RAGAZZINI ASSASSINI – 2

È il 21 marzo 1905 ed è già buio. A Guardia Piemontese Carlo Pisani e sua moglie sono preoccupati perché Domenico, il loro figlio quattordicenne, non è ancora tornato col gregge di pecore:

– Non è mai successo… gli è accaduta qualcosa… – dice la madre sbirciando nel buio e tendendo l’orecchio sperando di sentire il belato delle pecore.

– Uhm… vado a chiamare qualcuno e andiamo a cercarlo.

Così Carlo Pisani, con qualche parente e qualche amico, si mette alla ricerca di Domenico, ma non lo trovano. Trovano solo le pecore incustodite in contrada Sapullo e pensano che il ragazzo possa essersi sentito male e, abbandonato il gregge, sia tornato a stento a casa, ma a casa non c’è ed è inutile continuare a cercarlo al buio.

All’alba si rimettono in cammino allargando il raggio delle ricerche. In contrada Sapullo ci torna il contadino Francesco Aiello che lungo la strada incontra un pastorello, il quale gli dice di avere visto Domenico, il giorno prima, in compagnia del quindicenne Antonio Iannuzzi, del tredicenne Baldassarre Stella, conosciuto come Lauricella, e del dodicenne Luigi Genero.

Aiello corre a chiamare Giuseppe Pisani, il fratello di Domenico, e insieme vanno a cercare Antonio Iannuzzi per avere notizie più precise sugli ultimi movimenti di Domenico:

– Nel pomeriggio eravamo insieme a Sapullo, poi io e Lauricella ce ne siamo andati perché stava annottando e non so dove sia andato.

– Vieni con noi a Sapullo, magari ricordi se lo hai visto incamminarsi con le pecore…

Antonio è un po’ riluttante a lasciare il gregge, ma si convince e li accompagna. Giunti sul posto, Aiello, incuriosito da una scarna fascina di legna abbandonata, si avvicina e nota delle strane macchie sull’erba, che da lì in poi è pestata come se ci avessero trascinato sopra qualcosa. Sangue! Quelle macchie sono di sangue e l’erba pestata è una scia ininterrotta di sangue!

Forse gli sarà uscito un po’ di sangue dal naso e poi sarà fuggito… andiamo di là – dice Iannuzzi indicando una direzione diversa rispetto a quella indicata dalle macchie di sangue.

Intanto sono arrivate altre persone e Vincenzo Totaro, infischiandosene delle indicazioni di Antonio Iannuzzi, chiama Giuseppe Pisani e gli suggerisce che è più logico seguire la scia di sangue e così fanno.

In contrada Sapullo esiste un burrone che in molti punti presenta degli scavi naturali in modo da formare dei fossi della profondità dai 20 ai 25 centimetri circa, dell’ampiezza tale da contenere il corpo di un uomo. Vedono della terra smossa di recente e Totaro con un piede ne toglie un po’. Un urlo e una bestemmia: dalla terra appare la nuca di Domenico! Totaro si mette a correre all’impazzata verso il paese per avvertire il Sindaco, che immediatamente spedisce un telegramma ai Carabinieri di Cetraro.

Quando il Brigadiere Giovanni Berera arriva sul posto col Pretore, questi ordina di disseppellire il cadavere, operazione che viene eseguita facilmente con le sole mani, visto che sul corpo, giacente bocconi, ci sono meno di dieci centimetri di terra.

Il capo è tutto pieno di sangue misto a terriccio e presenta grossissima ferita sulla nuca; le braccia sono aperte e lievemente contorte; il dorso è arcuato, il che fa sorgere il sospetto che sia stata fatta forzata pressione sul corpo per meglio adattarlo alla cavità. Una parte del tronco, e propriamente il lato destro con porzione superiore del fianco è nudo poiché la camicia, la maglia e la giacca sono rimboccate con pieghe verso su, il che fa argomentare che il corpo fu trascinato ivi da un altro luogo; l’altra parte del tronco è coperto dalla camicia, ma non dalla giacca. Il cadavere porta a tracolla uno zaino di pelle pecorina, che è stato piegato verso la guancia sinistra.

Tolto il cadavere dalla buca e adagiato supino, lo spettacolo è ancora più terrificante: la fronte, gli occhi, il viso, la giacca di panno bleu forte (detto comunemente bordiglione), la maglia di lana bianca sono tutti intrisi di sangue bruno misto a terriccio.

