I COGNATI E LA GELOSIA PER LA SERVA

La mattina del 31 gennaio 1897 nella chiesa della contrada Cannavali di Aiello Calabro si sta tenendo una funzione funebre. Tutte le donne sono in chiesa e molti uomini aspettano sul sagrato, divisi in gruppetti, la fine della messa. Quando la campana comincia ad emettere i lenti e cadenzati rintocchi che annunciano la fine della funzione, Fortunato Rossi, Nicola Falsetti ed Antonio Mollame si avvicinano al ventunenne Nicola Marrelli e gli sussurrano:

– Vedi che tuo cognato Gaspare ti sta cercando con intenzioni ostili, è meglio che te ne torni subito a casa…

– E perché me ne dovrei andare? Non ho paura di lui!

I tre amici insistono, ma davanti ai ripetuti rifiuti di Nicola pensano bene di entrare in chiesa e chiedere al parroco, don Lucio Caferri, di accompagnarlo a casa per evitare problemi. Il sacerdote accetta e, preso sottobraccio Marrelli, che non vuole saperne di andarsene, con un tono che non ammette repliche gli dice:

Andiamo a casa tua!

I due si incamminano ma, fatti pochi passi, vedono il ventenne Gaspare Vecchio, il cognato di Nicola, che fa capolino da dietro un albero di castagno posto davanti a loro al lato della strada e qualcosa che luccica all’altezza della sua mano destra. Non appena alza il braccio è del tutto evidente che il luccichio proviene dalla canna di una pistola pronta a sparare. Allora Nicola, approfittando del fatto che ha di fianco sua zia Rosaria Pagliaro, si nasconde dietro di lei facendosene scudo e avanza verso l’avversario. Rosaria, che trema per la paura, davanti e Nicola dietro, che la tiene stretta per le spalle, arrivano all’altezza del castagno ed a questo punto spinge la zia di lato e impugna la sua rivoltella lanciandosi addosso al cognato. Armi in pugno i due si azzuffano, poi parte un colpo di pistola che ferisce Nicola all’addome, ma l’adrenalina nelle vene scorre a litri e non sente dolore, così spara a sua volta due colpi contro il cognato senza colpirlo, dandogli così il tempo di allontanarsi di qualche metro, poi gli spara ancora un colpo, anche questo a vuoto. Il parapiglia ha fatto sì che diverse persone, tra le quali Gaetano Vecchio, padre di Gaspare e suocero di Nicola, accorrano sul posto e i due vengono disarmati e accompagnati a forza nelle rispettive case ma, mentre Nicola è costretto a letto per la ferita, Gaspare si allontana per non essere arrestato.

Il Brigadiere Vincenzo Valdenasi, comandante la stazione dei Carabinieri di Aiello Calabro, arriva sul posto con i suoi uomini nel primo pomeriggio e comincia le indagini ricostruendo sommariamente l’accaduto come lo abbiamo letto, continuando poi con la perquisizione della casa di Nicola Marrelli dove sequestra la rivoltella detenuta abusivamente e infine interrogando il ferito per sentire dalla sua voce il perché della sparatoria:

