LA LADRA DI MINESTRE

È la mattina del 3 settembre 1926 quando un Carabiniere si presenta nell’ufficio del Pretore di Grimaldi e gli consegna una busta chiusa.

– Cos’è?

– Un telegramma a mano del comandante – risponde il militare battendo i tacchi e mettendosi sull’attenti.

– Grazie, potete andare.

Rimasto da solo il Pretore apre la busta e legge:

Ieri ore 17 Rocchetti Francesco anni 16 et Bruno Bossio Antonio anni 25 entrambi Grimaldi denunziavano questa arma che pascolando armenti porcini sito sotto contrada Petrara proprietà Iachetta Maria rinvenivano resti cadavere umano Stop Recatosi sul luogo sottoscritto et due dipendenti constatò trattarsi di un teschio umano et due ossa probabilmente arti inferiori tracce capelli donna et brandelli vesti facilmente appartenenti certa Iachetta Maria non veduta circa 15 giorni Stop Resti cadavere piantonati fino arrivo SV per urgenti provvedimenti legge Stop Continuiamo indagini onde stabilire se trattasi di delitto ovvero disgrazia et identificare bene cadavere Stop Segue rapporto Stop

Vice Brigadiere a piedi

Comandante Int. La Stazione

Umberto Musolino

Con una smorfia di disappunto il Pretore esce e va sul posto a fare i rilievi del caso: In detta contrada Petrara, a monte di un torrente detto Battendieri e precisamente nella località appartenente a Iachetta Anna, località piana sulla quale si eleva una rupe rocciosa volta ad oriente. Sopra la rupe àvvi una zona di terra assai inclinata e vi sono cinque fichi aventi frutti acerbi e un olivo. Sul ciglio di essa vi sono delle querce, sul primo scaglione della rupe si è rinvenuto il fazzoletto copricapo e poco distante da esso, lateralmente a destra di chi sale, vi è una macchia bruniccia che potrebbe essere stata di sangue. Alla parte estrema della località piana rinveniamo un teschio e due femori perfettamente spolpati e nudi di carne, capelli sparsi, lunghi circa dieci centimetri, prevalentemente bianchi ed indumenti consistenti in due gonne, due corpetti, un fazzoletto copricapo ed un cencio. Il teschio, senza mandibole, presenta alla parte frontale destra un’apparente lesione circolare di due centimetri circa di diametro, con uno sprofondamento di circa centimetri uno. La capanna ove la Iachetta abitava, e che si trova alla distanza di oltre duecento metri dai resti, non presenta disordine. Poi fa osservare i poveri resti ad alcuni contadini che lavorano nei paraggi e questi dai capelli e dagli indumenti dicono che si tratta proprio della cinquantanovenne Anna Iachetta (e non Maria come scritto dai Carabinieri).

Sarà difficile da un teschio e due femori stabilire la causa e la data della morte, ma sulla parte frontale destra del teschio la lesione descritta dal Pretore e questo dà l’opportunità di effettuare una perizia per cercare di stabilire come e quando potrebbe essere stata prodotta. Dopo otto giorni, l’11 settembre, arrivano i risultati della perizia: la morte, avvenuta circa venti giorni prima, è dovuta a commozione cerebrale ed emorragia endocranica, nonché a lesioni di organi vitali, probabilmente ad opera di più persone. Il Pretore è scettico e, nel comunicare il parere al Procuratore del re, scrive: Prescindendo dall’induzioni medico legali fatte dai periti, ogni altra ipotesi (disgrazia o suicidio) non si dimostra attendibile, dati i precedenti di rancore e di persecuzione da parte di tutti i vicini verso la Iachetta, notoriamente ladra, che viveva sola nella sua piccola capanna in contrada Petrara. Si, perché le indagini stanno andando avanti ed il Pretore è in attesa degli ultimi sviluppi che i Carabinieri devono illustrargli. Ci vorranno due settimane ed il 26 settembre il Vice Brigadiere Musolino, raggiante, gli comunica di avere arrestato il ventiseienne Pasquale Gabriele e denunciato il diciannovenne Nunziato Grandinetti, cugini fra di loro, come sospettati di avere ucciso Anna Iachetta perché mal ne sopportavano la presenza in quella contrada, che confina con un fondo in cui è sita una casa colonica abitata da Gabriele. Poi continua:

La Iachetta, infatti, che per una sua malattia rubacchiava le minestre dai fondi altrui, più volte fu maltrattata e percossa dai due. Gabriele ha ancora in pendenza due procedimenti per lesioni commesse in persona della Iachetta ed un procedimento, sempre per lo stesso motivo, è pure a carico di Grandinetti. Aggiungo che la torre della vittima è lontana quasi cento metri dalla casa di Gabriele e il luogo in cui sostò il cadavere rimane poco più giù della torre. I due li avevo interrogati la mattina del 3 nella loro casa: Gabriele e la moglie dichiararono di avere appreso solamente da noi Carabinieri la notizia della morte della Iachetta e aggiunsero di non averla più vista, il primo da più di un mese, e la moglie da due o tre giorni dopo la fiera del Savuto del 14 e 15 agosto e pensarono che fosse andata a Napoli a visitare alcuni parenti. Chiesi alla moglie di Gabriele notizie sul cugino Grandinetti e mi rispose che lui e la moglie sono, o sarebbero, rimasti a lavorare e dormire con loro per quasi una settimana dopo la fiera. Gabriele mi dichiarò, invece, che Grandinetti capitò da loro una o due volte, in quei giorni, con la moglie, ritirandosi la sera in paese. La moglie di Grandinetti, interrogata da me quello stesso giorno in quello stesso luogo, sostenne che il di lei marito non sarebbe andato affatto nel fondo tenuto dal cugino e che il marito sarebbe partito per Strongoli in cerca di lavoro fin dal 30 agosto. Invitai Grandinetti in caserma per sottoporlo ad un nuovo, più stretto interrogatorio e promise che, lasciato libero, sarebbe tornato la sera successiva con qualche novità da confidare, ma non si vide in caserma e la mattina del 5 io e il Carabiniere Fazio andammo a ricercarlo dove abita, senza trovarlo e non potemmo stabilire ove fosse andato perché in casa mancava anche la moglie. Poi ho pensato ad un particolare: quando il 3 settembre accedemmo sul posto e chiamammo Pasquale Gabriele per interrogarlo come uno dei più vicini al posto dove si trovavano i resti umani, a nessuno era passato per la mente che si potesse trattare di delitto. Fu Gabriele che insinuò questo dubbio perché appena arrivato salì per un’altezza di venti metri la rupe, raccolse il fazzoletto copricapo della vittima e ci fece constatare le macchie di sangue e i capelli sparsi. Nessuno dei presenti gli aveva dato incarico di salire sulla rupe. Evidentemente ci salì perché già sapeva che c’erano il fazzoletto, le macchie di sangue e i capelli. La mattina del 6 io e il Carabiniere Reale tornammo sul posto, trovammo Gabriele e procedemmo al suo arresto.

–  C’è altro?

– Si. La proprietaria del fondo tenuto in colonia da Gabriele e sua figlia, interrogate, dichiararono che, avendole preoccupate l’assenza della Iachetta, non veduta da loro da tre o quattro giorni dopo la fiera del 15 agosto, nel pomeriggio del 24 agosto si recarono nella torre della Iachetta per assicurarsi che non fosse ammalata e costretta a letto, ma trovarono la porta chiusa; la aprirono e constatarono che non era in casa. Pensarono, così, che la donna fosse andata a scontarsi, come di solito, una qualche condanna al carcere e se ne andarono. Rimasi sorpreso, però, come le due donne, pur essendo passate sia all’andata che al ritorno per il viottolo in prossimità del luogo in cui giaceva il cadavere, non avessero sentito il fetore che il corpo certamente emetteva. Le due mi dissero, però, di avere sentito per varie volte consecutive il latrare dei cani proveniente dal fiume sottostante alla loro casa ed a mia domanda risposero che la Iachetta, che frequentava la loro casa, più volte ebbe a lamentarsi di essere stata vittima delle persecuzioni di Gabriele. Anche altri testimoni hanno riferito la stessa lamentela… per questo ritengo che l’omicidio sia stato commesso da Gabriele, aiutato dal cugino Grandinetti allo scopo di sbarazzarsi della donna, forse sorpresa nella flagranza di un furto. Così gli autori dell’omicidio avrebbero, di notte tempo, ruzzolato la donna nel burrone per simulare una disgrazia.

– E Grandinetti?

– È ancora a Strongoli…

– Va bene, continuate ad indagare e tenetemi informato.

