MARCIREMO INSIEME NELLA TOMBA

Regina, 5 novembre 1897

Signor Brigadiere

Da più giorni mio marito Francesco Brunelli, propriamente dal lunedì 1° novembre la sera, per affari d’interessi mi cacciò fuori minacciandomi col revolver. Da quel giorno sono fuori in casa di parenti, ma capirà, signor Brigadiere, che non posso più continuare in tale situazione.

Ho telegrafato a Cosenza senza avere avuto risposta. A casa non c’è perché tutti i giorni ho mandato per vedere se mai fosse venuto per farlo persuadere, ma inutile. Pensa lei in che stato debba trovarmi, gli affari di casa trascurati, le sofferenze mie continue sì morali, sì fisiche: io non posso più continuare ad aspettare.

Che abbia la gentilezza di venire lei o di consigliarmi come debbo fare.

Ossequiandola mi creda

Maria Cerisano

Sono le 10,00 del 5 novembre quando il Brigadiere Ettore Tommasini gira e rigira la lettera tra le mani dopo averla letta. Ha altro da fare, magari nel pomeriggio manderà un Carabiniere da Montalto a Regina per cercare di mettere pace. Poco dopo, però, arriva trafelato il postino con in mano un telegramma del Sindaco di Lattarico, di cui Regina è una frazione.

– Ecco qua! Questioni di pubblica sicurezza… dobbiamo andare a Lattarico… vuoi vedere che la lettera della signora e il telegramma del Sindaco fanno parte dello stesso affare? – dice a un suo sottoposto, invitandolo poi a prepararsi.

Quando i Carabinieri arrivano nei pressi di Regina trovano sulla strada due individui che li stanno aspettando. Uno di questi, tale Francesco De Gattis, si fa avanti e, con atto d’indifferenza, racconta che Brunelli, il marito della signora Cerisano, mancava da colà da lunedì sera ed essendo completamente ubbriaco minacciò la propria moglie a mano armata di revolver, che fu costretta la mia cugina Cerisano Maria di ricoverarsi dai suoi parenti. I Carabinieri, si sa, devono essere sospettosi e Tommasini trova molto strana la dichiarazione non richiesta di De Gattis. Arrivati a casa Brunelli, quasi appartata, alla quale si accede quasi dall’aperta campagna mercè una gradinata di sette gradini, trovano la porta chiusa. Bussano ripetutamente ma non risponde nessuno. Il Brigadiere Tommasini decide di entrare forzando una finestra e quando sono dentro notano che la porta si può chiudere a chiave solo dall’esterno. La stanza è una cucina e da questa si accede ad un altro ambiente che è nel buio più totale. All’inizio non notano niente fuori posto o che possa fornire qualche indizio sulla presenza di qualcuno in casa, poi, una volta varcata la soglia della seconda stanza e aperta una finestra, sul tavolo che c’è nel mezzo vedono due piatti, in uno dei quali ci sono dei peperoni fritti. Poi c’è uno scrittoio con un organetto, una piccola boccettina comune con pochissimo inchiostro, due astucci da penna, uno dei quali senza la punta, una statuetta, delle cartine, un calendario da sfogliare che segna il giorno due corrente e un foglio piegato in quattro. Sulla destra vi è un sofà comune coverto di ingianna ed avanti dello stesso un piede col braciere e della cenere. Nel fianco destro di questo sofà si vede il cuscinello di appoggio quasi pendente e la magramma del sofà increspata e tirata in avanti. Accanto al braciere c’è un ammasso di cenere e più avanti una scatola di fiammiferi rovesciata per terra e cinque fiammiferi sparsi per la stanza. Il Brigadiere Tommasini si accorge dell’insistenza con cui De Gattis osserva il foglio piegato in quattro e lo sequestra, poi invita i presenti a non toccare niente ed entra nella terza stanza. Ecco la triste realtà: poggiato alla bussola della porta vi è un cadavere in decubito supino, colla testa sollevata dal suolo e poggiata alla bussola, la quale bussola non è macchiata di sangue od altro. Il cadavere è vestito di giacca, gilet, camicia, pantaloni e calzonetti, scarpe e calzetti. La giacca ed il gilet sono sbottonati ed aperti in modo da lasciare scoverto tutto il torace e l’addome. La camicia è quasi tutta inzuppata di sangue sul davanti. Nella regione pericardiale si nota una ferita da arma da fuoco. Il calzone è tutto sbottonato fino ai genitali esterni e nelle parti superiori del davanti si mostra anche inzuppato di sangue.

