LA FESTA È FATTA

Verso la fine del 1904, in casa del sessantacinquenne Salvatore Ruggiero, nel rione Calvario di San Giovanni in Fiore, con lui abitano la moglie Barbara Veltri, 60 anni, le figlie Maria, 30 anni, e Serafina, 22 anni, nonché il figlio Giuseppe, 41 anni, con la moglie Isabella Piccolo, 35 anni. Ma non tutto va per il verso giusto perché da circa sei mesi Giuseppe ha stretto illecite relazioni con ventiquattrenne Rosa Scavoglio, maritata con figli, che per volere di Giuseppe e malgrado il divieto dei suoi familiari ogni giorno si siede a mensa con tutti i Ruggiero. Ovviamente questa spiacevole situazione causa molto frequentemente litigi, durante i quali Giuseppe minaccia sempre i suoi di bruciare la casa.

È la sera del 13 dicembre 1904, Santa Lucia. A casa Ruggiero hanno organizzato una cenetta a base di soppressate, prosciutto e vino per festeggiare il ritorno dalle Americhe del loro congiunto Francesco Pagliaro, marito di un’altra figlia, Rosa. Ci sono anche Giovanni Nicoletti, il marito di Caterina Ruggiero, l’altro figlio Francesco, la figlia Teresa, 18 anni, che vive con la sorella Rosa, ma non Rosa Scavoglio e Giuseppe si è offeso perché non è stata invitata. Dopo cena il festeggiato va via, accompagnato dall’esplosione di qualche “allegra” fucilata in aria e l’anziano capo famiglia Salvatore va a letto lasciando gli altri a discorrere accanto al fuoco. Durante la chiacchierata, quasi a mezzanotte, Nicoletti attacca briga con Giuseppe perché vorrebbe portare via dalla casa la cognata Maria per sottrarla ai maltrattamenti del fratello. Allora Giuseppe, vinto per tale diverbio, per l’invito alla cena non fatto dai suoi alla Scavoglio ed eccitato dal vino bevuto, con un lume ad olio scende per la botola nella stalla sottostante, dove sono custoditi un mulo, della paglia, del fieno e due majali. Dopo qualche minuto Salvatore ricompare dall’uscio esterno della casa e dice ai presenti:

Si salvi chi può! – poi, rivolto a Nicoletti, continua – Ora dà tu da mangiare a tutti quanti!

Poi scompare nel buio e va davanti la casa della sua amante ed esclama:

La festa è fatta!

Intanto in casa Ruggiero si comincia ad avvertire un forte odore di fumo che filtra dal tavolato che separa la stanza dalla stalla ed in pochi secondi il crepitio del fuoco e le fiamme che divampano. Scoppia il panico e nella confusione ognuno cerca di salvare sé stesso, così nessuno pensa di andare a svegliare il capo famiglia che dorme profondamente e che si sveglia solo per le urla dei suoi familiari davanti alla sciagura che li sta colpendo e quando le fiamme ormai hanno circondato il letto. Intontito dal sonno e dal fumo inalato non pensa a scappare così come si trova e perde qualche secondo per cercare e indossare una camicia. Ce la fa ad uscire, ma riporta gravi ustioni alla testa e al braccio sinistro e quando è fuori tutti tirano un sospiro di sollievo, ma nessuno si è accorto che tra loro non c’è Barbara Veltri.

Il fuoco divampa per tutta la notte e tutti, Carabinieri, Guardie Municipali, Delegato di P.S. e vicini compresi, assistono impotenti al crollo progressivo del fabbricato. La casa è perduta, gli animali sono perduti, ma nessuno ancora fa caso all’assenza dell’anziana Barbara.

L’indomani, sul far del giorno, quando il fuoco, alimentato anche da tre ettolitri di olio conservati in soffitta, si spegne, i Ruggiero realizzano che manca Barbara. La chiamano, la cercano, ma l’anziana non c’è e non risponde. La trovano carbonizzata tra le macerie fumanti. No, non è esatto perché della povera Barbara trovano solo il busto, il resto è diventato cenere. Il sospetto è che Barbara, per andare a prendere il denaro nascosto in soffitta, nello scendere sprofondò nel fuoco alimentato dall’olio caduto. Una morte orribile.

