LA VERGA VIRILE

– Vai alla Croce dell’Annunziata dove c’è una grande quercia abbattuta, portati un sacco e raccogli le scorze di quercia che ho tolto dall’albero, servono a mamma per tingere stoffa – dice il fratello ad Annunziata Galati, dodicenne di Paludi, quando mancano un paio di ore al tramonto del sole il 18 marzo 1850.

– Da sola non ci vado – gli risponde la ragazzina – dico a Rosa Pizzuto se manda con me la figlia Filomena.

Filomena ha undici anni, un carattere vispo, due occhi neri come il carbone e quando sente la sua amichetta chiedere alla mamma di farla andare con lei, insiste per convincerla, ricordandole che alla Croce dell’Annunziata ci sarebbe dovuta andare la mattina dopo a raccogliere una fascina di legna secca per il focolare.

– Domani mattina ci devo andare da sola mentre adesso siamo in due…

Ha toccato il tasto giusto e la mamma acconsente. Le due ragazzine si avviano e sono felici e libere di spettegolare sulle altre coetanee e confidarsi i primi cambiamenti nel loro fisico.

Ad un certo punto della mulattiera, da un sentiero laterale, dietro di loro sbuca non visto il venticinquenne Gennaro Salatino, avvolto in un pesante mantello, che ascolta lo spettegolare delle due ragazzine:

–  La vedi là sotto Serafina Salatino? – fa Filomena ad Annunziata.

– Sì, perché?

Come è infocata di Pietro Onofrio! Vorrebbe sfogata

Gennaro cambia colore, Serafina è sua sorella e quella cosa non avrebbe proprio voluto sentirla, ma fa finta di niente, accelera il passo, raggiunge le due e dice:

– Dove state andando?

Io vado in cerca di alcune cortecce di quercia che il mio germano mi ha preparato, ma non ho capito dove, e lei deve raccogliere un po’ di legna secca per il fuoco – gli risponde Annunziata.

– Vi accompagno io perché ho visto tuo fratello mentre preparava le cortecce e raccolgo qualche frasca per me e qualche pezzo di legno per te – termina indicando Filomena.

E tutti e tre continuano a camminare insieme finché raggiungono la grande quercia abbattuta. Annunziata apre il sacco e comincia a raccogliere la corteccia, mentre Gennaro e Filomena scendono più giù verso il fiume raccogliendo legna e frasche, lontani dalla vista di Annunziata. È il momento giusto!

Vorresti sfogata tu in luogo di mia sorella? – dice Gennaro alla bambina mentre la butta a terra e le si butta addosso a sua volta.

Annunziata è piegata per raccogliere le ultime cortecce quando delle urla strazianti che le fanno accapponare la pelle, provenienti dal punto ove si erano poco innanzi diretti Gennaro e Filomena. È la voce di Filomena, ma non capisce cosa stia urlando per lo strepito della vicina fiumara. Lascia il sacco e corre a vedere cosa sta accadendo.

Filomena è prostrata al suolo e Gennaro è sopra di lei, entrambi coperti dal manto di lana del giovane, il quale tiene fortemente chiusa con una mano la bocca della bambina. Filomena agita il capo mostrando di voler gridare, senza poterlo più fare.

Gennaro si accorge della presenza di Annunziata, si alza lasciando libera Filomena, e le dice:

– Se non stai zitta ti ammazzo! – poi raccatta il mantello e scappa.

Filomena è come inebetita, poi Annunziata la scuote e tra le lacrime le racconta cosa è successo:

Mentre fingeva di aiutarmi a raccogliere legna, inaspettatamente, come gli venne opportuno, mi colse, mi buttò a terra e mi stuprò

Poi le due bambine, seppure terrorizzate, si caricano addosso l’una una fascina di legna e l’altra il sacco pieno di corteccia di quercia e tornano in paese. Ma mentre Filomena resta muta, Annunziata, appena vede sua madre sulla porta di casa, con gli occhi umidi, esclama:

Mamma mia, non mi avessi mai mandato alle scorze!

– Che hai? Che è successo?

Gennaro Salatino ha gittato a terra Filomena e, chiusale la bocca, l’ha stuprata! L’ho visto con questi occhi! – poi si butta tra le braccia della mamma e scoppia a piangere.

