CHE FINE HA FATTO LA BAMBINA?

– Pure questa ci voleva! – esclama, estremamente contrariato, l’Appuntato Giovanni Cozza, reggente la stazione di Cerisano, mentre appende il cappello di servizio all’appendiabiti del suo ufficio.
– Che è successo signor comandante? – gli chiede il Carabiniere Salvatore Palermo.
– È successo che mi hanno appena riferito di una ragazza che avrebbe partorito ma del bambino o bambina non c’è traccia.
– In paese? Non mi pare possibile!
– No, alle Manche.
– Ah! Per questo non mi sono accorto di pance sospette in paese! – scherza Palermo.
– Tu scherzi? Questi fatti sono sempre rogne incredibili… e va bene, faremo anche questa camminata! Ma domani mattina, ormai è tardi…
La mattina dell’8 marzo 1927 Cozza e Palermo si avviano di buon’ora da Cerisano verso le Manche, ma non trovano la venticinquenne Filomena Vitaro, sospettata dell’infanticidio.
– È da un mesetto che è tornata in paese dai nostri genitori… prima stava qui per tenere compagnia a nostra sorella Angiolina ma adesso ci sono venuta io al posto suo – risponde Carolina la sorella minore di Filomena e Angiolina.
Sacramentando per l’inutile cammino fatto, i due Carabinieri tornano in paese, finalmente rintracciano Filomena e la invitano a seguirli, ma non in caserma, bensì all’ufficio Anagrafe del Comune.
– Come la dobbiamo mettere? –  attacca Cozza lungo la strada – adesso spiegherai a noi  e a don Salvatore Barbuto che ne hai fatto della creatura.
– Quale creatura?
– Non fare la finta tonta, la creatura che hai partorito!
– Io non ho partorito nessuna creatura perché non sono mai stata incinta! – risponde con aria sorpresa la ragazza.
– Qualcuno bene informato giura il contrario…
– Questo qualcuno è un bugiardo.
Le insistenze di Cozza e di don Salvatore, impiegato comunale addetto all’Anagrafe, durano un bel po’ ma Filomena ripete sempre di non saperne niente e Cozza, ritenendo vere le notizie in suo possesso, gioca una carta a sorpresa:
– E va bene, tu non hai partorito e non sei mai stata incinta. Voglio crederti e per dimostrare a tutto il paese che sei una ragazza onesta, adesso facciamo venire la levatrice condotta che ti visiterà e metterà nero su bianco la verità.
La ragazza impallidisce ma non dice una parola.
Bianca Pellegrini Longo non ha dubbi: Filomena è stata incinta e ha partorito da circa un mese.
– E ora come la mettiamo? – fa Cozza con un sorrisino di soddisfazione sulle labbra.
– Va bene… è vero… confesso di avere avuto intima relazione con Luigi Presta…
– E anche con Antonio Pellegrini! – la interrompe la levatrice.
– Non è vero!
– Si è vero, lo so per certo! – insiste la levatrice.
Filomena è confusa e dietro le continue insistenze della donna ammette:
– Si, qualche volta anche con lui… – poi continua – ma a rendermi gravida è stato Presta. Pochi giorni prima di partorire sono andata a cercarlo e gli ho chiesto di darmi qualche cosa di moneta affinché potessi ricoverare in qualche luogo il bambino che avrei partorito. Presta mi rispose che non mi avrebbe dato niente e mi consigliò di andare a gettarlo nel vicino fiume Tesoro e così ho fatto dopo aver partorito, la notte tra l’11 e il 12 febbraio, in casa di mia sorella e senza che lei si accorgesse di nulla… subito dopo il parto sono tornata a casa dei miei genitori e a tenere compagnia ad Angiolina è andata l’altra mia sorella Carolina.
A questo punto Cozza va a prendere Presta e lo porta in caserma per interrogarlo, ma il sessantaquattrenne uomo nega di avere avuto rapporti sessuali con la ragazza e di non sapere niente dei fatti. Ma è plausibile che Filomena abbia partorito in casa di notte e la sorella non si sia accorta di nulla? No, pensa Cozza che va a prelevare anche Angiolina per sapere come siano andate davvero le cose.
– Che cosa? Incinta Filomena? Ha partorito di notte in casa mia? Non me ne sono mai accorta!
