PANE DI CONTRABBANDO

Nel pomeriggio del 4 maggio 1946 Saverio Spina con l’asino parte da Campana, il suo paese, per andare a Terravecchia, distante oltre venti chilometri, per approvvigionarsi clandestinamente di pane, farina e grano, dato il razionamento imposto dalle disastrose condizioni economiche lasciate in eredità agli italiani dai cinque anni della sciagurata guerra.

Durante il viaggio Spina viene casualmente raggiunto dal compaesano Francesco Caccuri, che sta andando a Terravecchia, a dorso del suo mulo, per lo stesso motivo e i due proseguono il viaggio insieme. Arrivati, Spina va da una sua nipote che gli dice essere scarsissimi i generi che lo zio va cercando e Spina, preferendo non rischiare di contattare qualcun altro che potrebbe fare il doppio gioco e denunciarlo, rimane a bocca asciutta e dopo essersi fermato per qualche ora dalla nipote, si appresta a far ritorno in paese, ma viene incontrato da Caccuri che gli chiede di attenderlo fino a che faccia buio per fare il viaggio insieme, lui accetta e aspetta fino a mezzanotte. Poi, giunto il momento di partire, si avviano insieme, Spina senza niente e Caccuri con due grossi sacchi contenenti circa venti chili di pane, vendutigli da Rachele Rossano ed Elena De Deco al prezzo di lire 110 al chilogrammo.

Hanno da poco lasciato Terravecchia quando Spina, procedendo una trentina di metri più indietro di Caccuri, nota un individuo in borghese che gli si avvicina, ma subito accelera il passo e va verso Caccuri. Dopo pochi momenti sente l’esplosione di cinque colpi di rivoltella provenire dal punto dove si trova il compagno di viaggio, quindi scorge il borghese visto prima tornare indietro di corsa e, giuntogli presso, fermarlo.

– Tornate indietro con me, andiamo al Municipio! – Gli ordina perentoriamente e poco dopo essersi avviati vengono raggiunti da un altro individuo, che si unisce a loro due.

Giunti al Municipio i due sconosciuti si qualificano come Teodoro Sapia, vigile annonario, il primo e Luigi Laforza, assessore comunale di Terravecchia il secondo, quindi gli chiedono il nome del suo compagno e saputone il nome e la residenza, informano i Carabinieri di Cariati, che a loro volta avvisano i colleghi di Campana e appena fatto giorno Caccuri viene arrestato con l’accusa di tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di rivoltella ed acquisto di generi sottoposti a razionamento ed a prezzo maggiorato, mentre a Terravecchia vengono arrestate le due donne che gli hanno venduto il pane, con le accuse di sottrazione al normale consumo di pane e per vendita di pane a prezzo maggiorato. Ma i reati annonari vengono amnistiati e a restare in carcere è soltanto Francesco Caccuri.

Appena dopo aver fermato lo Spina ed aver constatato che lo stesso nulla recava con sé, procedetti oltre per raggiungere colui che precedeva e procedeva col mulo, cioè Caccuri – racconta Sapia, che continua –. Avendo notato essere il quadrupede carico di due sacchi, intimai il fermo al conducente, chiedendogli contemporaneamente cosa trasportasse e cercando di porre la mano sui sacchi. Se non che, quasi nel medesimo istante, il Caccuri fece partire cinque colpi di rivoltella. Impressionato da tale fatto mi ritrassi, mentre Caccuri, col mulo, si diede alla fuga, facendo partire dopo poco altri due colpi.

Poi viene interrogato Caccuri:

Ammetto di aver sparato numerosi colpi con la mia arma, ma vi fui indotto dal timore di essere stato fermato da un rapinatore e non già da un agente della forza pubblica, infatti, quando mi intimò il fermo non qualificò le proprie funzioni e poi era pure ubriaco!

Ascoltato nuovamente, Sapia dichiara di essersi qualificato e ovviamente smentisce di essere stato ubriaco, circostanza smentita anche dall’assessore Laforza.

Caccuri viene rinviato al giudizio della Corte di Assise di Rossano e la causa si discute il 17 gennaio 1948.

La Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni e le parti, osserva: esclusa ogni portata di serietà nelle asserzioni dell’imputato, non resta che valutare la reale portata dell’azione dallo stesso compiuta. In proposito, la Corte non esita ad affermare che il giudicabile bene era edotto che nel Comune di Terravecchia si rendeva molto azzardoso il perpetrare l’acquisto abusivo di farinacei per il servizio particolarmente severo predisposto dalle autorità locali le quali, invero, avevano fra l’altro provveduto ad uno speciale servizio di sorveglianza anche notturna, eseguito da ronde di vigilanza affidato ai propri assessori e dipendenti, nella specie Luigi Laforza e Teodoro Sapia, infatti il Caccuri stimò prudente uscire dall’abitato di Terravecchia col carico di pane abusivamente acquistato nel pieno della notte. Vero è che Caccuri, acquistato il pane, era deciso a portarlo a Campana anche a rischio di dovere, per fare ciò, superare ostacoli non indifferenti e ciò spiega perché partì dal proprio paese armato di rivoltella. Ma, al momento del fermo ad opera del vigile Sapia, l’imputato non mirò, esplodendo l’arma, se non ad incutere grave timore nel pubblico ufficiale che lo aveva fermato. Ogni diversa e più grave intenzione, quella cioè di ferire e meno ancora quella di uccidere, oltre ad apparire sproporzionata al bene da porre in salvo, pochi chilogrammi di pane, resta esclusa dalla circostanza che di ben cinque colpi di rivoltella esplosi contro il Sapia nessuno lo attinse, sebbene la distanza fosse minima, si è precisato a cinquanta centimetri. Da siffatto elemento deve forzatamente ricavarsi che il prevenuto non voleva colpire l’avversario, ma solo mirava ad intimorirlo perché desistesse dal compiere l’atto del suo servizio. Del resto, se Caccuri avesse avuto in animo di compiere il gravissimo delitto ascrittogli, molto verosimilmente non si sarebbe trovato a casa e non si sarebbe ivi trattenuto, tanto che nella mattinata successiva fu ivi rintracciato e tratto in arresto. Consegue che l’imputato debba essere dichiarato responsabile del minore delitto di resistenza a pubblico ufficiale, aggravata dall’arma. La pena stimasi fissarla in mesi 15 di reclusione, da aumentarsi di mesi 3 per l’aggravante, oltra alle spese ed alle pene accessorie. I precedenti del Caccuri consentono l’applicazione del condono di cui al D.P.R. 22 giugno 1946, n. 4 e la pena viene interamente condonata, ordinando la scarcerazione del Caccuri, se non detenuto per altra causa.[1]

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte di Assise di Rossano.