
– Non sai niente? Stamattina hanno trovato uno morto ammazzato sulla strada rotabile in contrada Fontana della puttana!
Sono le nove di mattina del 7 maggio 1921 ed a questa notizia Giulia Grandinetti, quarantaduenne contadina di San Giacomo di Cerzeto, sbianca in viso, lascia quello che sta facendo e corre a vedere. Ha il cuore in gola che batte a mille, preoccupata, anzi terrorizzata, che possa trattarsi di suo figlio, il diciannovenne Attanasio Iuliano, perché manca da casa dal pomeriggio del giorno prima.
Arrivata sul posto trova molti curiosi che guardano sotto il muretto a lato della strada. Si fa largo e non ha bisogno di scendere giù perché, nonostante su quel cadavere scorra abbondante acqua a forma di cascata scorrente lungo il torrente e quindi il cadavere sia immerso nell’acqua, riconosce la giacchetta di panno grigio verde, il panciotto ed i calzoni di fustagno nero, le strisce bianche sulla camicia scura e, poco discosti, la mantellina grigio verde ed il berretto. Sì, quello in fondo al dirupo, sette metri più in basso, è Attanasio! Giulia ha prima un mancamento, poi comincia a graffiarsi il viso, ad urlare e strapparsi i capelli, ma in testa ha un’idea fissa: suo figlio è stato ucciso per vendetta e qualche ora dopo lo racconta al Pretore:
– È stato ucciso per vendetta da alcuni suoi compagni a nome Francesco Candreva, Gaetano Rago e Pasqualino Esposito, tutti da San Giacomo, per le ragioni che vi dirò: il 2 maggio mio figlio fece quistioni presso l’abitato di San Giacomo con Francesco Candreva e vennero alle mani e lo stesso Candreva, passando innanzi la mia porta, mi disse il fatto della lite. Poco dopo mio figlio fece quisitione con Pasqualino Esposito a causa del giuoco e nello stesso luogo. Il giorno dopo Candreva mi disse che aveva fatto pace con mio figlio, il quale me lo confermò. La notte del due maggio Attanasio stette fuori tutta la notte e la mattina appresso lo trovai innanzi la Chiesa Parrocchiale insieme con Pasqualino Esposito. Nessun’altra notte egli è rimasto fuori casa, quantunque parte della notte se la faceva fuori, rincasando ordinariamente verso le undici o mezzanotte. Ieri sera, al ritorno dalla campagna, mio figlio più piccolo mi disse che Attanasio aveva lasciato gli animali in campagna affidati a lui e si era allontanato.
– Portava armi quando usciva?
– Egli non soleva portare armi. Ieri notte, verso le undici, avendo inteso due forti detonazioni di armi da fuoco, mi preoccupai ed uscii di casa in cerca di Attanasio e non lo potetti rinvenire. Sul far del giorno uscii di nuovo in cerca di lui e nemmeno lo trovai. Incontrai Giuseppe Montanaro che mi disse di scandagliare mio figlio perché aveva parecchio danaro. Egli lavorava ma non portava il danaro in casa e spesso giuocava a bevande e forse anche a danaro. La settimana passata mi disse che aveva vinto al giuoco molte bottiglie di birra, delle scatole di salmone e del caffè e il perditore era stato Gaetano Rago. Io ho sospetto contro i predetti individui perché Rago sarà rimasto corrivo per la perdita subita al giuoco e gli altri due per le precedenti quistioni, ma i maggiori sospetti cadono su Francesco Candreva perché temeva che mio figlio denunziasse il furto di un agnello consumato da esso Candreva in danno di Luciano Pollora, furto avvenuto in seguito ad accordi tra mio figlio, Candreva e Consalvo Condino i quali, verso la fine di dicembre dell’anno passato si giuocarono al tocco il furto dell’agnello e cioè a chi sarebbe uscito il tocco avrebbe dovuto rubare l’agnello. Il tocco uscì a Candreva, che infatti rubò l’agnello. Saputo io il fatto da mio figlio, avvertii le madri di Candreva e Condino di non far commettere ai figli simili azioni, allo stesso modo che io avevo avvertito mio figlio.
– Come mai vostro marito non viene a sporgere querela?
– Mio marito trovasi detenuto nelle carceri di Cosenza… mi querelo io contro gli autori del delitto!
Intanto, siccome l’omicidio è stato commesso pochi metri dentro il comune di San Martino di Finita, ad indagare sono i Carabinieri di San Martino.