– Filomena dice che aveva rapporti intimi con Luigi Presta…
– Filomena vi ha detto una fesseria perché i rapporti intimi li aveva con Antonio Pellegrino che veniva a casa mia sia di giorno che di notte. Se qualcuno l’ha davvero messa incinta deve per forza essere stato Pellegrini!
– E perché allora ha fatto il nome di Presta?
– Pellegrini le ha dato dei soldi per calunniare l’altro!
Questa si che è una bomba! Cozza si precipita a casa di Antonio Pellegrini e lo porta di filato in caserma.
– Alla mia età? Comandante, ho quasi ottantanni… voi pensate davvero che io ancora… magari!
Nonostante gli sforzi dell’Appuntato, nessuno dei quattro interrogati si sposta di una virgola dalle proprie posizioni e così finiscono tutti in gattabuia.
In paese comincia però a girare la voce che il vecchio Pellegrini sia stato già dall’anno precedente l’amante della ragazza poiché è stato visto diverse volte nei contorni dell’abitazione dell’Angiolina dove la Filomena dimorava.
Cozza prova anche a trovare qualche indizio che possa confermare la dichiarazione di Filomena circa il fatto di avere buttato il frutto del suo seno nel fiume ma, per quanti sforzi faccia, si deve arrendere per il tempo trascorso e la corrente del fiume a causa del mal tempo avuto in quest’ultimi giorni.
In compenso, Cozza scopre che Angiolina sarebbe capace di compiere reati dello stesso genere di quello imputato alla sorella perché in paese si dice che in passato abbia soppresso alcuni bambini nati da sue relazioni illecite. D’altra parte, così si dice per rafforzare questa voce, non è sposata ma ha un figlio che non si sa di chi sia.
Il caso sta sfuggendo di mano agli inquirenti: avvocati, imputati, testimoni fanno e disfano a proprio piacimento ogni giorno. Angiolina arriva, durante un drammatico confronto, ad accusare la sorella e ad accusare sé stessa:
Filomena, è bene che tu dica la verità. Quella notte che tu hai partorito c’era nella camera dove tu ti trovavi Pellegrino Antonio il quale, dopo il tuo felice parto mi chiamò. Io venni, pulii e vestii la bambina e la consegnai al Pellegrino il quale se la mise sotto il mantello ed andò via dicendo: «fuori troverò gli altri».
Io non posso dire che il mio seduttore è stato il Pellegrino – ribatte Filomena scoppiando a piangere – perché ciò non è vero e se lo dicessi, egli avrebbe tutto il diritto di tirarmi due palle al petto!
Io non ho alcun interesse a non dire la verità e ti ripeto che la bambina fu da me consegnata, dopo fasciata, al Pellegrino.
Come puoi dire ora queste cose se io mi sono addossata tutta la responsabilità e se ho sempre detto che tu non ci entravi?
Io dico la verità e proprio in questi giorni in carcere tu mi aggiungesti di non avere saputo che cosa abbia fatto il Pellegrino della bambina.
Non mi aspettavo da te quello che mi hai fatto oggi – le parole di Filomena sono continuamente interrotte dai singhiozzi – e come posso attendermi considerazione dagli estranei se i parenti mi vanno in culo?
Le stesse accuse Angiolina le ripete direttamente in faccia a Pellegrini, che ribatte con veemenza:
Non è vero quello che tu dici perché io non ho avuto relazioni con tua sorella. Voi avete fatto gl’imbrogli ed avete buttato nel fiume la creatura ed ora volete addossare agli altri la responsabilità. Quale interesse avevo io a sopprimere una povera creatura? – poi rivela un particolare forse decisivo – Del resto, nei mesi di aprile, maggio e giugno dell’anno scorso (epoca dell’inizio presunto della gravidanza di Filomena. Nda) fui ammalato gravemente di polmonite ed assistito dal dottor Naccarato e solo verso la metà di luglio cominciai ad uscire davanti la porta di casa mia!
Il dottor Naccarato, interrogato, conferma tutto.
Ma perché Angiolina, la cui posizione finora è quasi tranquilla dato che a suo carico ci sono solo delle supposizioni, decide di autoaccusarsi? Se lo ha fatto è perché le cose devono essere andate davvero così, è logico pensare. E che le cose siano andate proprio così lo conferma la testimone Chiara Aloise, ma gli avvocati Alberto Serra e Tommaso Corigliano, difensori di Pellegrini, cercano di smontare tutto insinuando losche manovre contro il loro assistito e in una lettera al Giudice Istruttore ricusano anche altri falsi, secondo il loro punto di vista, testimoni:
Crediamo necessario mettere in piena luce l’attività testimoniale di un gruppetto familiare: Chilelli Pasquale, Aloise Chiara, moglie del primo, ed Amendola Giuseppe, genero di entrambi, nel procedimento in corso d’istruzione a carico di Pellegrini Antonio.