Ecco! Ecco, il suicida ha lasciato una lettera! – urla De Gattis, senza sapere di cosa trattasse. Tommasini lo fulmina con lo sguardo, poi torna nella seconda stanza e dedica la propria attenzione al mucchietto di cenere sul pavimento, dicendo in modo provocatorio:

Qui vi è il sangue ricoperto dalla cenere

No, non è sangue, quello è vomico! – risponde De Gattis come una molla di scatto, sebbene lontano oltre tre metri e solo due secondi dopo di aver aperta la finestra, ciò che non si poteva distinguere che dopo di averne mosse le ceneri che lo coprivano abbastantemente.

A questo punto i sospetti del Brigadiere nei confronti del diciannovenne De Gattis diventano quasi certezze. “Deve essere ben a conoscenza del fatto”, sussurra all’orecchio del suo sottoposto. In questo frattempo arriva sul posto anche la ventunenne vedova Maria Cerisano. Davanti a quella scena di sangue sembra quasi indifferente e i sospetti del Brigadiere Tommasini aumentano sempre di più.

– Brigadiere! Qui c’è una rivoltella a sei colpi, carica ma con un colpo già esploso! – lo avvisa il Carabiniere Luigi Ghisellini dalla seconda stanza.

– Cosa? E come ci è arrivata? Le rivoltelle non camminano da sole – dice ironicamente guardando la vedova e il cugino, che cercano di sviare lo sguardo. Ormai non ha più il minimo dubbio –. Qui non si tratta di suicidio ma di omicidio!  Portali in caserma, più tardi dovremo fare una bella chiacchierata – ordina al Carabiniere.

Ispezionando la camera da letto dove è il cadavere, Tommasini nota tra il letto e una piccola culla, una sedia rovesciata sulla spalliera e sul pavimento, ad appena 15 centimetri, un lume a petrolio di metallo con la cassettella fuori ed il tubo rotto. Poi, sul pavimento che era stato ramazzato, una lunga serie di tracce di sangue che portano verso il letto e un’orma di vomico di un piede scalzo.

– Gli hanno sparato nel letto – osserva Tommasini nonostante il letto ha tutta l’apparenza di non essere stato usato per dormire.

Però sulla rimboccatura del lenzuolo al lato destro ci sono delle strane macchioline che il Brigadiere giudica essere macchie sanguigne e residui di vomico. I due cuscini sono entrambi sul lato sinistro del letto, uno sull’altro: quello superiore non ha nessuna macchia o sporcizia, mentre l’inferiore è nelle stesse condizioni della rimboccatura del lenzuolo. Scoperto il letto ecco la conferma ai sospetti di Tommasini: sul lenzuolo che covre le materazze moltissime macchie di sangue imbrattano il centro ed il lato destro, mentre il lenzuolo superiore si presenta immune perfettamente di ogni macchia di sangue.

“Chi lo ha ammazzato avrebbe fatto meglio a lasciarlo nel letto, sarebbe sembrato tutto più naturale… il colpo lo ricevette mentre dormiva in letto e quindi trascinato in un modo che anche cadendo non si poteva esso cadavere trovare in quella posizioneil revolver non poteva trovarsi a circa un metro dalla porta che mette nella terza stanza dapoichè se fosse stato suicida non potette ritornare nella seconda stanza, ove senza dubbio si doveva trovare vasche di sangue come si rinvenne sul letto e sul pavimento della terza stanza” pensa il Brigadiere che poi comincia a raccogliere qualche informazione tra i curiosi davanti alla casa e non ci mette molto a scoprire che i due cugini sono stati in passato in intime relazioni e che certamente lo sono tuttora. In fretta e furia invia un telegramma al Pretore e si fa autorizzare una perquisizione in casa di De Gattis. Qui trovano la porta aperta ma dentro non c’è nessuno. Dopo circa due ore di lavoro fece ritorno la madre a nome Cerisano Beatrice di anni 46 che, subito interrogata, disse che si era recata a Lattarico sin dalla sera prima. Poi, in seguito ad altre domande, disse essere partita tre ore prima di far giorno. Continuando la perquisizione da un cassetto di un tavolo abbiamo rinvenuto i seguenti scritti ed oggetti:

1° Una busta con due pezzi di carattere di Cerisano Maria che spediva un nastro con dei capelli a De Gattis Francesco: “Ricordo della tua sfortunata Maria che tanto era felice quando godeva a te, ricordati per sempre della tua cara Maria”. Nella stessa busta di carattere del De Gattis vi era notato quanto appresso: “Roberto ed Amelia quel che sarà non ti farà dimenticare mai il nostro amore e noi uniti fino nella tomba dove marciremo insieme, ci ameremo anche lassù in paradiso eternamente e fortemente”.

2° In un quarto di foglietto ove vi è scritto di carattere di Cerisano Maria: “Vieni che Ciccio è andato in campagna”.

3° Ottavo di foglietto ove vi è scritto di carattere di Cerisano Maria: “Caro Francesco si te sei alzato e che mo sei che puoi uscire, vieniti che ti devo parlare”.

4° Un pezzo di carta rigato a quadretti ove vi è scritto in lapis dal De Gattis: “Una cambiale da £ 6 mila, mancando questa una da cinque mila e l’altra da mille, mancando queste 6 da mille. Mezzo chilo di caciocavallo – Un mezzo chilo di baccalà – Due pani bianchi”. Nello stesso biglietto vi è scritto di carattere di Sansosti Stanislao la nota degli oggetti: “Sei cambiali £ 7:80 – Caciocavallo £ 1:00 – Pane 0.60 – Baccalà £ 0.40 – 9:80

5° Altro pezzo di carta blù con entro capelli da donna

6° Un quarto di mezzo foglio ove si trova scritto quanto segue: “Cara Maria devi farci mettere la sua firma dove è quel segno coll’apis. Bada non farci scrivere altro, semplicemente la firma, capisci niente altro semplicemente la firma all’ultimo rigo. Dopo firmato me li mandi per vedere se vanno bene, tuo per sempre FDG.

In un canestro si rinvenne un fazzoletto bianco sporco di sangue con le iniziali M.C. le quali confrontano con nome e cognome di Cerisano Maria, moglie al Brunelli. Da una cassa di biancheria si rinvenne un fazzoletto bianco bordato a fiori. Due coperte di proprietà del Brunelli, due lenzuola per letto matrimoniale con le iniziali S.L., le quali corrispondono al nome di Scarpelli Livia, prima moglie del Brunelli, defunta da circa 3 anni. Quattro asciugamani ove si osservano le stesse iniziali S.L. ma però vennero ad arte tolte, nonché un pezzo di tela in metraggio, oggetti riconosciuti tutti per proprietà del Brunelli da Cerisano Francesco, padre della Cerisano Maria.

Rinvenimmo pure otto lettere datate in lapis dal ’92 in poi, riguardanti il loro amore e che la Cerisano Maria scriveva al De Gattis. Abbiamo anche sequestrato una lettera che il Brunelli scriveva al De Gattis in data 2 maggio 1897, anche per riscontrare i caratteri con la lettera rinvenuta sul tavolo e che tratta di suicidio ove si rileva modo, calligrafia e stile diverso dalla capacità del Brunelli.

Poi Tommasini aggiunge: Ultimata la perquisizione, ci siamo convinti che vi fosse la complicità della Cerisano Beatrice ed interrogata sulle iniziali poste sulle lenzuola disse di averle fatte essa e che non conosceva bene le lettere e per tale motivo abbiamo proceduto al di lei arresto.

