensato
1 scatola di zucchero
50 grammi di caffè
1 paio di mutande
1 coperta di lana
1 tovaglia
1 scatola di pane conservato
1 formaggio
1 liquore
1 saponetta
3 scatole di sardine
1 pacco di biscotti
1 camicia
1 paio di scarpe per un valore di 50 lire
8. HESSES ABRAMO, 35 anni, commerciante di Malogosz
1 paltò
1 paio di guanti di cuoio
3 camicie da notte per un valore di 695 lire
9. CHAIM RUBIENFELD, 43 anni commerciante di Grodet (Polonia), camerata VI
1 camicia d’inverno
2 pacchetti di lamette
2 etti di burro
½ chilo di biscotti
4 saponette
5 scatole di sardine
3 tavolette di cioccolato
2 scatole di formaggio
1 bottiglia di inchiostro
1 scatola di antipasto
1 bicchiere di miele
10. KLEIN MARKUS, 35 anni, commerciante di Gadomisc (Polonia)
1 paio di pantaloni
1 camicia
10 lamette
1 pacchetto di sigarette
Saponette per un valore di 250 lire
11. PAJES CHAIM, 29 anni, medico di Grodno (Russia Occidentale)
Oggetti per un valore di 150 lire
12. KAFTAL LEOPOLD, 23 anni, studente di ingegneria da Varsavia N.B. dopo la scoperta del furto ebbe un permesso speciale per andare a sostenere degli esami universitari a Genova
1 paio di pantaloni per un valore di 250 lire
13. STOLZBERG ISRAELE, 34 anni, commerciante di Ranionca (Polonia), camerata VIII:
5 tagli di stoffa per uomo da m. 3,20 cadauno
1 pullover
1 paio di mutande di lana
Generi alimentari per un valore di 650 lire
14. ECKERLING BENIAMINO, 28 anni, medico di Sarrocchi (Polonia)
1 paio di scarpe
1 camicia per un valore di 70 lire
15. RITTERMANN WILHELM, 54 anni, avvocato di Cracovia, camerata A
3 cinture da donna
1 paio di mutandine da donna
1 borsa grande di cuoio (di lusso) per documenti
1 vestito da uomo (giacca blu, pantaloni grigi) per un valore di 979 lire
16. RAISCHER KOLBITZ, 26 anni casalinga di Vienna, camerata B
2 cinghie per valigia per un valore di 240 lire[1]
Ma, per esempio, cosa diavolo deve farsene Leone Treves di 18 dozzine di paia di calze di lana, cioè 216 paia, 30 pullover da uomo e sei dozzine, cioè 72 paia, di guanti e cosa diavolo deve farsene Israele Stolzberg di 5 tagli di stoffa per uomo da m. 3,20 cadauno?
Semplice: corrompere gli addetti del campo per cercare di ottenere un trattamento migliore.

[1] ASCS, Processi penali.

1 commento

  1. Che gli ebrei di Ferramonti avessero un destino diverso rispetto agli ebrei dei campi di concentramento tedeschi o di altri campi italiani è più che risaputo. Questo racconto testimonia che c'era un vero e proprio commercio. Ho anch'io un racconto diretto di un parente di mia moglie che mi raccontava lo scambio di generi alimentari con una famiglia di pasticcieri ebrei in cambio di dolciumi e caramelle prodotti nello stesso campo. Questo ci fa onore come calabresi, ovviamente i ladri e gli stronzi esistono dappertutto e in tutti i contesti. Ma come sempre sono pochi e, in questo caso, addirittura identificati e perseguiti. Bella storia.

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