Appena il Maresciallo Capo Pietro Tomeo arriva sul posto con i suoi uomini ha subito notato le evidenti tracce di sangue che dal centro della strada vanno verso il muretto e poi giù nel dirupo ed è certo che tra la vittima e l’assassino (o gli assassini) c’è stata una violenta colluttazione, dimostrata da un ciuffo di capelli della vittima trovato accanto ad una pozza di sangue. Poi viene a sapere della discussione avvenuta qualche giorno prima tra Attanasio e Francesco Candreva e che altri problemi Attanasio li aveva avuti con Consalvo Condino e Antonio Rago. I tre vengono rintracciati e dopo un minuto interrogatorio Candreva conferma le divergenze e ammette di aver dato un pugno ad Attanasio; gli altri due invece negano di avere mai avuto contrasti con la vittima. La sera del 6 maggio? Tutti e tre sono rincasati un’ora dopo il tramonto, ma non hanno testimoni che confermino la loro permanenza a casa durante tutta la notte dal 6 al 7.
Mentre il Maresciallo Tomeo interroga Candreva nota sul suo panciotto alcune chiazzette di sangue e gliene chiede conto:
– Alcune sere fa, essendomi ritirato a casa ubriaco, mia madre mi diede uno schiaffo e mi fece uscire il sangue dal naso, per questo il panciotto è sporco…
È un indizio potenzialmente molto importante, perciò bisogna avere la conferma della madre, che però sembra cadere dalle nuvole:
– Da circa sette anni non ho più avuto motivo di bastonare mio figlio, né si è mai ritirato ubriaco…
– Vi ho chiesto se gli avete tirato uno schiaffo qualche giorno fa, non se lo avete bastonato!
– Assolutamente no!
Qui gatta ci cova, meglio perquisire l’abitazione. Tombola! Stesa al sole ad asciugare c’è una giacca, è di Francesco Candreva.
– Quando è stata lavata questa giacca? – chiede il Maresciallo ai presenti.
– Ieri! – si affretta a rispondere la sorella tredicenne del sospettato.
– No, che dici? è stata lavata parecchi giorni fa! – la correggono. Ma forse la frittata è fatta, anche perché, osservata attentamente la giacca risulta ancora umida e ci sono delle macchie di sangue all’esterno ed all’interno delle maniche. Continuando la perquisizione, i Carabinieri trovano anche un pantalone con macchie che sembrano di sangue e sequestrano tutto.
Le perquisizioni nelle abitazioni di Condino e Rago invece non ottengono risultati. Ma la cosa più interessante di cui il Maresciallo Tomeo viene informato è che Candreva, Condino e Rago avrebbero ucciso Attanasio Iuliano in seguito ad una lite sorta fra di essi nel dividersi la somma di lire mille rubata a Francesco Capparelli da San Giacomo, ad opera sospetta di Attanasio Iuliano, furto denunciato l’8 maggio presso i Carabinieri di Cerzeto, dato che gli stessi quattro formavano una sola comitiva col giuocare, divertirsi e quistionare di frequente fra loro. Poi Tomeo ipotizza ciò che sarebbe accaduto la notte del 6 maggio: riteniamo che detta comitiva, ad ora piuttosto avanzata, si sia incamminata sulla via di San Martino discutendo in merito alla divisione della refurtiva e che cammin facendo sia arrivata sul posto dell’avvenuto delitto. Qui certamente sarà sorta tra di essi una disputa che degenerò nell’uccisione di Iuliano il quale, dopo ucciso, venne depredato di ciò che aveva indosso e poscia gettato nel burrone. Queste nostre considerazioni vengono confermate dalla circostanza che la madre del morto ci ha fatto presente che una donna da San Martino di Finita, a nome Maria Rosa Nico, mentre ad ora tarda del 6 ritornava al paese da San Giacomo, giunta al ponte Finita udì la voce (anzi un grido) che riconobbe essere dell’ucciso. Fatti ancora pochi passi vide tre o quattro individui che venivano da San Martino e che alla sua vista si diedero a fuggire nel bosco circostante ma, data l’oscurità, non riconobbe nessuno. Infine le notizie sull’attività della vittima: ci risulta che il defunto Iuliano era dedito al furto e al giuco delle carte. Egli aveva contratto presso parecchi esercenti di San Giacomo parecchi debiti che pagò il giorno 6 maggio e si vocifera in paese che avesse avuto indosso una forte somma di danaro, senza ch’egli avesse avuto la possibilità di procurarsi tale somma, dato che non lavorava quasi mai.
