Quattro colpi di arma da fuoco esplosi in rapida successione turbano la tranquillità del borgo di Mongrassano. Sono le 18,30 dell’11 aprile 1910.
Quando torna il silenzio la gente del vicolo si affaccia subito alle finestre e qualcuno scende in strada. Seguendo i lamenti di un uomo, appare chiaro che i colpi provenivano dalla casa di Camilla Perrone, ventottenne atta in casa. Disteso per terra c’è Alessio Staffa, mugnaio ventinovenne, che perde sangue dal collo, ma Camilla non c’è.
Alessio viene soccorso e, sorretto da braccia robuste, accompagnato a casa.
– Gesugiuseppemaria! Che è successo? – piagnucola la moglie.
– Sono caduto… – le risponde con un filo di voce.
– Si, è caduto! – gli fanno eco i presenti, che poi lasciano passare il medico.
– Un colpo di rivoltella alla gola… non mi piace…
– Rivoltella? Alla gola? A me hai detto di essere caduto…
– Lascia che ti spieghi, vieni qua e ascoltami bene ché non ce la faccio a parlare – la moglie gli si siede accanto e ascolta le parole pronunciate a fatica – mentre passavo davanti a casa sua, mi ha chiamato Camilla Perrone e mi ha invitato a entrare… ci siamo messi a chiacchierare e lei, continuando a parlare pacificamente è andata in un’altra stanza donde uscita mi tirò subito ed improvvisamente un primo colpo di rivoltella che mi ferì alla gola… – poi le fa segno di non riuscire più a parlare.
I colpi alla porta della caserma dei Carabinieri di Mongrassano sono violenti, tanto da fare infuriare il Brigadiere Adolfo Fontani, comandante della stazione, ma quando la porta viene aperta e il piantone si trova davanti il notaio Giuseppe Bruno, i toni si smorzano.
– Venite subito! Qualcuno ha sparato quattro colpi di rivoltella e c’è un ferito… sembra grave, perde sangue dal collo…
– Ma dove dobbiamo andare? Spiegatevi!
– Allo sbocco della strada Lo Piano con la strada dei Romani… nella casa di Camilla Perrone…
Proprio in questo frattempo arriva anche una donna, visibilmente sconvolta.
– Sono Camilla Perrone, ho sparato quattro colpi contro Alessio Staffa… in casa mia… è ferito… forse è morto…
– Come sono andati i fatti? – le chiede il Brigadiere.
– Poco fa è venuto in casa mia Alessio Staffa, entrando senza il mio permesso allo scopo di ottenere da me le mie grazie. Io non volli accondiscendere alle sue voglie nonostante l’offerta di £ 10 e lo invitai ad andarsene, mentre egli quasi da padrone si mise a sedere su di una sedia dicendomi che io gli piacevo molto e che quella sera avrebbe dovuto coricarsi meco per incominciare dolce idillio. Io di bel nuovo lo invitai ad andarsene perché non sono donna come lui si credesse, tanto più che tengo marito in America. Ma lo Staffa non solo non voleva andarsene, quanto alzatosi mi mise una mano sulle spalle afferrandomi il braccio e con l’altra, sopra le vesti, cercò di toccarmi la natura. Io nello svincolarmi dalla sua stretta lo invitai novellamente ad andarsene e lasciarmi stare, mentre egli continuava sempre più a farmi proposte oscene e cercava di avermi. Non volle ascoltarmi neppure quando lo minacciai seriamente di ucciderlo, tanto che mi soggiunse: “Uccidimi pure ma non vado via”. Allora colla sinistra lo afferrai per le vesti del petto ed estratta colla destra una rivoltella che avevo in sacca sotto la gonna e gli tirai un colpo. Lo Staffa cadde ed io, credendo ch’egli fosse caduto per celia, gli continuai a tirar contro altri tre colpi, rimanendo la rivoltella ancora carica di un altro proiettile. Al primo colpo egli si piegò sulle gambe e lo lasciai cadere, continuando però a sparare giacché ero decisa di ucciderlo. Spinsi col piede il corpo dello Staffa nella prima stanza e richiusi la porta temendo che lo Staffa per terra mi avesse potuto sparare, quindi invece di uscire dalla mia casa dalla porta, me ne uscii da una finestra e tenendo penzoloni il corpo feci un piccolo salto sul tetto di una stalletta e da questo saltai sulla strada dicendo allo Staffa: “Quando non te ne sei voluto andare con le buone, fottiti!”