Disposto il trasporto del cadavere nella camera mortuaria del cimitero di Guardia Piemontese dove sarà svolta l’autopsia, il Pretore ed il Brigadiere seguono a ritroso la scia di sangue, una sessantina di metri, fino al luogo dove è già stata piantata una rozza croce di legno, intorno alla quale, sul terreno, si trovano le prime gocce di sangue, da che si argomenta che ivi sia avvenuto il delitto. Essendo certo che il povero Domenico era stato in compagnia di Antonio Iannuzzi, Baldassarre Stella e Luigi Genero, i sospetti cadono su di loro e vengono portati in caserma per essere interrogati. Il dodicenne Luigi Genero racconta che nel pomeriggio del 21 lui, Iannuzzi e Stella si divertivano fra loro facendo dei mucchietti di legna ad imitazione di carbonaio, quando sopraggiunse Domenico che distrusse il loro lavoro gittando a terra i mucchietti di legna. Allora Antonio Iannuzzi, risentitosi, pronunziò qualche parola offensiva contro Pisani, che a sua volta disse altre parole a Iannuzzi, scagliandogli contro due scaglie di legno, uno dei quali lo colpì leggermente al ginocchio destro e l’altra gli sfiorò la faccia e tutto ebbe termine. Domenico si allontanò e si recò in un vicino boschetto a fare legna secca e dopo di averne fatto un piccolo fascio se lo mise sulle spalle e si avviò verso le sue pecore. Ma Iannuzzi, non contento che la questione aveva avuto termine, pensò bene di avvicinare Domenico, invitando anche Baldassarre  a prestargli mano forte. A questo punto Luigi Genero, per timore di essere coinvolto nel probabile pestaggio, si allontanò. Secondo questo racconto è probabile che gli autori del brutale omicidio siano stati Iannuzzi e Stella, che negano ogni addebito, ma poi, messi alle strette, cominciano confessare. Racconta Antonio Iannuzzi:

– Domenico più volte mi guastò le piccole carboniere, onde gli chiesi perché ciò facesse ed egli mi rispose “perché così mi piace”; nel dir così mi tirò contro due pezzi di legno e allora io gli diedi una spinta alle spalle. Pisani, caricandosi sulle spalle un piccolo fascio di legna, se ne andò mormorando “o tu ammazzi me o io ammazzo te”. Io lo seguii cercando di rabbonirlo dicendogli “amici siamo e amici resteremo”. Con me c’era Baldassarre Stella, mentre Luigi Genero se ne andò per altra via. Domenico, camminando, ripeteva la sua solita minaccia ed io la medesima frase di pacificazione e così fino alla contrada Sapullo finché io, perdendo la pazienza e ricordando che pochi giorni prima Domenico mi aveva provocato e sfidato, impugnai la scure e col dorso gli tirai un colpo alla testa.. Domenico cadde, ma non morto, onde io gli vibrai altri due o tre colpi anche alla testa, rendendolo inerte. Dopo ciò invitai Baldassarre ad aiutarmi a trasportare il cadavere nel vicino burrone ed egli acconsentì: prese il cadavere per una gamba, io presi l’altra e lo trascinammo fino al piccolo burrone. Ivi lo collocammo bocconi in una fossa scavata dall’acqua; Baldassarre si mise in disparte ed io coprii di terra il cadavere – si ferma per qualche secondo, poi continua dicendo qualcosa di agghiacciante -. Quando collocai il corpo di Domenico nella fossa, emise ancora alcuni gemiti… l’ultima parte del corpo che coprii di terra fu il capo e credo che allora fosse morto perché non respirava più

– Quindi sei sicuro che il tuo amico non ha colpito Domenico? Magari lo tratteneva mentre lo colpivi…

Non vibrò alcun colpo, né lo trattenne quando lo colpii. Mentre trascinavamo il corpo, Baldassarre disse: “è morto, è morto”. Quando io mettevo la terra sul corpo di Domenico, questi fiatò altre volte, onde Baldassarre, che sedeva a pochi passi senza prendere parte al seppellimento del cadavere, disse “rifiata, rifiata”

– E dopo che avete fatto?

Ce ne andammo, incontrammo Luigi Genero al quale dissi che avevo ucciso Domenico, ma non gl’indicai il luogo dove lo avevo seppellito.

