LAURETTA

È il 4 dicembre 1903. A Belvedere Marittimo splende il sole e alcuni adolescenti ne approfittano per giocare a bocce nella via principale del paese. Uno di questi, Daniele, vista uscire dalla bottega di mastro Ciccio il sarto la ventiquattrenne Lauretta Bisignano, una giovane orfana di padre e con seri problemi cognitivi, mezzo discinta che si riaggiusta le vesti lungo la via, le chiede in tono scherzoso:

– Che sei andata a fare da mastro Ciccio?

Che t’interessa, faccia gialla? Va piglialu ‘nculu! – gli risponde.

La cosa a Daniele puzza, così racconta l’accaduto ai familiari, che subito avvisano la madre di Lauretta.

Maria non dà troppa importanza al fatto perché Lauretta, a causa della sua malattia, è solita entrare in tutte le case del paese per chiedere qualcosa da mangiare e quasi tutti l’accontentano, non fosse altro che per togliersela di torno. Passano un paio di mesi e Maria nota che a Lauretta non sono venute le mestruazioni, ma neanche a questo dà importanza, credendo che sia qualche nuova conseguenza della malattia della figlia. Però è costretta a dubitare che si tratti di un sintomo della malattia quando, nella seconda metà di giugno, la pancia di Lauretta comincia a ingrossarsi, così come si inturgidisce il seno. Decide di praticare un rudimentale esperimento spremendole i capezzoli circondati da una larga areola brunastra e quando vede uscire del siero è costretta a ricredersi: Lauretta è indubitabilmente incinta!

– Che ti hanno fatto? Chi è stato? – le chiede insistentemente, ma Lauretta sembra più assente del solito e non capisce, ma dopo il molto penare della madre e parecchi ceffoni riesce a mimare scene scabrose. E Lauretta, nella sua innocenza, le fa capire che è stato mastro Ciccio il sarto. Pensa che ti ripensa a cosa fare, dopo due settimane Maria si decide a querelare il sarto e racconta al Pretore:

Mia figlia Lauretta, sventuratamente, fin dalla nascita è affetta da idiozia, per modo che è irresponsabile dei propri atti ed incapace di resistere agli inganni altrui. Il sarto, profittando dello stato di mente di questa povera infelice, la chiamò in casa sua ed ivi con lei si congiunse carnalmente e da tale amplesso la mia figliola rimase incinta.

Il Pretore prova ad interrogare ripetutamente Lauretta, che si agita tenendo le mani sulla testa con un sorriso da ebete e non risponde. Poi a fatica fa capire:

– Mastro Ciccio mi chiamò e mi disse “Quando cambio i denari te li darò”. Io entrai, egli mi mise sul letto e si mise sopra di me

Bisogna sottoporla a perizia ginecologica che, oltre a confermare la gravidanza all’inizio del settimo mese, accerta che ha usato parecchie volte il coito. La domanda potrebbe essere: è stata violentata da una sola persona più volte o più persone l’hanno abusata nel tempo? Ma è una domanda impossibile da porre perché l’unica a poter rispondere sarebbe Lauretta, che non è in grado di farlo. Allora il Pretore prova a chiedere al perito, dottor Giuseppe Spinelli, se, secondo le sue conoscenze, Lauretta sia affetta da malattia di mente tale da non essere in grado di resistere a persona che con lei volesse congiungersi carnalmente. Spinelli risponde offrendosi di sottoporre la giovane a perizia psichiatrica e il Pretore gli affida l’incarico, da portare a termine entro un paio di mesi, e il Magistrato decide che ne attenderà gli esiti prima di interrogare il sarto.

Nel frattempo, tra una visita e l’altra del dottor Spinelli, Lauretta, dimostrandosi più decisa e intraprendente che mai, va in giro per il paese dicendo di essere stata disonorata da mastro Ciccio e andando picchiare sulla porta della bottega o a lanciarvi sassi contro esclamando “Apri che ti debbo ammazzare perché mi hai tolto l’onore!”, senza che il sarto dia segni di vita dall’interno.