Le indagini continuano ma tutti si scordano di Grandinetti. Quando il settantanovenne Michele Magliocco, marito separato di Anna Iachetta si presenta in Pretura e fornisce un possibile movente al delitto, è chiaro che le cose potrebbero non essere come appaiono:

È ferma in paese la credenza che mia moglie è stata uccisa per derubarla di quel po’ di moneta che era solita portare nelle vesti, rendendosi inconcepibile che si possa uccidere una donna per furto di pomidoro o fagiolini o altri frutti della campagna. Avrà potuto influire che mia moglie era malvista per la sua tendenza al furto, ma l’uccisione avvenne per derubarla di ciò che portava indosso. Dovete sapere che mia moglie aveva dei nipoti in America, anzi tre nipoti sono in buonissime condizioni finanziarie ed io so, come tutto il popolo di qui, che ogni tanto le mandavano, quando cinquecento, quando mille lire. So pure che mia moglie aveva dei crediti per aver prestato denaro. È sicuro che mia moglie portava nelle vesti, e precisamente nel petto, del denaro, ma non posso precisare il quantitativo. Ho appreso però che il denaro che portava lo faceva vedere.

Ma per quanto gli inquirenti si diano da fare non si cava un ragno dal buco. Nonostante le continue e insistenti richieste dell’avvocato Pietro Mancini per rimettere in libertà, almeno provvisoriamente, il suo assistito, Pasquale Gabriele continua a languire in carcere per i mesi seguenti. Poi, il 16 dicembre 1926, il Giudice Istruttore si ricorda di Nunziato Grandinetti e ne chiede l’arresto, che viene eseguito a Strongoli il 29 dicembre. Interrogato, racconta:

Mi dichiaro innocente. Ad agosto lavoravo per Giovanni Falcone e la sera mi ritiravo a dormire nella casa di Pietro Iaccino.

– A noi risulta che dopo il 15 agosto tu e tua moglie avete lavorato e dormito in casa di tuo cugino Pasquale Gabriele.

Persisto nel dire che prima del 30 agosto, e precisamente per tutto il mese, io ho lavorato da Falcone e dormito da Iaccino.

– Fesserie! Falcone e Iaccino li abbiamo già interrogati e non dicono quello che dici tu! Da Falcone hai lavorato verso gli ultimi di agosto, quindi dopo l’omicidio!

Grandinetti è in difficoltà, poi abbozza una risposta che serve a poco e che avrebbe fatto bene a non dare:

Non ho elementi per smentire Falcone perché non ricordo bene in che giorni lavorai con lui. Il certo è che lavorai con lui per una settimana

– Perché tu e tuo cugino il 27 maggio 1926 avete picchiato la Iachetta? Vi ha pure denunciati!

Non è vero! Ripeto che non so niente e neppure conoscevo questa donna!

Vediamo se Pasquale Gabriele ricorda di avere picchiato la povera vecchia insieme al cugino:

Effettivamente una volta la sorpresi mentre rubava certa indivia di Cecilia Vecchio, che io ero incaricato di custodire. La Iachetta appena mi vide si diede alla fuga e cadde per terra facendosi male al polpaccio sinistro e poi andò a dire ai Carabinieri che l’avevo percossa io. Ricordo che quel giorno era con me mio cugino Nunziato, ma neppure egli le fece niente

– Come ti spieghi che la Iachetta si lamentava sempre sul conto tuo e di tuo cugino, arrivando perfino a dire che se mai l’avessero ammazzata, la giustizia era informata in precedenza che proprio voi due eravate gli autori dell’uccisione?

Io non vedo come potessero essere giustificati questi lamenti della Iachetta perché mai le feci del male!

Per la Procura, che ritiene sufficienti gli indizi di colpevolezza dei due indagati, può bastare così ed il 22 marzo 1927 chiede alla Sezione d’accusa di rinviare Pasquale Gabriele e Nunziato Grandinetti al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza per rispondere di concorso in omicidio premeditato a scopo di furto.

La Sezione d’Accusa, il 20 aprile successivo, in difformità alla requisitoria del Pubblico Ministero, dichiara non doversi procedere contro Pasquale Gabriele e Nunziato Grandinetti per insufficienza di prove e ordina che entrambi siano immediatamente scarcerati, se non detenuti per altra causa.[1]

Come e perché è morta Anna Iachetta resterà per sempre un mistero.

[1] ASCS, Processi Penali.