Ora è la volta del tredicenne Baldassarre Stella, alias Lauricella:

Domenico per dispetto ci guastava le piccole carboniere. A ciò si risentì Antonio Iannuzzi che gli domandò perché mai guastasse le carboniere e Domenico rispose: “cosa vuoi tu? Se non stai zitto ti tiro due pezzi di legno”. E ne dir così prese due pezzi di legno scagliandoli contro Antonio. Costui non reagì. Domenico si caricò sulle spalle un piccolo fascio di legna mormorando: “o mi ammazzate o io ammazzo voi” – ahi! Dopo che Iannuzzi lo ha scagionato, si rovina da solo? –. Iannuzzi lo seguì cercando di amicarselo, mentre Domenico rispondeva sempre “o voi ammazzate me o io ammazzo voi”. Io seguivo entrambi raccomandando ad Antonio di lasciarlo andare, così arrivammo in contrada Sapullo. Anche qui Domenico continuava la sua minaccia ed allora Antonio impugnò la scure e col dorso gli vibrò un primo colpo all’occipite e Domenico stramazzò a terra. Poiché non era restato morto al primo colpo, Antonio gl’inferse altri tre colpi di scure alla testa, freddandolo. Dopo di ciò, l’uccisore mi pregò parecchie volte affinché lo aiutassi a trasportare il cadavere nel vicino burrone. Io mi rifiutai sulle prime, ma poi mi decisi ad aiutarlo. Lui prese il cadavere per una gamba ed io per l’altra e lo trascinammo fino al vicino burrone. Ivi, in un fosso, collocammo il cadavere in posizione bocconi e qui finì il mio aiuto. Il resto fu eseguito da Antonio. Dopo che ebbe coverto il cadavere ce ne andammo alla mandra di tal Vincenzo Centè e dopo al paese.

– Iannuzzi ha detto che quando lo seppelliste, Domenico Pisani era ancora vivo.

Era già morto quando lo seppellimmo

– Dì la verità, hai tirato anche tu alcuni colpi alla vittima?

Io non ho tirato alcun colpo contro l’ucciso!

Nonostante Iannuzzi si sia assunto la responsabilità del barbaro omicidio e Stella dichiari di non aver partecipato alla scena di sangue, gli inquirenti qualche dubbio ce l’hanno almeno per un paio di motivi: primo perché i due si contraddicono sulla circostanza di quando Domenico Pisani cessò effettivamente di vivere e secondo perché prima di interrogare i due adolescenti, gli inquirenti hanno letto il referto dell’autopsia che parla di ben sei ferite sulla testa di Domenico e non di tre come affermato dai due imputati. Quindi, se Iannuzzi si autoaccusa di aver vibrato non più di tre colpi, chi ha tirato gli altri tre?

Ma al di la delle contraddizioni, il numero dei colpi, le numerose fratture delle ossa del cranio dovute all’estrema violenza dei colpi, la freddezza con la quale i due ragazzini si sbarazzano del corpo e se ne tornano tranquillamente a casa, fa davvero inorridire. E se non bastasse, c’è ancora qualcosa di più orrendo: Antonio Iannuzzi ha tranquillamente raccontato che Domenico respirava ancora mentre veniva seppellito, ma che non respirava più quando gli coprì la testa di terra. È falso perché, nonostante i colpi ricevuti in testa fossero tutti potenzialmente mortali, la vera causa della sua morte è stata causata da asfissia per il sotterramento col viso in giù, in modo da essere impedita la respirazione, come chiaramente si rileva dallo stato del sangue liquido ed oscuro, dall’intensa iperemia degli organi interni, dalla bocca aperta e dalla cianosi sull’angolo labiale e sulla lingua.

Orrore su orrore. Intendiamoci, purtroppo Domenico sarebbe morto ugualmente, ma la vita si sarebbe protratta ancora per un certo spazio di tempo e sapere che un essere umano viene sepolto vivo fa raccapriccio.

A cercare di fugare dubbi circa la effettiva partecipazione al delitto da parte di Baldassarre Stella ci pensa Carlo Pisani, il padre di Domenico, che in due lettere indirizzate al Pretore di Cetraro, delegato alle indagini, racconta alcune circostanze che è venuto a sapere e che non solo indicherebbero Antonio Iannuzzi e Baldassarre Stella come corresponsabili, ma proverebbero la premeditazione del delitto:

il colpevole Iannuzzi Antonio, sia prima dell’avvenimento, come dopo, ha confessato di nutrire da tempo gravi rancori verso l’infelice Domenico e che lo aveva votato alla morte. Sei o sette giorni dietro, Iannuzzi aveva detto con Calimazzo Vincenzo: “io ho odio invincibile contro Domenico Pisani e quanto prima dovrò ammazzarlo”. Il Calimazzo, ragazzo di 10 anni, lo aveva comunicato alla propria madre. Un’altra sera, mentre il ragazzo Muglia Giuseppe usciva dalla casa della sorella del ricorrente, fu fermato sulla pubblica strada dal Iannuzzi il quale, con un coltello in mano, lo afferrò pel petto e gli gridò piano: “e nemmeno mo…”, ma accortosi dell’equivoco gli chiese scusa. Evidentemente lo aveva scambiato per la vittima. Dopo l’arresto disse alla presenza di don Vittorio Carnevale: “io con quello lì ce l’avevo perché era storto ed essendomi venuta fatta, l’ho smorzato!”. Tutto ciò fa supporre una evidente premeditazione e da al fatto l’apparenza possibilissima di un agguato in compagnia del complice.