A questo punto il sospetto, confermato da diverse confidenze, è che il delitto sia avvenuto dopo di aver fatto firmare al Brunelli diverse cambiali per £ 6000 ed infatti le cambiali vennero acquistate, cioè mandò il De Gattis una lettera da certa Caruso Maria a Sansosti Stanislao il quale riconobbe anche il biglietto ed il suo scritto fatto per la nota della spesa.

Ma c’è un’altra circostanza ad aggravare la posizione di Francesco De Gattis: la mattina del primo novembre fu visto entrare in casa Brunelli con addosso un abito chiaro che, per quante ricerche si siano fatte, non è stato trovato.

Frugando in casa Brunelli, i Carabinieri trovano un atto di vendita fatto dalla vittima in favore della moglie di diversi pezzi di terra e la casa di abitazione, con la data in bianco mese di Settembre 1897. E desta molto sospetto anche il calendario fermo alla data del 2 novembre, ciò che va a dubitare che gli aggressori vi si recarono anche il di successivo per meglio assestare le cose. Nella prima stanza si rinvenne pure un paio di scarpe rotte, riconosciute per quelle di De Gattis ed uno straccio macchiato di sangue che stava posto dietro un cumulo di legne. Nello stesso tempo viene smosso il mucchietto di cenere sul pavimento e si scopre che, come aveva improvvidamente detto Francesco De Gattis, questa era sopraposta a materie rovesciate, fra le quali dei peperoni.

Ma Tommasini non si ferma qui: fatte indagini e ricerche nei pressi dell’abitazione del mal capitato Brunelli, in un luogo remoto e che non si può intercedervi senonchè scalata di un muro a secco alto metri 1.80, si rinvenne una quantità di spazzatura di casa con piccoli straccetti ed uno più grande intriso di sangue, nonché tre lumini per lampa, come infatti nella terza stanza da letto, ove si ritiene che vi abbiano ramazzato, vi esiste una lampa. Fra le dette pezze abbiamo osservato, unitamente all’Ill.mo Sig. Pretore, un pedalino alquanto rotto, sporco di sangue e cenere o cenere e vomito, come lo addimostra l’orma di un piede trovato vicino al vomito ricoperto di cenere e può essere che le orme siano state del De Gattis perché le sue scarpine sequestrate sono quasi prive di fondo.

La conferma che Francesco Brunelli non si suicidò arriva dall’autopsia, conferma rafforzata da una perizia grafica sulla lettera trovata sullo scrittoio: l’ha scritta De Gattis.

E gli imputati? Cosa dicono a propria discolpa riguardo all’accusa di omicidio premeditato in concorso?

Maria Cerisano fa delle affermazioni sibilline ma respinge ogni accusa:

Non ho colpa io alla morte di mio maritoè colpa suasi è chiuso di dentro – il che è falso perché è stato accertato che la porta non poteva essere chiusa dal di dentro nel modo in cui fu trovata. Poi cade in numerose contraddizioni ma continua a negare.

Francesco De Gattis mostra quanto è furbo e svelto e nega tutto. Sia lui che Maria negano di avere una relazione extraconiugale.

Beatrice Cerisano, madre di Francesco De Gattis e zia di Maria sembra cadere dalle nuvole: lei di questa brutta storia non ne sa proprio niente, ma viene smentita da molti testimoni che riferiscono come quella maledetta notte se ne sia andata in giro di casa in casa con sua nipote Maria, dicendo che il marito l’aveva cacciata di casa e comincia a contraddirsi.

Per i successivi tre interrogatori continuano a negare. Riconoscono per propri i biglietti e le lettere d’amore ma continuano a negare di avere una relazione. Negano anche in alcuni confronti a cui vengono sottoposti.