– Dov’è la rivoltella?
– Mi deve essere caduta nel salto… io non la ho più…
– Mettila in camera di sicurezza, noi altri andiamo a vedere sul posto – ordina il Brigadiere a un suo sottoposto.
Il tempo di sistemare le giberne e i cappelli, dire addio ai piatti fumanti sulla tavola, i Carabinieri arrivano sul posto e non trovano nessuno, se non un ragazzino che li avvisa che il ferito è stato trasportato a casa sua e che il medico lo sta già visitando.
– Non mi piace affatto la ferita – dice il dottor Pietro Miele al Brigadiere – oltre alla difficoltà di deglutizione e ad un abbassamento della voce, ha una congestione broncopolmonare e respira a fatica…
– Pensate che possa interrogarlo?
– Si, ma non a lungo, mi raccomando…
Fontani, con cautela, comincia a fare delle domande al ferito e ne esce una ricostruzione dei fatti diametralmente opposta da quella raccontata da Camilla:
– Da circa quattro mesi avevo illecite relazioni amorose con la Perrone, ma poiché non mi conveniva continuare essendomi ammogliato da qualche giorno, la trascurai. Oggi verso le 15,30 la incontrai vicino a casa sua e mi pregò di andarla a trovare in serata perché mi doveva parlare di affari urgenti. Invece di andare di sera, andai verso le 18,30 ed essa mi mosse lagnanza volendo sapere il motivo per il quale l’avevo abbandonata, quindi con la scusa di prendere un lume in una camera attigua si armò di rivoltella e, tornata a me vicino, me la puntò contro sparando un primo colpo senza che io avessi tempo, come avevo cercato, di ripararmi dietro una porta perché ferito al collo e caddi a terra. Essa continuò a spararmi addosso altri tre colpi, andati a vuoto, e spintomi fuori la porta sparì dicendomi: “Fottiti!”. Mi sforzai a gridare e giunsero varie persone, tra le quali il medico, e mi portarono a casa mia…
Quale delle versioni è quella vera?
– Mai ho avuto relazioni illecite con lo Staffa! – urla Camilla quando il Brigadiere le contesta le affermazioni del ferito.
Cominciano le indagini per verificare le affermazioni dell’uno e dell’altra e i risultati sono contrastanti, infatti risulta che Camilla sarebbe una donna di facili costumi ma non che avesse con lo Staffa relazioni illecite. Dal canto suo Staffa era alquanto ubriaco e con probabilità per tal motivo si spinse fino dentro l’abitazione della Perrone a farle oscene proposte, tanto più è ammogliato e non ritenuto in paese dedito alle donne.
– Io sono stata costretta a ferirlo per impedire che avanzasse la notte e si fosse potuto credere che io l’avessi trattenuto fino a tarda ora senza cercare di allontanarlo e che poi avessi usato contro di lui violenza ed avessi cercato di ferirlo per non avere avuto da lui del denaro. In altre parole io ho dovuto subito usare violenza perché se avessi ritardato, si sarebbe creduto dal pubblico e dalla legge che io l’avessi fatto entrare volontariamente in casa mia a tarda ora; dovendo ad ogni costo allontanare lo Staffa dalla casa e quindi di ferirlo, si sarebbe potuto credere che io l’avessi fatto per non avermi dato del denaro – cerca di spiegare Camilla.
– Spiega come mai avevi una rivoltella a portata di mano.
– L’ho presa perché un certo Giovanni Filice, al quale avevo dato querela, mi minacciava continuamente.