L’altrieri il ragazzo Pasquale Liano trovò, alla distanza di circa 500 metri dal luogo dell’uccisione, il mantello della vittima, in un luogo ove gli uccisori lo avevano portato e messo in evidenza per fare svanire le tracce alla Giustizia. Lo stesso Liano può deporre dei vecchi rancori nutriti da Iannuzzi contro l’ucciso, tanto che una sera ci volle il suo intervento perché il Iannuzzi non l’uccidesse a colpi di scure. Il Sindaco di questo Comune, Vincenzo Molinari, può deporre che la sera in cui i colpevoli furono arrestati, Stella dichiarò in presenza di Molinari e di Domenico Martino che, mentre l’infelice Domenico cadde sotto i primi colpi, restandogli ancora vita pregò perché non lo finissero, ma che essi rimasero impassibili e, vibrati altri colpi da Iannuzzi, entrambi poi lo trasportarono alla improvvisata e cruda sepoltura.

Emergono dei problemi. Uno è procedurale: Baldassarre Stella non ha ancora compiuto 14 anni e non può essere arrestato, così viene rimesso in libertà. L’altro riguarda il momento effettivo della morte di Domenico Pisani, perché sembra che il referto dell’autopsia non sia abbastanza chiaro su un punto: fino a quando dovette l’infelice giovanetto Pisani dare sensibili manifestazioni di vita? È un quesito ambiguo e di quasi impossibile soluzione, ma i periti non si scompongono più di tanto e, nel ribadire sostanzialmente quello che hanno già scritto sulla morte per asfissia, dicono: Non possiamo rispondere fino a quando il Pisani abbia dato sensibili manifestazioni di vita, a meno che non ci vengano meglio chiarite e circostanziate le parole con sottolinea.

Meglio non insistere e accontentarsi di sapere che Domenico non era clinicamente morto quando fu sotterrato e quindi, con gli elementi probatori raccolti, chiedere il rinvio al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza per entrambi gli imputati: Antonio Iannuzzi per omicidio volontario; Baldassarre Stella per concorso in omicidio.

Il 28 ottobre 1905 la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta e il dibattimento viene fissato per il 5 luglio 1906.

Nel corso del dibattimento si riapre la querelle sul momento esatto della morte di Domenico, così viene riesumato il corpo ed eseguita una nuova autopsia, ma le parti rimangono ferme sulle proprie posizioni: la difesa, con il suo perito, sostiene che la morte sia avvenuta immediatamente dopo ricevuti i colpi sulla volta cranica i quali sono di tale entità per le forti distruzioni e compressioni della massa cerebrale, da non consentire la vita che per pochissimi istanti. L’accusa risponde con il proprio perito: la morte del Pisani seguì ad asfissia in seguito al seppellimento e questo si trae sia dalle note patologiche riscontrate, che caratterizzano specificamente tale morte, sia dalle altre note patologiche riscontrate e seguite alle lesioni nel cranio le quali, se erano letali, non potevano immediatamente determinare la morte dell’individuo. Il perito dell’accusa sembra essere più convincente, quindi non dovrebbero esserci sorprese su questo punto.

La sorpresa, invece, c’è quando viene chiamato a deporre il decenne Vincenzo Calimazzo, che per la sua età viene esentato dal giuramento:

Pisani era un cattivissimo soggetto; Iannuzzi è nu ciuatu, però Baldassarre Stella lo è di meno… dopo morto Pisani parlai con tale Contino, il quale mi disse che Pisani aveva a lui chiesto la scure per inveire contro Iannuzzi

Questo non si era mai sentito prima ed è, comunque, l’opinione di un bambino che sembra atteggiarsi a malandrino.

Ormai quello che è fatto, è fatto. La Corte si ritira per emettere la sentenza: Antonio Iannuzzi è ritenuto colpevole di omicidio volontario e occultamento di cadavere. La sua età, inferiore ai 18 anni, gli consente di godere di un sostanzioso sconto di pena che, aggiunto allo sconto per la concessione delle attenuanti generiche, determina la pena della reclusione per anni 10, più pene accessorie, spese e danni. Baldassarre Stella viene assolto per non aver commesso il fatto.

La Suprema Corte di Cassazione, il 19 settembre 1906, rigetta il ricorso di Antonio Iannuzzi.[1]

[1] ASCS, Processi Penali.