Rintracciata, la sessantenne Maria Rosa Nico smentisce la madre di Attanasio e dice:
– Effettivamente la sera del 6 maggio mi ritirai da San Giacomo verso l’imbrunire e quando giunsi nei pressi di San Martino vidi sulla strada carrozzabile, al di là del ponte Finita, tre individui che venivano verso San Martino, ma non li conobbi. Non udii grida, né vidi gli uomini fuggire.
Nonostante questo brutto colpo, la madre di Attanasio si presenta dai Carabinieri e lancia nuove accuse:
– Ritengo complici nell’omicidio di mio figlio anche Francesco Scarlato e Fioravante Capparelli, nonché certa Lucia Sarro, d’anni cinquanta da San Giacomo. I primi due perché conducevano vita comune sia nel giuoco che nelle quistioni e la terza perché, essendo donna di dubbia moralità, era ricettatrice di diversi furtarelli, tanto che alcuni giorni fa mio figlio prese un nostro gallo portandolo in casa della Sarro ove fu consumato, probabilmente da qualche comitiva di giovinastri. Saputo che il gallo era andato a finire in casa della Sarro, mi recai da costei per riaverlo. La Sarro, allora, vistasi scoperta, e trovandosi nell’impossibilità di restituirmi il gallo perché già consumato, mi diede in cambio una gallina. Oltre a questo, sospetto molto della Sarro pel fatto che mio figlio disse contro la medesima che, se essa non mi restituiva il gallo o non me lo avesse pagato, avrebbe rivelato quanto in precedenza si era consumato in casa sua, parole che furono comunicate alla Sarro.
Interrogata, Lucia Sarro conferma la storia del gallo e questo basta per arrestarla.
Intanto sono arrivati i risultati dell’autopsia, che confermano lo scempio compiuto su Attanasio Iuliano: otto ferite da punta e taglio dovute a colpi di stile o pugnale tra l’addome ed il torace, tre delle quali penetranti nella cavità addominale ed una a destra dello sterno; una ferita da punta e taglio sulla spalla destra; una ferita da punta e taglio sulla guancia destra con recisione dell’arteria facciale; due ferite da punta e taglio dietro l’orecchio destro; una ferita da punta e taglio nella zona carotidea destra con recisione della carotide interna e della giugulare; una ferita da punta e taglio alla regione sinistra della nuca; nella regione della tempia destra si nota lo strappo di capelli e alla palpazione l’osso sottostante scricchiola. La morte è avvenuta per dissanguamento. Non ci sono segni di ferite sulle mani e sugli avambracci, tipiche di chi cerca di difendersi dai colpi, il che fa pensare, contrariamente a quanto si era ipotizzato, che non ci fu una colluttazione tra la vittima e l’assassino (o gli assassini) ma che Attanasio fu colpito all’improvviso, probabilmente con il colpo alla nuca, e una volta caduto gli furono inferte le altre 13 pugnalate.
Poi si presenta spontaneamente in Pretura Vincenzo Basile, il marito di Lucia Sarro, e racconta:
– Sono il marito di Lucia Sarro, ma vivo separato da lei da quattro o cinque anni perché stanco di sopportarla per tutte le stravaganze (in paese è ritenuta una bushtra, una magara. A questo proposito si può leggere la storia di Lucia Sarro, uccisa qualche anno dopo, cliccando qui. Nda), le azioni disoneste e le ruberie commesse in mio danno. Anche dopo separato da lei mi ha rubato mille lire che io avevo nascosto dietro un quadro e per deviare le tracce del reato mi ha bruciato la casa. quando sono stato in America ella, non solo si dava ai divertimenti e ai godimenti di ogni sorta in compagnia specialmente di giovinastri, vestendosi in maschera e anche da uomo specialmente di notte, quanto non mi ha serbato fedeltà. Io la perdonai, ma quando ho visto che non era possibile ricondurla sulla diritta via mi sono separato. Adesso io abito a pianterreno e lei al piano soprastante e, pur non volendo, ho sempre avuto occasione di sentire e vedere quello che in casa sua si facesse. In casa sua, come al solito, si davano convegno i giovinastri del paese per ballare, giuocare, mangiare e per vestirsi in maschera. Ciò fino a quando entrò in casa sua la moglie del suo figlioccio. Ultimamente, poco prima del suo arresto, ella ha compiuto l’ultima cattiva azione contro di me, vendendo alla moglie del suo figlioccio un terreno e ha fatto sparire dalla casa tutta la biancheria, caldaie, casseruole, sedie ed altro. Ho saputo che aveva cercato un sicario per farmi uccidere e lo aveva trovato nella persona di Iuliano Giovanbattista. In una parola: ella è una donna pericolosissima, capace di qualsiasi cattiva azione. Dopo l’uccisione di Attanasio Iuliano e l’arresto dei sospetti autori, i suoi atti sono in relazione alla detta uccisione e penso che ella ha fatto sparire gli oggetti di casa e si è dismessa dal fondicciuolo, unica sua possidenza, perché pensava che un giorno o l’altro sarebbe stata arrestata e ha voluto aggiustare preventivamente le sue faccende.
