
Antonio Bevilacqua organizza a casa sua una cena e invita i fratelli Ernesto e Vincenzo Foggetti, Teofilo Perfetti e Oreste Marsico. L’invito viene accettato solo da Perfetti e Foggetti, ma tra quest’ultimo ed il padrone di casa, forse per il vino bevuto, sorge un vivace battibecco ed i due impugnano i coltelli l’uno contro l’altro. Per fortuna si interpone Perfetti che riesce a disarmare Foggetti e gli dice:
– Tranquillo compà, se ci sarà bisogno ti difenderò io!
Poi, visto che i due sembrano essersi calmati, Perfetti saluta e se ne va, portandosi dietro il coltello di Foggetti. Allora Bevilacqua, approfittando del fatto che l’avversario è rimasto da solo e senza armi, riattacca la questione e ferisce leggermente Foggetti che se ne va bestemmiando, attribuendo a Perfetti la colpa del ferimento perché lo ha lasciato disarmato e da solo. Arrivato a casa racconta l’accaduto ai familiari e tutti insieme decidono di andare a cercare Perfetti per sfogare il loro rancore su di lui.
Perfetti a casa non c’è, è a casa di suo cognato Francesco Carelli il quale, quando i Foggetti si presentano a casa sua urlando epiteti irripetibili per fare uscire Perfetti, riesce ad impedire lo scontro chiudendo dentro il cognato.
Ma il desiderio d’incontrarsi col Perfetti non viene meno nel Foggetti Vincenzo e nei suoi congiunti, difatti la sera del 20 dicembre 1943, Vincenzo, con i fratelli Ernesto ed Alfredo, della madre Caliò Rosina e di Oreste Marsico, affronta Perfetti mentre questi, assieme alla moglie Nudi Lauretta, a Francesco Carelli e Francesco Gaudio sta rincasando e la rissa, furibonda, a colpi di scure e baionette è inevitabile.
Quando i rissanti, esausti, si dividono, i due feriti più gravi sono Teofilo Perfetti da una parte, che ha riportato una ferita da taglio alla parte superiore della fronte, e la madre dei Foggetti dall’altra, che ha riportato una vasta ferita lacero contusa alla guancia sinistra con frattura della mandibola e sfregio permanente del viso.
Vabbè, una rissa come tante altre, adesso qualcuno presenterà una denuncia e la cosa finirà qui. No, questa non è una rissa come tante altre e non perché nessuno presenta denuncia nonostante i due feriti e nemmeno perché la denuncia, come in tanti altri casi arriva attraverso una lettera anonima per la confusione creata dalla rissa in mezzo alla strada. Questa è una rissa diversa perché è come se non fosse mai accaduta, perché né i Carabinieri e né la Questura ne vengono a conoscenza. Com’è possibile? È possibile perché i contendenti appartengono alla malavita cosentina e chi ha visto e sentito preferisce farsi i fatti suoi per evitare guai, si chiama omertà.
Ma siccome le vie della Giustizia sono infinite, ecco che avviene ciò che nessuno ha messo in conto: durante le indagini per identificare gli autori di un furto, alcuni Agenti della Pubblica Sicurezza fermano Ernesto Foggetti e lo trovano in possesso di 9.570 lire, di cui non sa giustificare il possesso. Forse è la pista giusta per individuare gli autori del furto. Continuando ad indagare scoprono che Vincenzo Foggetti ha dato alla sua amante Bombina De Luca una macchina fotografica. Perquisita l’abitazione della donna, gli Agenti rinvengono e sequestrano anche alcuni piatti di un albergo di Cosenza. Sì, è la pista giusta e continuando le indagini, vengono sequestrati in casa di Teresa Muratori una coperta militare ed un sacco pieno di oggetti, dati in custodia alla donna da Antonietta ed Alfredo Foggetti. In casa di Antonietta e di suo marito Antonio Tinelli vengono sequestrati indumenti militari ed un grammofono. Tutti, tranne Ernesto Foggetti vengono denunciati per ricettazione, ma non ci sono prove che fossero a conoscenza della provenienza furtiva degli oggetti sequestrati, nonostante siano stati trovati in possesso di indumenti militari perché, come è notorio, precedentemente al gennaio 1944, non poche persone ebbero modo di commerciare, quasi liberamente, in siffatto genere di vestiario. Ma se non ci sono prove circa la ricettazione, è indubbio che si tratti di incauto acquisto. Il reato però è stato amnistiato e gli imputati, tranne Ernesto e Vincenzo Foggetti che sono pregiudicati e non possono godere dell’amnistia, se la cavano col proscioglimento in istruttoria.
