VINO E BOTTE OGNI GIORNO

Sono circa le 17,30 del 6 luglio 1915 quando il trentacinquenne sarto (e pluripregiudicato) Eugenio De Paola rientra a casa, in via Martirano 25 a Cosenza, completamente ubriaco come spesso gli capita, e comincia senza motivo a picchiare, anche questa è una sua costante, sua madre e sua sorella Adelina. Prima un pugno in faccia alla madre e poi un colpo con un pezzo di legno sulla fronte della sorella ed il sangue comincia a gocciolare sul pavimento e le urla di terrore delle due donne rimbombano sull’annoiato e sudaticcio andirivieni della strada.

Due militari stanno passando da lì e si fermano ad ascoltare le bestemmie, le minacce e le urla che provengono da una delle finestre aperte del primo piano. Poi una donna con il viso coperto di sangue, è Adelina, si affaccia urlando, guarda verso l’interno, urla, sale sul davanzale e si butta giù. I due militari, Bonaventura Sartù e Giovanni Del Buono, si lanciano verso Adelina e riescono ad afferrarla al volo prima che si schianti a terra dopo il volo di circa 4 metri. È incolume, è andata bene.

Adelina, lasciando stupiti i due militari, rientra nel fabbricato e sale di corsa le scale. No, non è tornata a casa sua, ma cerca riparo in casa della vicina, Giovanna Orrico Ragonesi, dove si è rifugiata anche sua madre, lasciando Eugenio a sfasciare tutto in casa e lanciare quello che gli viene tra le mani dalla finestra.

– De Paola, smettila e scendi a parlare con me! – la voce del Delegato di Polizia Raffaello Roberti, attorniato da quattro Agenti, è chiara e decisa. Eugenio, affacciato alla finestra, lo guarda con arroganza e con lo stesso tono risponde:

Io non scendo! Se siete buoni a salire sopra, salite ché ce la vedremo!

Roberti sceglie la strada della prudenza e temporeggia per farlo calmare, parlandogli paternamente per un quarto d’ora, mentre Eugenio continua a lanciare di tutto dalla finestra. Poi sembra calmarsi e accetta di scendere. Gli Agenti lo aspettano nell’androne per arrestarlo e quando arriva nel locale, il Brigadiere Ciro De Pasquale e l’Agente Rosario Torrini gli vanno incontro per ammanettarlo, ma devono mettersi al riparo perché Eugenio comincia a lanciargli contro pezzi di legno e barattoli di latta. Quando finisce le “munizioni” De Pasquale e Torrini gli si buttano addosso, riescono a bloccarlo e con gli altri lo portano in Questura.

– Ma cosa ti è saltato in mente? Tua sorella si è dovuta buttare dalla finestra! – gli fa il Delegato Roberti.

Non mi ricordo nulla… – risponde Eugenio scuotendo la testa.

– Stavolta hai esagerato!

Non mi ricordo nulla

La sorella e la madre vengono convocate in Procura per redigere la querela contro Eugenio, ma entrambe rifiutano e lo giustificano:

Mio fratello è un povero ammalato, nevrastenico, e specie quando beve un po’ di vino, che assolutamente gli è stato vietato, diventa permaloso ed irascibile per un nonnulla e così è stato che ieri, ritiratosi a casa ubriaco verso le cinque e mezza del pomeriggio, cominciò a dare in escandescenze ed io ebbi paura e mi buttai dalla finestra, senza però farmi male perché molto bassa.

Il Procuratore la guarda sorridendo ironicamente poi le chiede:

– E quelle ferite sulla fronte?

– Ah! Le ferite si devono all’azione di un paletto di legno che mi contendevo con mia madre

– Signorina, dovete essere più precisa nelle risposte e, soprattutto, dovete dire la verità su quello che è successo, cioè che è stato vostro fratello a ferirvi e vi consiglio vivamente, perché ciò non accada più in futuro, di sporgere querela!

Mio fratello non mi colpì in alcun modo ed io non ho da fare alcuna istanza contro di lui!

– Va bene, potete accomodarvi fuori – la congeda scuotendo la testa, poi fa entrare la madre:

Non sussiste che mio figlio mi maltratti in continuazione e maltratti anche la sorella. La piccola scenata di ieri fu dovuta ad un po’ di vino che egli bevve per cui, rincasando e mettendosi a gridare, la sorella ebbe paura e si buttò dalla finestra, senza farsi male perché bassa.

– E quell’occhio nero come ve lo siete fatto?

È dovuto ad una caduta che feci nella confusione del momento, quando volevo accorrere per impedire l’atto di mia figlia e per calmare Eugenio, che non so cosa volesse in quel momento, mentre gridava e si scalmanava come un pazzo. Non devo tacere che egli è un povero ammalato di nervi, per cui molto gli va compatito e perdonato

– Volete sporgere querela?

Non ho da fare istanze contro di lui.

Pazienza, c’è sempre la resistenza a Pubblico Ufficiale e comunque bisogna verificare, attraverso l’esecuzione di perizie mediche, l’entità, le cause e l’avvenuta guarigione delle lesioni riportate dalle due donne, perché potrebbe esserci la possibilità di procedere d’ufficio.

La lesione riportata da Fabiani Marianna (la madre. Nda) può essere stata prodotta da colpo di bastone o da pugno o da qualsiasi altro corpo contundente ed è guarita in giorni 14 completi e non ha apportato incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, né reliquato di sorta.

Le cinque ferite sul frontale sinistro, interessanti la cute, riportate da De Paola Adelina sul frontale sinistro, di cui una lacero contusa, sono state indubbiamente prodotte da arma da taglio e sono guarite in giorni 10 completi, senza incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni e senza reliquato di sorta.

A certificarlo è il perito, dottor Michele Perris. Si può procedere d’ufficio. Eugenio De Paola viene rinviato al giudizio del Tribunale Penale di Cosenza e la causa si discute il 24 agosto 1915.

Letti gli atti ed ascoltati i testimoni e le parti, il Collegio Giudicante ritiene l’imputato colpevole di lesioni volontarie e resistenza a Pubblico Ufficiale e lo condanna a mesi 4 e giorni 10 di reclusione, oltre alle spese. Danni da pagare non ce ne sono perché la madre e la sorella non si sono costituite parte civile.[1]

[1] ASCS, Processi Penali.