Costoro sono riusciti ad entrare in processo dalla finestra di una lista a discarico del coimputato Presta, mentre il loro precipuo intento era ed è quello di puntellare l’accusa di Vitaro Angiolina contro il nostro cliente.
Fino a qualche tempo fa vivo era il contrasto tra il Chilelli e Vitaro Antonio, fratello delle imputate. Quest’ultimo è stato anche processato per minaccia a mano armata contro il primo e non si è potuto sapere il vero motivo.
Oggi le due famiglie sono strette da un patto.
Perché tutto ciò?
Indaghi, col solito acume e col proverbiale sentimento di giustizia, S.S.Ill.ma e dispiegherà tante cose in questo processo che ha una fisionomia tanto strana e tanti lati inespiegabili…
Serra e Corigliano hanno ragione: è davvero un guazzabuglio pazzesco!
Dopo un paio di giorni dalle dichiarazioni di Angiolina e di Aloise, succede un altro fatto strano: viene sequestrato in carcere, durante una perquisizione, un misterioso biglietto indirizzato ad Angiolina che recita:
Cerisano li 26
M.
Diquelli che voi maveti scritto io ocapito tutto tu tiporterai beni e non tidimenticare di quelli che ai ditto che così ti troverai beni che lavocato tuo e trovato, ricordati a chi lai prisentato quel bona. Che il tuo figlio sta beni
C. F. S.
Appena sequestrato il biglietto, come folgorata sulla via di Damasco, Angiolina decide di ritrattare le accuse contro sua sorella e Pellegrini:
Ho chiesto di essere nuovamente interrogata perché l’altro ieri non dissi la verità. La verità è invece che io non so nulla, che non è vero che io abbia consegnato la bambina a Pellegrini Antonio. Smentisco insomma quanto ho dichiarato l’altro ieri perché feci quella dichiarazione in seguito ad incitamenti della testimone Aloise.
– Quando avrebbe fatto queste pressioni? In questo ufficio certamente no! – le contesta il Giudice Istruttore.
E pure mi ha incitato!
– Semmai ti ha convinto tua sorella a cambiare versione – la incalza il Giudice.
Mia sorella non mi ha fatto nessun incitamento.
Ma il senso del biglietto adesso diventa più chiaro e gli inquirenti cominciano ad avere qualche dubbio.
In questa situazione di caos e tentativi veri o presunti di depistaggio, l’unica a ripetere sempre la stessa versione è Filomena che non cede di un millimetro nemmeno davanti a Luigi Presta durante il confronto che devono sostenere:
Come puoi negare che fosti tu a possedermi, raccogliendo il fiore della mia verginità e mi ingravidasti?
Tu sei una mentitrice perché io mai ho avuto a che fare con te.
– Ricordati che per sedurmi mi venisti appresso per parecchio tempo e mi regalasti anche un pettinino per i capelli. Una volta, mentre mi trovavo a letto e la porta era chiusa, tu prendesti la chiave dal buco ove la lasciava mia madre, entrasti e mi possedesti. Dopo di allora mi possedesti tutte le volte che volesti, entrando in casa mia sempre nascostamente.
– Si vede che ti hanno bene insegnato quello che devi dire. Io non ti ho mai conosciuta per queste cose!
E fosti proprio tu – continua imperterrita – ad impormi di uccidere la mia creatura, perché io venni la sera dell’11 o 12 febbraio, non ricordo con precisione il giorno, ad annunziarti che stavo per partorire. Tu mi raggiungesti poco dopo, mi tenesti compagnia nell’aperta campagna fino a che io non partorii una bambina e poi, con una rivoltella in pugno, mi imponesti di andarla a buttare nel vicino fiume, cosa che io feci…
Tu mi fai trasecolare con questo ammasso di bugie e si vede che colui che ha interesse a scolpare sé stesso ti ha bene caricata a mio danno. Ricordati che le tue sorelle ti hanno detto in mia presenza che fu proprio Antonio Pellegrino a possederti!