Tutti i sospettati, più volte interrogati, si dichiarano innocenti e citano molti testimoni a discarico ma restano sempre alcune ore scoperte che non riescono a giustificare. Il più compromesso però sembra essere Francesco Candreva perché i risultati della perizia eseguita dal dottor Francesco Pisani e dal farmacista Armando Mascaro sulle macchie di sangue rinvenute sui suoi indumenti, non autorizza ad esprimere un giudizio di assoluta certezza a causa della lavatura alla quale fu sottoposto il vestito, tuttavia induce ad affermare che esse siano con ogni probabilità di sangue umano.
– Contesto vivamente che le larghe chiazze trovate sui miei abiti fossero di sangue. Si tratta invece di macchie di unto o di altre macchie dovute alla natura del nostro lavoro campestre! – continua a ripetere Candreva.
Un gradino più sotto di Candreva c’è Lucia Sarro perché in casa della stessa praticava continuamente l’ucciso Iuliano Attanasio e tutti gl’individui di mala vita di San Giacomo, ove si consumavano generi di provenienza furtiva e dove si tenevano complotti di mala vita. D’altra parte è ormai opinione comune che Attanasio sia stato ucciso per non aver voluto dividere, almeno nelle forme che gli vennero imposte, i proventi del furto commesso ai danni di Francesco Capparelli. E chi può essere stato se non i giovinastri suoi compagni di giuoco e di quistioni che si riunivano in casa di Lucia Sarro?
La bushtra, la magara, si difende:
– Non è vero che in casa mia convenivano Attanasio Iuliano, Francesco Candreva, Rago ed altri perché non avevano che venire a fare. È vero che una volta, dieci giorni prima della sua uccisione, Iuliano mi portò un gallo per venderlo ed io lo acquistai pagandolo sei lire, ma dopo lagnata la madre, le dessi una gallina e quindi non è vero nemmeno che il gallo fu mangiato in casa mia da quei giovinotti perché è servito per un mio figlioccio ammalato.
– Ma che la comitiva di giovinotti veniva in casa vostra lo dice anche vostro marito…
– Io sono con l’abitazione soprastante a quella di mio marito e benché viva separata da lui, egli non permetterebbe che in casa mia convenissero persone estranee e tanto meno a scopo delittuoso! Le accuse di mio marito, che dovrebbero dare base alla mia responsabilità, sono frutto di vecchie inimicizie e rancori sempre vivi. Alla mia età non avrei certamente raccolti in casa mia giovinotti e tanto meno mi sarei con loro prestata a compiere la strage di cui la giustizia si occupa.
La Procura tira dritto e chiede il rinvio a giudizio di tutti gli imputati. La Sezione d’Accusa, il primo maggio 1922, un anno dopo l’omicidio, non ritiene che ci siano prove sufficienti per accogliere la richiesta nei confronti di Gaetano Rago, Consalvo Condino, Fioravante Capparelli, Scarlato Francesco e Lucia Sarro e ne dichiara il non luogo a procedere. Resta solo Francesco Candreva, che risponderà di omicidio volontario. Non sussiste l’aggravante del furto perché non è provato che a commettere il furto delle mille lire sia stato Attanasio Iuliano e che avesse denaro in tasca.
Ad occuparsi del caso sarà la Corte d’Assise di Cosenza il primo febbraio 1923.
Valutate in aula le prove presentate dalla Procura, le deposizioni dei testi e le dichiarazioni dell’imputato, il Pubblico Ministero si convince della sua innocenza e ne chiede l’assoluzione. La Corte è dello stesso parere e assolve Francesco Candreva per non aver commesso il fatto, ordinandone l’immediata scarcerazione, se non detenuto per altra causa.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.