Il Delegato Giuseppe Misciasci ed il Maresciallo Giovanni Pasteris cominciano le indagini per stabilire se si sia trattato di un incendio accidentale o doloso ed intanto verbalizzano: un violento incendio nella stalla sottostante alla casa di abitazione di tal Ruggiero Salvatore, vetturino di anni 60, in pochissimo tempo e pria che giungessero sul luogo dei soccorsi, il fuoco fece crollare il pavimento ed il soffitto, riducendo in cenere tutto quanto si trovava nella medesima e cioè mobili, masserizie, paglia, fieno ed un mulo, danneggiando in modo orribile il fabbricato. Oltre del rilevante danno, che ha messo sul lastrico una famiglia numerosa, perì miseramente fra le ardenti rovine Veltri Barbara, di anni 60, moglie del Ruggiero Salvatore. Erano rimaste fra le macerie e poscia furono rinvenute e consegnate dall’Autorità Municipale a Ruggiero Salvatore lire 500 in dollari di oro, che il fuoco non riuscì a fondere.

Poi i due investigatori raccolgono le deposizioni dei Ruggiero. Comincia l’anziano Salvatore che, dopo aver raccontato della cenetta, continua:

Mio figlio Giuseppe aveva delle illecite relazioni con certa Rosa Scavoglio, che aveva introdotto in mia casa e spesso succedevano, a causa di lei, delle scenate. Spesso Giuseppe ha percosso la propria moglie per la stessa ragione. Noi naturalmente mal vedevamo l’inframettenza della Scavoglio in casa nostra, ove voleva far da padrona, ma intanto eravamo costretti a subirla per volere di mio figlio

– Credete, come tutti sono convinti, che sia stato vostro figlio, magari istigato dalla Scavoglio?

Io non ho sospetti sull’autore dell’incendio, né posso accusare mio figlio, come nemmeno posso dire se tale incendio fosse stato doloso o colposo. Non ritengo Rosa Scavoglio capace di aizzare mio figlio contro di noi e molto meno di determinarlo ad appiccare il fuoco alla casa

– Per quanto avete detto, sembra che non vogliate sporgere querela…

– No, non mi querelo contro alcuno

Poi è la volta di Isabella Piccolo:

Dopo che mio cognato Francesco Pagliaro andò via, l’altro mio cognato Giovanni Nicoletti cominciò ad altercare con mio marito. L’alterco ebbe causa dal perché Nicoletti pretendeva in sua casa la sorella di mio marito a nome Maria, perché voleva lui sostentarla e ciò per sottrarla alle ire che di continuo succedevano in nostra casa a causa di mio marito. Questi, alla pretesa di Nicoletti, prima rispose negativamente e dopo finì per acconsentire. Appena esternato tale suo consenso, si prese un lume di latta ripieno di olio, che accese, ed uscì di casa.

– Quello che è successo dopo lo sappiamo, adesso ci dovete parlare dei rapporti che c’erano nella vostra famiglia.

In nostra casa non regnava più la pace da quando mio marito cominciò a trescare con Rosa Scavoglio. Spesso egli in casa faceva delle scenate perché pretendeva che la sua amante vi stesse e vi mangiasse, mentre né io, né gli altri di casa potevamo tollerare tale scandalo. Però Rosa, nonostante il nostro rifiuto, stava continuamente in casa e vi mangiava, ma non vi passava la notte. Mio marito, in qualche scenata che succedeva a causa della sua amante, esclamava irato: “Qualche volta vi ammazzo, qualche volta vi brucio dentro la casa!”. Mio marito certo non prediligeva me all’amante. Non solo, ma spesso mi batteva per un nonnulla. Ricordo una volta, cioè nella notte del quindici agosto ultimo, che io dovetti uscire di casa ignuda completamente perché mio marito mi percuoteva e la causa ne fu l’avergli io osservato che mal faceva a farsi tirare le scarpe dalla sua amante in mia presenza. Ciò perché la Scavoglio era ancora in nostra casa mentre io ero a letto e la stessa aveva tirato una scarpa a mio marito, che si accingeva a coricarsi.

– Ritenete che Rosa Scavoglio aizzasse vostro marito contro di voi e possa averlo istigato a fare ciò che ha fatto?

Non ritengo la Scavoglio capace di aizzare mio marito contro di noi e molto meno capace di averlo spinto ad incendiare la casa, se autore di tale incendio è lui.

Giovanni Nicoletti dice di non ricordare nulla di ciò che accadde dopo la cenetta e sembra cadere dalle nuvole anche riguardo ai rapporti familiari e su chi possa aver provocato l’incendio, ammesso che si sia trattato di un incendio doloso.