– Pellegrino non c’entra affatto perché tu mi ingravidasti e mi facesti uccidere la mia creatura!
La strategia difensiva di Luigi Presta, volta più ad accusare Pellegrini ed a dilatare i tempi dell’indagine che a fornire prove a proprio favore, fa infuriare l’avvocato Tommaso Corigliano che scrive una vibrante lettera di protesta al Procuratore del re e al Giudice Istruttore:
Siamo costretti ad uscire dal riserbo che ci siamo, fin’ora, imposto nello assumere la difesa di Pellegrini Antonio.
Ciò perché pare che dalla difesa del coimputato Presta, siasi iniziato il pericoloso gioco dello scaricabarile. Infatti, mentre da parte nostra non si è per nulla intralciato il cammino della Giustizia, né si è cercato di ritardare (resistendo alle pressioni della famiglia del cliente) il corso della istruttoria processuale con l’indicazione di inutile testimoniale, dall’altra parte, invece, si cerca di intorbidire le acque. Attraverso pretesi riferimenti di voce pubblica (povero articolo 246 della proc.pen.!) si è cercato convogliare l’accusa verso il povero Pellegrini.
Ora noi protestiamo e insorgiamo contro un tale inqualificabile sistema anche perché è a nostra conoscenza che tutti i testimoni indicati dal Presta sono o dei parenti o gente di scarsissima moralità e di nessuna conoscenza di cose e di persone di Cerisano (e specie della contrada Valli) perché forestieri.
D’altro canto, se volessimo seguire il Presta nella pericolosa via da lui scelta, potremmo accennare a qualche particolare poco edificante, tale da rivelare le sue tendenze erotiche così tenaci – ad onta della sua tarda età – da aver fatto superare barriere morali e familiari davvero gigantesche.
Ma a parte tutto ciò, noi poniamo i termini delle nostre richieste difensive in forma categorica e precisa.
Contro altri sta la chiamata di correo da parte della responsabile confessa del delitto. Contro Pellegrini non si è assodato nulla di concreto e di sicuro. In principio (ed ecco perché si procedette al suo arresto) stava contro del Pellegrini stesso il sospetto ed il dubbio lanciati da una sorella della imputata Vitaro.
Barriere morali e familiari davvero gigantesche. L’avvocato Corigliano si riferisce a una presunta relazione sessuale tra Presta e sua nuora mentre abitavano nella stessa casa dal momento che il marito della donna e figlio di Presta era emigrato in America. Durante la relazione la donna sarebbe rimasta incinta e costretta ad abortire, salvo poi essere accusata dal suocero di adulterio e scacciata di casa.
La Procura del re di Cosenza ha le idee confuse sul da farsi e trasmette gli atti così come sono alla Procura Generale del re di Catanzaro, senza formulare alcuna richiesta. Che se la sbrighino loro.
Il 16 maggio 1927 il Procuratore Generale chiede alla Sezione d’Accusa chiede il rinvio a giudizio di Filomena Vitaro per infanticidio e della sorella Angiolina per correità nello stesso reato. Per Luigi Presta e Antonio Pellegrino chiede il non luogo a procedere per insufficienza di prove.
La Sezione d’Accusa, a sua volta, in parziale difformità delle richieste del P.M. ordina il rinvio di Vitaro Filomena al giudizio della Corte d’Assise – Circolo di Cosenza – per rispondere dell’ascrittole reato di infanticidio come dalla rubrica.
Dichiara non doversi procedere contro gli altri tre imputati.
Ecco, Filomena ha fatto tutto da sola. Nessuno l’ha aiutata, istigata o costretta a buttare la creaturina nelle acque impetuose del fiume Tesoro.
L’11 maggio 1929, ormai sono passati più di due anni dal fatto, la Giuria la ritiene colpevole di avere volontariamente, a fine di uccidere, commesso il fatto. Ma nello stesso tempo ritiene che Filomena, nel momento in cui soppresse la sua bambina, si trovava in uno stato di infermità di mente tale da grandemente scemare la di lei imputabilità, senza escluderla. Concesse le attenuanti generiche, il conto della pena è presto fatto: 2 anni e 1 mese di reclusione, due mesi in meno di quanto ha già scontato e il Presidente della Giuria ordina subito la scarcerazione della stessa ove non osti altra causa.[1]

Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta

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[1] ASCS, Processi Penali.

 

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