Poi arriva la tanto attesa perizia, lunga 96 facciate, e le condizioni, sia di vita che psichica, di Lauretta risultano essere terribili e per arrivare a descriverle ha praticamente convissuto con l’intera famiglia, studiandola ed esaminandola a fondo. Le parole di Spinelli sono spietate e crudeli:

Un semplice sguardo su quanto ho raccolto intorno alla famiglia della perizianda basta a dimostrare che ci occupiamo di una discreta collezione di degenerati, imbecilli e deboli di mente, fra i quali qualcuno rappresenta l’ultimo gradino della specie umana, accostandosi all’essere bruto, conservando solo la favella e le forme fisiche dell’uomo.

Queste creature, profondamente degradate, sciocche, lacere, oziose, deboli, divoratrici, si sparpagliano al mattino per il paese e le campagne, senza direzione, elemosinando; rientrano in casa a mezzogiorno per ingoiare qualsiasi cibo loro si presenti o amaro o inacidito o ammuffito purché sia abbondante e sufficiente a riempire il ventricolo. Dopo il pasto si sbandano ancora fino a notte inoltrata. La povera mamma fa quanto può per ripulirle, vestirle ed apprestare loro il desco, passando il giorno in preoccupazione e ricerche. Sull’annottare, qual mandriano, anch’ella è in giro per raccogliere e ricondurre all’ovile il suo branco disperso.

Indubbiamente è un bel piacere il convivere ad intimo contatto con simili creature!

“Financo la notte io passo insonne” – dice la infelice donna, intelligente ed attiva – e nella mia stanza, unica stanza, si ride, si piange, si litiga tutta la notte! Chi non vuol coricarsi, chi vestito si butta per terra, chi da calci e tormenta il compagno di letto, chi apre le finestre o la porta e canta con quanta forza ha in gola! Maledetta la mia esistenza, anch’io sono inebetita fra i miei cretini”.

A che cosa è dovuta l’origine di tanto danno? Un simile disordine intellettivo? È un chiaro esempio di labe ereditaria, altrimenti non si potrebbe spiegare come un’intera famiglia sia stata colpita da degenerazione mentale grave, quella che è più prossima all’estinzione della razza. È anche vero che, fra i nostri dieci poveri di mente, tre furono colti nello sviluppo da cerebropatie, mentre due altri morirono in tenera età. nel nostro caso, quindi, in alcuni della famiglia si tratta di arresto completo di sviluppo cerebrale ed in altri di formazione insufficiente ed anomala della personalità con pervertimento originario del tipo psichico normale.

Descritti i caratteri familiari, Spinelli passa all’esamine di Lauretta:

Nacque da parto normale e nessuna malattia si verificò durante la prima infanzia, tranne un lieve attacco morbilloso, che scomparve presto non lasciando postumo alcuno. Non si notarono ritardi di sviluppo somatico o intellettivo; la parola, la dentizione, il cammino vennero a tempo e, bambina, crebbe robusta, di belle forme, svelta in modo da lasciar sperare che, per eccezione, si sarebbe scostata dagli altri germani, tutti sventuratamente affetti da insufficienza intellettiva. Ben presto, però, la delusione cominciò a farsi strada nell’animo della mamma sua, che profondamente se ne accorò, mentre il padre rimase quasi indifferente a quanto di sinistro succedeva intorno a lui. La povera mamma dà speciale importanza ad un’isolata convulsione epilettica, dalla quale la bambina fu colta, in perfetta salute, nel settimo anno, quando si trovava a scendere una scala. Senza sdrucciolare, improvvisamente cadde in preda a forti convulsioni, cacciando dalla bocca una quantità di bava schiumosa e bianca. L’incoscienza perdurò per parecchi tempo dopo cessato l’attacco convulsivo, ma simile accidente non si è mai più ripetuto, neppure in modo leggiero. Nessun’altra malattia, nessuna causa esauriente, nessun trauma di qualche importanza si rintracciano nella storia, come pure ella non si trovò mai in miseria tale d’alimentarsi in modo insufficiente. La mamma ritiene, lo ripeto, che dopo quell’attacco epilettico cominciò a notare nella figlia sempre più crescente il vizio intellettivo. Così lo scoraggiamento crebbe e la fanciulla fu abbandonata alla propria sorte ed in balìa della progressiva infermità di mente. Verso il dodicesimo anno di età cominciarono a verificarsi periodi di apatia, di rilevante torpore con abbattimento e tendenza malinconica, per cui la si doveva, al mattino, tirare a viva forza dal letto, vestirla, lavarla e pulirla. Rimaneva seduta per intere giornate in un angolo di casa, sulla soglia della porta, muta ed inerte; bisognava invitarla più volte al desco, quasi che neppure la fame la stimolasse. A tali periodi, verificatisi ogni due o tre mesi quasi costantemente, succedevano altri di eccitabilità morbosa, durante i quali l’inferma era tormentata da insonnia ostinata e da prepotente bisogno di muoversi, parlare, pulirsi, per cui era inquieta, tanto impertinente da ribellarsi ai più forti richiami della mamma e, disordinata, tutto in casa metteva sossopra. Diventava loquace, con parola facile, organizzata ma inconcludente, con gesto attivo e incoordinato. Si levava per tempo lavandosi la faccia, le gambe tre o quattro volte di seguito, consumando molto sapone. Dopo essere stata pettinata, indossava due, tre vestiti uno sull’altro; cercava ornarsi con oggetti d’oro e nastri e così imbavagliata, in modo sciocco e goffo, usciva di casa gironzolando tutto il giorno pel vicinato e pel paese. Spuntò pure la tendenza al furto di piccoli oggetti, qualcuno di valore, che la mamma restituiva. A 16 anni era già fisicamente ben sviluppata, di ottima salute, di belle forme, con viso roseo e piacente; si presentarono allora le mestruazioni e con esse, dice la mamma, ingigantì tanto il male, da arrecare disturbo al vicinato ed al paese. Poco dopo si affacciò la tendenza all’erotismo ed allora divenne impudica, lasciva, oscena ad ogni piccolo ostacolo alla sua foga sessuale. Ha tanti amanti, sposi e marito; ne cangia uno ogni mese, se li sceglie fra i migliori del paese e più piacenti; racconta in pubblico le ore passate in tripudio e le ore del futuro matrimonio. Nella notte cerca fiori e nastri che, quale sposa, attacca ai capelli; canta e addormenta il figlio che si è formata con degli stracci e passa così così le ore insonni, facendo e disfacendo bambocci. Canta dal balcone, al chiaro di luna, i suoi amori, anche nelle notti piovose e consola il vicinato, che ansioso aspetta il momento fortunato in cui potrà liberarsi da simile molestia. Così la malattia, peggiorando ancor più, è cresciuta fino allo stato attuale. Al periodo di smania, diventato più lungo, subentra quello d’ebetismo assoluto, di esaurimento nervoso: sporca, inerte e muta passa il giorno in completo abbandono, seduta al poggiolo o in un angolo della casa. Bisogna porgerle il pasto, che non chiede, e lo ingoia o amaro o dolce o acido o putrido, comunque esso sia. Dorme, dorme continuamente anche di giorno.

Scoperta la gravidanza cominciarono le ricerche per scovare l’autore e alla poveretta rimproveri, minacce, imprecazioni, maltrattamenti, incessanti domande che, senza volerlo, diventarono suggestive perché fatte in modo inopportuno e sfavorevole ad ottenere quello spiraglio che ad una mente tanto povera avrebbe potuto aprire alla scoverta della verità. Dopo il parto è diventata spesso furiosa al massimo grado, pericolosa per le tendenze all’incendio, nuova e recente manifestazione; lasciva e scandalosa fino a scovrirsi i genitali in pubblica via. Vuole ad ogni costo il proprio neonato, dato a balia, e si percuote, strepita, scappa di casa e lo va a cercare per il paese e per le campagne. Dopo quindici giorni circa si mostra assai diversa: ridesta, loquace, discretamente attiva, quasi che si risvegliassero in lei facoltà assopite, rammenta parecchie cose, ma con lacune ed inesattezze.

Poi Spinelli passa alle conclusioni: tra i due stati di apatia e di eccitazione ve n’è un terzo di passaggio, che suol precedere di pochi giorni quello di eccitazione e che mi piace chiamare di semi – ebetudine o di assenza. L’inferma parla pochissimo, ubbidisce ciecamente, è del tutto passiva ed incosciente, per niente impressionabile e nulla ricorda di quel che fa o dice. È proprio questo il periodo in cui la Lauretta fu sorpresa e stuprata. Certo ella, prima o dopo che rimanesse incinta ebbe parecchie congiunzioni carnali, ma tali congiunzioni si verificarono quando ogni attività psichica era in lei spenta, quando era strumento docile fra le mani di chi volle abusarne; in contrario non si sarebbe prestata ai molteplici e libidinosi accoppiamenti od avrebbe subito svelato in piazza il nome del suo degno compagno d’amore. Per quanto ho detto, giudico che debba escludersi il discernimento e la libera determinazione della volontà e che, perciò, ella rimase completamente passiva all’atto del coito che la rese incinta e fu incapace di resistere alle voglie altrui. Giudico che quanto ella ora dice intorno alle proprie relazioni carnali è semplicemente ripetizione automatica di ciò che ha sentito ripetere intorno a lei o le sia stato più volte suggerito. Pertanto, nessun peso o credito può darsi alle asserzioni di lei.