Vabbè, ma la rissa? È proprio indagando sul furto e seguendo la pista che porta ai Foggetti che gli Agenti di Pubblica Sicurezza vengono casualmente a sapere della rissa e dei nomi di qualcuno che ha visto tutto e quindi è solo per caso che le forze dell’ordine cominciano sotto traccia a contattare i testimoni e man mano a ricostruire gli eventi della sera del 20 dicembre 1943 e poi, interrogando tutti i partecipanti, ottengono qualche confessione e denunciano tutti all’Autorità Giudiziaria.
Quando le carte arrivano in mano ai Magistrati e convocano i partecipanti alla rissa per la conferma degli interrogatori resi in Questura, chi aveva confessato, come per esempio Vincenzo Foggetti, ritratta, ma la Procura va avanti bollando ogni successiva ritrattazione come manifestamente artifiziosa.
E siccome la storia della rissa è venuta fuori indagando sul furto, la Procura riunisce i due fascicoli e chiede, ottenendolo, il rinvio a giudizio davanti alla Corte di Assise di Cosenza dei 14 imputati complessivamente coinvolti.
La causa si discute il 6 giugno 1945 e l’esito per gli imputati di ricettazione lo abbiamo già letto più sopra. Adesso lasciamo la Corte esprimersi sulla rissa: la difesa Foggetti ha invocato le attenuanti dei motivi di particolare valore morale e della provocazione. La richiesta è infondata perché Foggetti Ernesto e Vincenzo non presero parte alla rissa per qualche sentimento verso la madre, ma per lo sfogo di rancore contro Perfetti. La colpevolezza di Carelli Giuseppe è palmare in base a quanto spassionatamente ha precisato Caliò Rosina e al fatto che ha risarcito il danno alla Caliò prima del giudizio e per la qual cosa l’alibi spiegato a favore dell’imputato in udienza da tre testimoni compiacenti è inattendibile, né si può parlare di difesa legittima o provocazione, giusto quanto ha affermato la Corte Suprema in materia di rissa. Sussiste nella Caliò lo sfregio permanente del viso, in considerazione della cicatrice, arcuata e irregolare, a partire dall’angolo labiale sinistro fino a metà del mascellare inferiore, onde alterazione dell’armonia del viso. La colpevolezza di Foggetti Vincenzo non può mettersi in dubbio, avendo egli confessato il fatto davanti l’autorità di P.S., quindi la sua ritrattazione successiva appare manifestamente artificiosa. Egli, fermato dagli Agenti, si qualificò per Mazzei Emilio. La Corte, in considerazione delle conseguenze dei reati, delle circostanze e del modo con cui furono commessi e delle qualità personali di Foggetti Ernesto e Vincenzo (pregiudicati) e di Carelli Giuseppe (latitante), ritiene non dover applicare le attenuanti generiche. Va dichiarato non doversi procedere nei confronti di Foggetti Alfredo, Perfetti, Marsico, Caliò, Carelli Francesco e Gaudio per il delitto di partecipazione a rissa perché estinto per amnistia.
La pena da infliggere a Carelli Giuseppe per il delitto di sfregio in danno di Caliò Rosina è quella di anni 4 e giorni 10 di reclusione. Stimasi giusto condannare, date le modalità del fatto, Ernesto e Vincenzo Foggetti ad anni 2 di reclusione ciascuno per la partecipazione a rissa, a mesi 3 ciascuno per incauto acquisto ed a mesi 8 di arresto ciascuno per porto di armi per le quali non è ammessa la licenza. Inoltre, Foggetti Vincenzo va condannato a mesi 6 di reclusione, come colpevole del delitto di falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale sulle proprie generalità. Per tutti le spese e le pene accessorie.
Il 28 febbraio 1947 la Suprema Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi presentati dai fratelli Foggetti.[1]
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.