Immediatamente la donna va ad avvisare Rosa Pizzuto, la madre di Filomena, che interroga la bambina e, avuta la conferma dell’orrore, corre dal Supplente Giudiziario del comune di Paludi a denunciare lo stupratore, confortata dalla deposizione di Annunziata. Il fatto è credibile, ma bisogna avere da un medico la conferma dell’avvenuta violenza, così viene chiamato il dottor Francesco Lettieri che, assistito dal barbatonsore Giuseppe Gerbasi per mancanza di altri medici, sottopone la bambina a visita e conclude:

Giudichiamo che Filomena Pizzuto è stata imperfettamente deflorata, come anche giudichiamo che le offese sono state prodotte con istrumento contundente e lacerante.

Imperfettamente deflorata. E non è violenza questa? Parrebbe di no se mancasse la completa lacerazione dell’imene. Ma il magistrato vuole vederci più chiaro e affida l’esecuzione di una vera e propria perizia ai chirurghi Serafino Salfi e Giuseppe Domenico Pato, che dovranno fornire una dettagliata relazione e dire se lo stupro c’è stato o no. E i due sono chiarissimi nella loro relazione:

Non vi è dubbio che vi sia stato lo stupro, essendo che i segni e le lesioni sono, purtroppo, appariscenti e chiare le tracce dell’introduzione della verga virile nella vagina di vergine donna. È stupro ogni violenza al pudore femminile e dalla totale o parziale introduzione del membro, dal molto o poco guasto arrecato alle vergogne e da altri simili incidenti, i quali non muovono da volontà o computo dell’impudico violatore del più sacro diritto della donna, non si accresce o diminuisce l’atto turpe e laido. È perciò nostro avviso che l’attentato contro Filomena Pizzuto abbia i caratteri e sia lo stupro vero consumato.

Gennaro Salatino non viene arrestato nemmeno dopo che alcuni testimoni giurano di averlo visto con Filomena e sentito la minaccia di morte.

Tre giorni dopo il fatto Serafina Magarò, la madre di Annunziata, è seduta davanti alla porta di casa quando vede la madre di Gennaro Salatino avvicinarsi alla casa di Rosa Pizzuto e dirle:

Andiamo dal Sindaco per concertare il matrimonio

E Rosa Pizzuto, presa per mano Filomena, segue lei, il marito e Gennaro per concordare, secondo la loro credenza, il matrimonio di una bambina di undici anni appena compiuti. Serafina è sconcertata e segue il gruppo per sapere come andrà a finire quest’altra oscenità.

Il Sindaco non è in casa, ma c’è suo fratello, Francesco Fonzi, che altri non è se non il Supplente Giudiziario, e Gennaro gli dice:

O l’ho fatto il male o non l’ho fatto, son venuto a sposarmela.

Francesco Fonzi prima scoppia a ridere ma poi, tornato serio, gli risponde:

Non ha nemmeno dodici anni, è ben inutile pensarci, tornatevene a casa.

Avranno capito? Neanche per idea perché adesso vanno dal parroco a chiedere come fare per riuscire nel loro intento.

Mio figlio se la deva sposare, principalmente per scansare la persecuzione della giustizia – ripete più volte la madre di Gennaro e ogni volta don Pietro le risponde:

Non è possibile, è una bambina di undici anni.

La persecuzione della giustizia arriva e Gennaro Salatino viene arrestato. Interrogato ammette di avere abbrancato Filomena per quello che disse nei confronti di sua sorella, ma di non averle fatto niente di male. La perizia medica? Sono tutti contro di lui. Ma siccome è stato istruito per bene su quello che rischia in caso di condanna, chiede di essere processato in forma sommaria (l’equivalente del nostro rito abbreviato con conseguente sconto di pena in caso di condanna). La richiesta viene accolta ed il dibattimento, davanti alla Gran Corte Criminale di Cosenza si tiene il 29 luglio 1850.

La Prima Commissione di Classifica, a pieni voti dichiara Gennaro Salatino colpevole di stupro violento e lo condanna, accordandogli lo sconto di pena per il rito con la forma sommaria, a mesi 25 di prigionia.[1]

[1] ASCS, Gran Corte Criminale.