Se, secondo le osservazioni del dottor Spinelli, non si può prestare fede alle parole di Lauretta, è possibile che il quarantunenne sarto non c’entri niente in questo schifoso affare, ma è arrivato il momento di interrogarlo:

Nego l’imputazione ascrittami. La Lauretta è un’ebete la quale suole attribuire al primo venuto la violazione di cui è stata vittima. Io, fin da quando son venuto a stabilirmi a Belvedere, cioè fin dal 1891, ho tenuto negozio e casa d’abitazione nella strada principale e più frequentata di Belvedere. Di fronte a me fu per nove o dieci anni una cantina; alla destra della mia casa è la farmacia del signor Spina e poi il salone tenuto dagli zii di Lauretta. La mia sartoria è sempre frequentata da dieci o dodici apprendisti. Io sono una persona seria e di una certa età e ho dimostrato sempre ottima condotta e moralità. Non sono mai stato capace di commettere azioni simili a quella che mi si addebita. Quindi, anche se avessi voluto commettere un’azione così turpe, me ne sarei astenuto anche per non venire scoperto da tutti. Ho i testimoni che possono affermare che la madre della Lauretta la incitava ad accusare me quale autore della violenza carnale e di non nominare le altre persone che soleva nominare. Ho altri testimoni che possono dire che, essendosi saputo della denunzia fatta in Pretura e avendole chiesto se fossi stato io a violarla, la ragazza rispose: “Mastro Ciccio non sarebbe tanto stupido da mettersi con me”. Sopraggiunta la madre le mise una mano in bocca e trascinandola per i capelli le disse: “Puttana fricata, vieni a casa che con questo forestieraccio cornuto me la vedo io!”.

Per quanto affermato dal dottor Spinelli, è difficile, se non impossibile, credere che Lauretta sia stata capace di affermare ciò che le attribuisce il sarto e, comunque, è da considerare inattendibile. Vedremo.

Non se ne esce, i testimoni sono divisi tra chi sostiene di avere sentito Lauretta accusare solo il sarto e chi l’avrebbe sentita accusare a turno il dottor Spinelli, il Capo Stazione, le Guardie di Finanza e mastro Ciccio, ma solo dopo essere stata picchiata e minacciata dai familiari.

Il sigillo dell’estraneità a questa bruttissima storia di mastro Francesco Panfile lo mette il Brigadiere Francesco De Sabato, comandante la stazione di Belvedere Marittimo, che riferisce al Pretore:

– Mastro Ciccio è un giovane per bene, è il miglior sarto del paese e ha un laboratorio sito in un punto centralissimo del paese, frequentato in tutte le ore del giorno da persone di ogni ceto. Nel suo laboratorio c’è quasi sempre gente, oltre i vari apprendisti che quotidianamente attendono ai lavori da sarto.

Quindi è materialmente impossibile che la violenza sia stata consumata o nel laboratorio o in casa del sarto, ma i familiari di Lauretta insistono nella querela citando nuovi testimoni. Il Pubblico Ministero, però, non dà loro credito e chiede il non luogo a procedere contro il sarto per insufficienza di indizi. Il 22 marzo 1905 la Camera di Consiglio del Tribunale di Cosenza accoglie la richiesta e mette la parola fine a tutto.[1]

Intanto Lauretta è stata internata nel manicomio di Nocera Inferiore e non può più girare libera per il paese e le campagne, come non può più cantare di notte alla luna. Starà certamente peggio e la responsabilità è dei tanti bastardi, perché è chiaro che sono stati in tanti, che si sono approfittati della sua condizione, usandola come un oggetto per il loro piacere.

[1] ASCS, Processi Penali.