Quindici giorni fa vennero a Cannavali da Martirano Girolamo Schiavo con Pietro Plastina e un’altra persona colà residenti e si recarono in casa di mio suocero per trattare il futuro matrimonio tra mio cognato Gaspare e Saveria Schiavo. Mio suocero mi invitò ad andare a casa sua con mia moglie per fare la cena. La sera successiva, verso le sette, ci trovammo sulle scale della casa di mio suocero io, mia moglie ed Angela Mollame, moglie di Antonio Sbano, ora in carcere a Orvieto, che convive con la famiglia di mio suocero come domestica, quando sopraggiunse mio cognato Gaspare, che si fermò con noi. Poco dopo io, mia moglie e Gaspare entrammo nella stanza dove erano gli altri invitati, mentre Angela Mollame rimaneva sulle scale. Dopo alquante ore mia moglie, colto il destro di parlarmi, mi disse che Gaspare aveva percosso Angela pel motivo che io avessi toccato le membra di lei a scopo illecito, il che non è vero. Quella sera Gaspare fece l’indifferente con me ed in seguito manifestò a Nicola Falsetti e Carmine Perri che io avevo palpato Angela. Martedì passato mio cognato Gaspare venne in casa mia e, fatta uscire mia moglie, incominciò a maltrattarmi, dando pugni sul tavolo per farmi capire che io avevo avuto relazioni con la Mollame. Io cercai di persuaderlo facendogli comprendere che non avrei potuto mai avere l’animo di giacere in concubito con Angela sia perché era in casa di mio suocero e sia perché sono a lei legato da Sangiovanni. Gaspare non voleva persuadersi e mi minacciava, tanto che fui costretto a metterlo fuori la porta. Allora si fece in prossimità della vicina sua abitazione ed esplose contro la mia casa otto o dieci colpi di rivoltella. Dopo, essendomi io recato nel fondo denominato “Sotto del Cavallo”, Gaspare mi veniva in cerca e fu visto da Fortunata Bozzo e Carmine Perri, che poi mi venne a dire che mio cognato mi voleva assaltare. Ieri mattina verso le dieci mi recai in chiesa e nello spiazzale trovai Gaspare, il quale incominciò a guardarmi ruminando coi denti. Io entrai in chiesa e Fortunato Rossi e Carmine Nigro mi dissero che non era prudente passare per la via davanti la casa di mio cognato pel motivo che mi sarei inquietato con lui. Io risposi che non era possibile alcuna quistione perché non gli avevo fatto nulla. Finita la messa si unì a me il sacerdote Lucio Caferri per accompagnarmi a casa. Nel frattempo Gaspare usciva da casa sua con una rivoltella in mano e mi si fece incontro. Arrivato in prossimità del castagno che si trova sulla via, Gaspare, tenendo impugnata la rivoltella, disse “largo, largo!” e allora io trassi la mia rivoltella per difendermi. In quel mentre credetti di farmi scudo di mia zia Rosaria Pagliaro, che spinsi avanti per arrivare al castagno, dove volevo nascondermi. Colà arrivato, Gaspare, ch’era alla parte inferiore, mi esplose a bruciapelo un colpo di rivoltella che mi ferì all’addome. Allora io esplosi due o tre colpi, tanto per farlo fuggire. Sparandomi, mio cognato ha voluto far credere che io avessi avuto delle illecite relazioni con la Mollame, mentre si sa che tali relazioni le ha tenute lui…

Visitato ed osservati i caratteri della ferita, i medici incaricati della perizia, dottori Filippo Solimena e Luigi Civitelli, concludono che nessun organo interno è stato leso dal proiettile e Nicola se la caverà, salvo complicazioni, in un mesetto.

Gaspare Vecchio resta latitante fino al 6 aprile e poi, colpito da mandato di cattura per tentato omicidio, si consegna ai Carabinieri di Reggio Calabria e racconta la sua versione dei fatti:

Stavo andando in chiesa per seguire un accompagnamento funebre, quando incontrai mio cognato Nicola Marrelli, che andava a braccetto col cappellano della chiesa. Nicola trasse subito una rivoltella e, malgrado che il cappellano lo trattenesse, con mia sorpresa venne contro di me. Io, allora, per scampare il pericolo, mi nascosi dietro un castagno, ma mio cognato mi sparò i primi due colpi, che mi sfiorarono il petto, e poi mi sparò un terzo colpo alle spalle. Io, vedendo che la mia vita era in pericolo, gli tirai contro un colpo di rivoltella, che lo ferì. La gente accorsa ci divise accompagnando ciascuno alla propria casa

– Marrelli ha dichiarato che lo accusavate di avere avuto illecite relazioni con Angela Mollame, che fa la serva in casa vostra, cosa avete da dire?