Teresa e Caterina si avvalgono della facoltà di astenersi dal deporre in quanto sorelle dell’imputato, mentre Maria e Serafina decidono di parlare. Comincia Maria:

– Non so spiegare come perché mio fratello Giuseppe fosse scappato, né posso dire se autore dell’incendio, dolosamente o casualmente, fosse stato lui. È vero che mio fratello aveva delle illecite relazioni con Rosa Scavoglio, ma quella sera nessuna questione vi fu in proposito, quantunque altre volte, a causa della Scavoglio, avesse battuto la propria moglie.

– Quando scappaste di casa avete notato se la porta del basso era aperta o chiusa?

Vidi la porta del basso aperta, ma non so da chi fosse stata aperta

Poi Serafina:

Giuseppe era in tresca con Rosa Scavoglio e costei, per volere di lui, mangiava e si intratteneva durante il giorno nella casa nostra, contro il nostro volere perché a noi dispiaceva quello scandalo. Io dormivo in casa di mia sorella Rosa perché il marito era in America e frequentavo poco la casa paterna, perciò non ho mai assistito alle scenate fatte da mio fratello, però sentivo dire da quelli di casa che Giuseppe percuoteva spesso la di lui moglie, non so per quale ragione.

– Secondo te Rosa Scavoglio era capace di aizzare tuo fratello contro di voi e capace di istigarlo a bruciare la casa?

Non la ritengo capace.

Qualcosa non torna: tutti i familiari disposti a deporre raccontano dei maltrattamenti, dicono di aver visto Giuseppe scendere nel basso con il lume acceso e subito dopo di avere visto andare la casa a fuoco, la porta del basso aperta e Giuseppe che era sparito, ma si rifiutano di accusarlo di avere dato fuoco alla casa, rischiando di ucciderli tutti. Perché? Forse sapendolo in circolazione ne temono la vendetta? È questa l’impressione, rafforzata dalla Guardia Municipale Francesco Caputo che, dopo aver ricostruito gli avvenimenti della sera del 13 dicembre secondo quanto appreso dalle sue indagini, accusa:

Quanto anzi ho detto lo ha riferito a me Giovanni Nicoletti, dopo aver esclamato: “Don Cì… se potessi parlare!”. La voce della gente colà raccolta si traduceva nella seguente espressione, che andava per la bocca di tutti: “Per la puttana ha fatto la frittata!”. Però nessuno voleva spiegare e chiarire la ragione di tale espressione perché chi veniva domandato, si affrettava a dire che non sapeva niente.

Si, probabilmente non solo i familiari, ma tutto il vicinato teme Giuseppe, che qualcuno a mezza bocca si spinge a dire che nel rione godeva l’opinione di uomo dal cuore cattivo.

Giovanni Nicoletti, nuovamente interrogato, nega di aver raccontato alla Guardia Municipale Caputo come si svolsero i fatti la sera del 13 dicembre e il Pretore decide di metterli a confronto:

Caputo a Nicoletti: Non ricordi che la notte in cui avvenne l’incendio io ti domandai come avesse potuto succedere e tu mi rispondesti che con tuo cognato Giuseppe vi eravate bisticciati circa la di lui sorella Maria, che tu volevi sostentare in casa tua, che poi egli era sceso al basso attraverso la botola con una luce in mano, che poco dopo, affacciatosi alla porta della casa ti aveva detto: “Adesso dacci tu a mangiare a tutti quanti”, che in quel mentre vi siete tutti accorti che dal basso salivano dei vortici di fumo e di fiamme e che tu cercasti di aprire la botola e non ti riuscì perché era chiusa?

Nicoletti a Caputo: È vero tutto quello che hai detto, solo una circostanza non ricordo, che cioè ti avessi detto che mio cognato Giuseppe, affacciatosi sulla porta avesse profferito le parole: “Adesso dacci tu a mangiare a tutti quanti”. Non deposi prima quando venni interrogato perché ero ancora confuso e stordito per la disgrazia avvenuta. Di più, pure trovai la botola chiusa perché forse in quella baraonda non mi orizzontai circa il punto preciso in cui trovavasi.

Caputo a Nicoletti: Ricordati bene che tu dicesti le parole pronunziate da Giuseppe “Adesso dacci tu a mangiare a tutti quanti” e che tali parole ti disse affacciato dalla porta di casa.