Ma per il Brigadiere Fontani ci deve essere qualcosa che va oltre il sesso: Tutto visto e considerato, riteniamo che, ammesso non avesse la Perrone avuta collo Staffa la relazione cui egli dice, pure qualche rancore per altre ragioni potrà esserci stato da far si che la Perrone si scagliasse contro di lui ad armata mano di revolver, se si pensa che, sebbene imprudente, lo Staffa non aveva trasceso a violenze tali da autorizzare la Perrone a tentare di ucciderlo; non solo, ma che misurata la forza materiale di essa e di lui, la Perrone è di molto superiore e poteva benissimo metterlo alla porta senza usare delle armi, ricorrendo poi alla giustizia. Le forze dello Staffa, si è detto, sono inferiori alla Perrone e tanto meno ier sera per lo stato d’ubbriachezza nel quale trovavasi colui, perciò essa poteva evitare il fatto. Poi l’affondo con le accuse della voce pubblica: Camilla avrebbe sparato contro Alessio Staffa per dimostrare a suo marito – attualmente in America – la sua fedeltà. Ma è accertato che da tre anni circa ch’egli manca, essa si dette a tutti, colle eccezioni di qualcuno a lei antipatico, come riteniamo le sia stato lo Staffa Alessio.
Appena steso e inviato il rapporto, il Brigadiere viene informato che le condizioni del ferito sono molto gravi ed è in pericolo di vita. Fontani si precipita a casa di Staffa ma non c’è più niente da fare, è morto. A questo punto, lo ha ammesso Camilla stessa nel primo interrogatorio, bisogna procedere per omicidio volontario.
– Non ho mai sospettato di relazione alcuna tra mio marito con la Perrone la quale non ha frequentato mai la mia casa – dice la fresca vedova.
– Ma vostro marito non vi ha detto di cosa stavano parlando lui e la Perrone?
– Non mi spiegò di che cosa avessero parlato e nemmeno mi spiegò il motivo per cui la Perrone l’avesse ferito…
Nonostante il Brigadiere Fontani e i suoi uomini indaghino a fondo, non riescono a trovare alcun elemento che provi una relazione carnale tra Alessio Staffa e Camilla Perrone: dalle ulteriori indagini non si è potuto provare, né mi risulta, abbia avuto la Perrone precedenti relazioni collo Staffa Alessio.
Ma per il Pubblico Ministero le cose sono andate diversamente e gli elementi per procedere con l’accusa di omicidio volontario ci sono tutti. Per far questo ipotizza il movente del delitto nella sua richiesta di rinvio a giudizio dell’imputata: la Perrone ha voluto uccidere per altra causale che non sia quella dell’onore offeso; ella, che il pubblico oramai accusava come una donna di facili costumi, dedita a far mercimonio delle proprie carni al primo venuto, ella che offriva l’ebbrezza del suo corpo a chi la remunerava maggiormente. Ed appunto il movente del delitto che determinò la mano omicida dell’imputata a troncare la vita allo Staffa devesi rinvenire unicamente ed esclusivamente nel fatto che costui volevasi allontanare dalla Perrone la quale temeva una perdita dei suoi turpi guadagni dall’allontanamento dello Staffa. Se fosse stata la prevenuta una donna onesta, appena entrato in sua casa lo Staffa, lo avrebbe potuto mandare via al primo profferimento delle voglie disoneste, avrebbe potuto chiamare gente perché la porta di casa sua rimane sempre socchiusa, avrebbe potuto entrare nell’ultima stanza e dal balcone invocare aiuto contro colui che attentava al suo onore di sposa e di madre; ma ella onore più non aveva e quindi fece sedere lo Staffa che voleva, forse, avere congresso carnale con essa Perrone, come soleva per l’addietro e ciò senza estrinsecazioni di minaccia o violenza. Quindi l’imputata, mentre lo Staffa stava seduto, ebbro di vino, dall’alto in basso, gli esplose i colpi di revolver, il primo dei quali gli cagionò la morte il successivo 14 aprile 1910 ed il motivo fu perché lo Staffa era sazio degli amori impudichi della Perrone e la voleva abbandonare.
Quindi la verità sarebbe quella riferita dal povero Alessio Staffa e Camilla è solo una puttana esosa pronta ad uccidere per non rinunciare ai suoi guadagni immondi.
Il 3 settembre 1910 la Sezione d’Accusa, sposando la tesi del Pubblico Ministero, rinvia al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza l’imputata, con l’accusa di omicidio volontario.
Il 12 luglio 1911 Camilla viene ritenuta colpevole del reato per cui è a processo e, concesso il beneficio della provocazione grave e delle attenuanti generiche nonostante la cattiva condotta dell’imputata, la condanna a 8 anni , 4 mesi e 25 giorni di reclusione. Pena confermata in Appello e in Cassazione.[1]
Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta
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[1] ASCS, Processi Penali.
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