Io e mio cognato siamo in uggia per ragioni di interessi e non è vero, quindi, che tra noi fosse sorta certa gelosia per una serva!

Nessun’altra richiesta di chiarimenti ad una versione completamente opposta a quella raccontata dal cognato e sostanzialmente fatta propria dai Carabinieri di Aiello perché sia i colleghi di Reggio Calabria che il Pretore della città, informati molto sommariamente con un telegramma, sanno ancora poco o niente sullo svolgimento dei fatti e su ciò che sarebbe accaduto nei giorni precedenti. Vedremo se e cosa gli contesteranno in seguito quando sarà trasferito a Cosenza.

Intanto vengono interrogati don Lucio Caferri e Rosaria Pagliaro, presenti sul posto, per non dire coinvolti loro malgrado, e quindi capaci di raccontare come si svolse la sparatoria tra i cognati:

Il 31 gennaio, finita la messa, fui chiamato da Fortunato Rossi il quale, a nome di Gaetano Vecchio, mi pregava di accompagnare nella vicina casa e di non lasciarlo solo suo genero Nicola Marrelli, per il motivo che si sarebbe questionato col figlio Gaspare – racconta don Lucio –. Mandai a chiamare Marrelli e gli manifestai il desiderio di andare in sua casa ed in sua compagnia. Mi rispose che la sua casa era sempre aperta per me, ma non avrebbe potuto seguirmi. Insistetti, ma Marrelli si allontanò da me. In seguito Nicola Falsetti e Fortunato Rossi vennero per pregarmi che avessi meco trattenuto Marrelli e accompagnato a casa. Mandai di nuovo a chiamare Marrelli e di nuovo si rifiutò di venire. Allora io, pensai di uscire dalla chiesa con lui e dopo mie vive insistenze e nuovi rifiuti, Marrelli mi ubbidì, tanto più che lo avevo preso per un braccio e lo trascinavo meco. Poi, promettendo di seguirmi, volle le braccia libere e fatti sette od otto passi dalla chiesa verso la strada che porta all’abitazione di Marrelli, usciva dalla sua casa Gaspare Vecchio, ponendosi sulla strada. Appena Vecchio uscì sulla strada, Marrelli tirò la rivoltella; io afferrai l’arma, ma Marrelli si liberò da me facendomi cadere a terra e allora Vecchio tirò la rivoltella e, facendosi scudo con il castagno ch’è sulla via, intimò a Marrelli di non avvicinarsi. Ma Marrelli dal lato destro si avvicinava, mentre Vecchio passava dal lato opposto. Marrelli piegò il braccio in direzione di Vecchio ed esplose un primo colpo, quindi un secondo colpo e mentre i due litiganti cercavano nuove posizioni e nel contempo il Vecchio a nascondersi. Poi entrambi, quasi contemporaneamente, esplosero un colpo ciascuno. In quel mentre giunse Angela Mollame che riuscì ad afferrare le due rivoltelle e subito dopo altre persone e dividemmo i rissanti che intanto, rimasti senza armi, si erano azzuffati e percossi reciprocamente. Poi giunse Gaetano Vecchio il quale, cercando di dividere il figlio ed il genero, afferrò quest’ultimo e gli disse: “birbante, hai ucciso mio figlio!”. Dopo di ciò condussi Marrelli a casa sua e altri accompagnarono Gaspare Vecchio.

– Siete a conoscenza dei motivi per i quali i due cognati sono arrivati a spararsi?

Seppi, circa la causale, che Nicola Marrelli aveva maltrattato in sua casa il cognato Gaspare e che nella sera in cui ciò avveniva, s’intesero diversi colpi di arma da fuoco e la voce di Gaspare Vecchio che diceva: “O armi, armi!”