Nicoletti a Caputo: Io, ripeto, non ricordo se ti dissi anche ciò.

È tutto. Il Pretore congeda i due e annota: il contegno di Caputo è stato fermo e deciso, quello di Nicoletti incerto e titubante.

Viene ascoltato anche Salvatore Olivito, presso la cui famiglia l’anziano Salvatore lavora come vetturino:

Da qualche mese Salvatore Ruggiero spesso, in casa mia, si lamentava a causa del figlio Giuseppe ed io gli intesi dire spesso che la pace in sua casa era finita dopo che Giuseppe avea stretto illecite relazioni con Rosa Scavoglio e perciò faceva tutte le sere quistioni e percuoteva la di lui moglie e li minacciava spesso dicendo che li avrebbe bruciati a tutti quanti. Nel mese di aprile o maggio di questo anno, avendo io lavorato in casa di Salvatore Ruggiero per parecchi giorni, ebbi occasione di vedere che Giuseppe per un nonnulla percuoteva la moglie.

In più alcuni testimoni raccontano che Giuseppe andò sotto casa di Rosa ed esclamò “La festa è fatta!”. Questo, unito al fatto che Giuseppe è scappato ed è irreperibile, convince Misciasci e Pasteris della sua piena responsabilità quale responsabile dell’incendio e quindi della morte di sua madre, ma li convince anche, nonostante le smentite dei Ruggiero e di qualche testimone, della responsabilità di Rosa Scavoglio quale istigatrice morale a delinquere, la dichiarano in arresto e la interrogano:

Da circa sei mesi a questa parte sono in relazioni intime con Giuseppe Ruggiero. Questi, per economia, ha preteso che io mangiassi nella di lui casa, con la di lui moglie e gli altri suoi parenti. Ivi stavo anche di giorno, la notte andavo a dormire in casa mia. Non so se la moglie e gli altri parenti mi malvedessero e se tollerassero la mia presenza nella loro casa. Certo che, me presente, Giuseppe non ha mai fatto con loro alcuna scenata.

– Nemmeno la notte del quindici agosto?

Solo una volta, sulle prime ore della notte del quindici agosto ultimo, ebbe a percuotere la di lui moglie perché costei lo rimproverò per essersi fatto da me estrarre le scarpe. Non ricordo se la moglie, a causa delle percosse, avesse abbandonato completamente nuda il letto coniugale.

– E ieri sera?

Ieri sera io mi ritirai in casa mia da quella di Giuseppe con circa un’ora di notte e dopo aver lasciato costui a letto. Mentre io ero in casa mia dentro il letto ed avevo fatto il primo sonno, intesi delle grida. Mi alzai ed uscii per vedere di che si trattasse. Seppi del fuoco appiccato nella casa del mio drudo, mi avvicinai colà e stetti in mezzo alla folla a vedere con raccapriccio le fiamme che avevano invaso tutta la casa. Dopo circa tre ore, e prima che il fuoco si spegnesse, io mi ritirai in casa mia perché stanca.

– Sicura che sia andata così? A noi risulta che Giuseppe è venuto a dirti che aveva fatto la festa a tutti…

Io non lo vidi più dopo averlo lasciato a letto nella di lui casa.

– Tra la folla hai visto Barbara Veltri?

Non vidi se fra la folla vi fosse Barbara Veltri, soltanto vidi il marito Salvatore Ruggiero e le figlie Maria, Serafina, Caterina e Teresa.

– Giuseppe odiava i suoi familiari e insieme a te ha organizzato tutto, confessa!

Giuseppe non mi ha mai parlato male dei suoi parenti, né di sua moglie. Io sono innocente e non ritengo che Giuseppe avesse appiccato fuoco alla casa, anche perché non lo ritengo così ganzo di produrre il danno che gli ha prodotto con un tale incendio.

Il suo difensore presenta subito istanza di scarcerazione e la Camera di Consiglio concede a Rosa la libertà provvisoria.

Ma ci sono anche molti testimoni che descrivono Giuseppe come un giovane di indole buona ed incapace di commettere azioni cattive, che amava i suoi genitori, tanto che dall’America mandava i suoi risparmi direttamente alla madre anziché alla moglie e che ogni sera scendeva nella stalla a governare la sua vettura, quindi potrebbe essersi trattato di una disgrazia.

Vengono ascoltate di nuovo Serafina e Maria Ruggiero su questa possibilità ed entrambe rilasciano la stessa dichiarazione:

Mio fratello Giuseppe ogni sera scendeva nella stalla per governare il suo mulo e vi scendeva non una sola volta, ma parecchie, sia per dargli la biada, sia per abbeverarlo, sia per dargli la paglia o il fieno. Nella sera in cui avvenne l’incendio, mio fratello era già sceso una prima volta nella stalla verso l’avemaria ed avea somministrato la biada al mulo. Quando scese la seconda volta io non ero presente, ma certo non era una cosa insolita perché avrà potuto scendere per abbeverarlo o dargli del fieno o anche per vedere se fosse ingarbugliato alla cavezza o altro. Mio fratello quella sera era abbastanza ubbriaco perché durante il giorno avea trasportato del vino ed anche la sera avea bevuto per l’arrivo di nostro cognato dall’America.

– Ma, ammettendo che si sia trattato di una disgrazia, perché è scappato?

Non so spiegare perché sia scappato via e si mantenga latitante

La deposizione che potrebbe cambiare le carte in tavola viene fornita da Marianna Talarico, l’unica tra tutti i presenti alla disgrazia a riferire questa circostanza:

La sera dell’incendio accorsi una delle prime e fra la gente vidi Giuseppe Ruggiero seminudo, scalzo, senza cappello in testa. Io presi una scala e l’appoggiai alla finestra della soffitta ed egli, senza dare il tempo a me, vi salì per tentare di poter salvare qualche oggetto, ma dovette retrocedere perché il fuoco aveva avvolto già tutta la casa. Lo vidi allora disperarsi e piangere sopra ogni altro per il suo mulo che era rinchiuso nella stalla che bruciava. Poi non lo vidi più e si dice che sia scappato, temendo di essere ritenuto autore dell’incendio e quindi arrestato.

In effetti ci sono delle cose che non quadrano. Per esempio, se Giuseppe era presente durante l’incendio, perché i suoi familiari non lo hanno detto? Marianna Talarico riferisce che la porta della stalla era chiusa, ma Maria Ruggiero ha affermato di avere visto la porta aperta e deve essere stato così perché i maiali riuscirono a scappare sottraendosi alla morte, cosa ch non poté fare il mulo perché legato.

Può bastare per chiudere l’istruttoria e gli atti vengono trasmessi al Giudice Istruttore per formulare le richieste nei confronti di Giuseppe Ruggiero, sempre latitante, imputato di omicidio col mezzo d’incendio in persona della propria madre Veltri Barbara e mancato omicidio col mezzo d’incendio in persona del proprio padre Salvatore Ruggiero e Rosa Scavoglio, imputata di correità nei due delitti.

Il Giudice Istruttore ha molti dubbi sulla ricostruzione dei fatti e, di conseguenza, chiede il proscioglimento degli imputati per insufficienza d’indizi.

Il 13 aprile 1905 la Camera di Consiglio, udita la relazione del Giudice Istruttore e letta la requisitoria del Pubblico Ministero, osserva che non è rimasto affatto provato che il fuoco fu appiccato da Giuseppe Ruggiero volontariamente ad istigazione della sua druda Rosa Scavoglio. Infatti ottimi erano i rapporti tra il Giuseppe ed i suoi genitori e non erano mai stati turbati di qualche scena di gelosia che avveniva tra esso e la propria moglie perché costui teneva la Scavoglio, sua druda, nella casa coniugale. Non solo, ma quel che si trovava nella casa era quasi tutto suo, tanto che allo stato degli atti manca una causale attendibile per cui il Ruggiero si sia determinato ad appiccare il fuoco alla propria abitazione. Uniformemente alla requisitoria del Pubblico Ministero, dichiara non farsi luogo a procedimento penale contro Ruggiero Giuseppe e Scavoglio Rosa per insufficienza d’indizi.

Che fine ha fatto Giuseppe Ruggiero, scappato in pieno inverno seminudo e scalzo, come ha raccontato Marianna Talarico?

Potrebbe essere uscito di senno ed essersi suicidato. Improbabile.

Potrebbe essere rientrato nella stalla per cercare di salvare il mulo ed essere morto carbonizzato sotto le macerie e i resti delle sue ossa essersi confusi con i resti del mulo. Chissà? Del resto della povera Barbara Veltri, che certamente era al piano superiore, non restò che il busto.[1]

[1] ASCS, Processi Penali.