Sorpresa! Don Lucio racconta quasi esattamente ciò che sostiene Gaspare Vecchio, non colloca Rosaria Pagliaro sulla scena davanti a Marrelli e attribuisce ad Angela Mollame, una serva, il merito di avere disarmato i due contendenti! Ci sarebbe da chiedersi come mai una serva ha questa confidenza con quelli che potrebbero essere considerati i suoi padroni o quasi. Ma vediamo cosa dice Rosaria Pagliaro al Pretore:

All’uscita dalla messa vidi Gaspare Vecchio che si faceva sulla strada armato di rivoltella, gridando: “ferma, ferma!”. Avendo visto Nicola Marrelli col parroco, mi feci davanti a Marrelli per salvaguardarlo, però i due litiganti riuscirono a farsi presso il castagno e colà, affacciandosi ora da un lato ed ora dall’altro del castagno, si puntarono colle armi. Gaspare sparò per primo un colpo e Nicola dopo ne sparò due o tre. Nicola rimase ferito e ai colpi accorse con altre persone Gaetano Vecchio il quale, credendo che suo figlio fosse rimasto ucciso, afferrò per la testa Nicola Marrelli. In seguito a ciò i litiganti furono divisi e condotti nelle rispettive case.

Possibile che don Lucio non vide Rosaria e che Rosaria vide tutto il contrario di ciò che vide don Lucio? Chi dei due sta mentendo? Arrivati a questo punto è il caso di metterli a confronto per cercare di chiarire i fatti.

Don Lucio Caferri: come mai voi, o Rosaria Pagliaro, asserite che il Vecchio Gaspare per il primo esplose un colpo di rivoltella, mentre fu Marrelli il primo ad esploderne due, ai quali solo in seguito successero altri due colpi, uno esploso da Marrelli e l’altro da Vecchio e questi secondi colpi chi ne esplose il primo non lo possiamo constatare poiché si sentirono quasi contemporaneamente, ma i primi due con certezza furono esplosi da Marrelli e ciò ci consta non solo perché fummo spettatori della rissa dal principio, ma anche perché lo stesso Marrelli lo ha confermato.

Rosaria Pagliaro: io vidi Marrelli e Vecchio venire alle brighe fra loro ma non vidi chi fu il primo a sparare e forse mi espressi male nella mia dichiarazione

Ecco, tutto risolto, ci aveva provato per favorire il nipote.

L’istruttoria può dirsi conclusa e la Procura presenta le sue richieste: modificata la rubrica, chiede che siano mandati al giudizio del Tribunale Penale di Cosenza Vecchio Gaspare per rispondere di lesione volontaria prodotta con arma da fuoco, nonché di porto abusivo di rivoltella e Marrelli Nicola per rispondere di mancata lesione volontaria con arma da fuoco, nonché di porto abusivo di rivoltella.

La richiesta viene accolta e la causa si discute il 5 luglio 1897. Il Collegio Giudicante, letti gli atti ed ascoltati i testimoni e le parti, dichiara Nicola Marrelli responsabile di mancata lesione con arma da fuoco e porto abusivo di rivoltella e lo condanna a giorni 45 di reclusione, oltre alle spese e alle pene accessorie; dichiara Gaspare Vecchio esente da pena pel delitto di lesioni a lui attribuita per esservi stato costretto dalla necessità di respingere da sé una violenza attuale ed ingiusta; lo ritiene però responsabile del porto abusivo di rivoltella e lo condanna a giorni 25 di arresti, oltre alle spese e alle pene accessorie.[1]

Sarebbe tutto davvero chiaro se il Collegio avesse spiegato le ragioni del contrasto tra i due cognati, se, cioè, per motivi di gelosia come sosteneva Nicola Marrelli o, al contrario, per motivi di interesse come sosteneva Gaspare Vecchio. La cosa più importante, però, è che nessuno si è fatto male seriamente.

[1] ASCS, Processi Penali.