Poi, la mattina dell’11 novembre 1897, Francesco De Gattis chiede di parlare col Pretore. Il colloquio si svolge nella stanza del custode del carcere di Montalto Uffugo e Francesco, in lacrime, racconta:

Non voglio avere rimorsi nella coscienza, tranne quello di aver taciuto fin oggi, sperando di poter salvare anche Maria, con la quale io ero in intime relazioni e mi dispiaceva intimamente di lei. Ecco come avvenne il fatto. La sera di lunedì primo corrente, da due ore o tre dopo fatto notte si presentò in mia casa Maria Cerisano e, mentre mia madre si recava a procurare della camomilla, ella mi confessò che pochi momenti prima di venire in mia casa, il proprio marito, ubbriaco fradicio, voleva ucciderla e perciò quando il marito era sul letto, gli aveva tolto la rivoltella e gli aveva esploso un colpo e poscia era uscita di casa dal finestrino ch’è a fianco la porta. Non avendo io riferito il fatto a mia madre – l’intenzione ora è quella di salvare sua madre – questa, poveretta, si recò più volte in casa del Brunelli per vedere s’era rientrato, perché Maria diceva essere andato ora a San Benedetto, ora a Cosenza. Non rivelai il fatto a mia madre, sperando di poter salvare Maria. Poi mi disse che domenica aveva avuto un altro diverbio col marito, il quale disse che avrebbe ucciso lei e poscia si sarebbe suicidato ed all’uopo scrisse quella lettera, ch’ella carpì al marito e poscia la lasciava sul tavolo per giustificare la morte dello stesso. In altri termini ella disse di aver profittato di quella lettera per potersi salvare. Perciò io non parlai sperando sempre di potersi salvare in virtù di quella lettera

Ma Maria non ci sta e a sua volta accusa il cugino-amante

Non è vero che io avessi ucciso mio marito né è vera la storia che racconta della lettera fatta da mio marito e lasciata da me sul tavolo perché quella lettera è falsa! Francesco De Gattis, se ha coraggio, me lo dica in faccia!

L’amore eterno e la passione sono svaniti in un istante.

I due sono messi a confronto e arrivano le sorprese:

De Gattis: Quando mia madre si recava a prendere la camomilla, tu non mi dicesti avere ucciso con un colpo di rivoltella sul letto tuo marito?

Cerisano: (rimane titubante, guarda per un pezzo fisso il De Gattis e poscia soggiunge) Signor Pretore, è vero… mio marito mi minacciava continuamente, ora con rivoltella, ora con coltello e lunedì, ubbriaco, mi minacciò con la rivoltella. Io gliela tolsi dalle mani mentr’era nel letto e gli esplosi un colpo al petto, poscia fuggii dalla finestra che richiusi e mi recai da Francesco

Il Pretore intuisce che qualcosa non va, forse i due si erano messi d’accordo prima su questa versione da fornire nel caso in cui qualcosa fosse andata storta e fa allontanare dalla stanza De Gattis, quindi interroga Maria sulla presunta lettera del marito:

Della lettera non ne avevo conoscenza, non so come si sia potuta trovare sul tavolino… il carattere di quella lettera non è di mio marito – si ferma, riflette un po’ e prosegue – la lettera fu fatta da Francesco De Gattis in sua casa con la speranza di potermi salvare e verso 4 ore di notte io, Francesco e la madre di lui ritornammo in casa Brunelli e mettemmo la lettera sul tavolo per potersi trovare quando si scovriva la morte. Con meraviglia trovammo che mio marito era disteso vicino la porta, mentre io l’avevo lasciato dentro nel letto. Uscimmo immantinenti recandoci nella casa del De Gattis

– E la rivoltella?

La lasciai nella stanza di mezzo, vicino al comodino

Fatto rientrare De Gattis e lettogli quanto dichiarato da Maria, controbatte:

La lettera non è stata da me scritta, ricordati bene – dice rivolto a Maria – tu stessa portasti la lettera dicendo averla scritta il giorno avanti e poscia tu, io e mia madre ci recammo nuovamente in casa Brunelli, io e tu entrammo dalla finestra e lasciammo la lettera sul tavolo, mia madre rimase nel riposo avanti la porta

Si, è vero, ricordo meglio… io ho portato quella lettera da casa mia, tu la leggesti e per salvarmi ci recammo a deporla sul tavolo… – afferma Maria, sconcertando il Pretore. Francesco De Gattis la incalza:

No, tu sapevi della lettera. Io solo ti consigliai, per salvarti, ad andare a deporla sul tavolo

Così è… mi sento confusa dopo il triste fatto e non so spiegarmi con facilità e la memoria mi si è confusa

Signor Pretore – continua Francesco De Gattis – la carrozza che oggi ha trasportato mia madre in Cosenza stamane, mi ha compunto. Piango ed ho voluto dire la verità. In opposto per amore di lei avrei tutto sopportato! – Maria lo guarda come se stesse guardando un angelo e combina la frittata:

Grazie! Acconsento tutto… tu cercasti salvarmi e non altro… il delitto è stato da me compiuto ed io sola devo piangerlo!

È evidente che il cugino la ha in suo potere e le fa dire ciò che vuole, ma è altrettanto evidente che la confessione e la ricostruzione dei fatti offerti da Maria non reggono. Troppe incongruenze.

E arrivano anche le testimonianze, alcune decine, che descrivono la vittima come un cretino che lasciò insinuare De Gattis nella propria casa a godersi la moglie in tutta tranquillità perché era assolutamente incapace di nuocere a chicchessia, specie dopo che fu condannato per porto abusivo di un fucile da caccia. Figurarsi che possedeva una rivoltella, quella rivoltella, e non volendo più sapere niente di armi, la vendette proprio a Francesco De Gattis, vagabondo che ha sciupato un po’ di danaro recandosi a Napoli con la scusa di studiare all’Istituto Galileo Galilei. Ha pure mostrato un diploma, ma quel diploma, come un diploma dell’Istituto Tecnico di Caserta trovati e sequestrati, sono falsi, timbri compresi.

Ciò che i testimoni riferiscono su Beatrice Cerisano fa venire la pelle d’oca: è una terribile donna che ha la responsabilità di essere l’artefice della tresca tra suo figlio e sua nipote Maria e per tal fatto i genitori della Cerisano e tutti i parenti dei medesimi non hanno trattato più la Maria Cerisano e la Beatrice. Addirittura anche i suddetti parenti gridavano vendetta e tutti ritengono che la Beatrice è stata la direttrice dell’assassinio.

Maria è stata una moglie infida che giaceva nel medesimo letto in compagnia del marito e del De Gattis.

Gli inquirenti concludono: la pruova più convincente del loro concerto nasce da quello che avvenne in queste prigioni. Mentre De Gattis e Maria Cerisano erano detenuti nelle carceri di Montalto, dagli sportelli esistenti nelle porte confabulavano assieme. Un giorno la Cerisano non comprendeva le parole e da altra detenuta fu inteso dire: “accollati l’omicidio così io esco e faccio uscire te”. E perché non comprendeva, il De Gattis disse alla Cerisano: “Fingi freddo che stasera ti mando una coperta e nella stessa metto una lettera”. Infatti la sera fu portata dalla stanza di De Gattis a quella della Cerisano una coverta nella quale si cuciva una lettera che dopo letta, dalla Maria Cerisano si riduceva a pezzi. Sequestrata la coperta, si rinveniva un filo di cotone nel quale si attaccava la lettera.

I tre vengono rinviati a giudizio per omicidio premeditato in concorso e trasferiti nelle carceri di Cosenza. A poco più di un mese dall’inizio del dibattimento fissato per il 28 aprile 1898 davanti alla Corte di Assise di Castrovillari, il 15 marzo del 1898 Maria riceve la visita di suo fratello Giuseppe con il quale non aveva più rapporti da anni e durante il colloquio deve accadere qualcosa che fa cambiare idea a Maria Cerisano la quale, terminata la visita, chiede di essere ascoltata dal Giudice Istruttore e rivela:

Ho chiesto di essere interrogata perché intendo riferire la verità in ordine alla uccisione di mio marito – sarà la volta buona? –. Fino a che mi sono creduta abbandonata da tutti di mia famiglia io non ho pensato che a seguire le istigazioni di Francesco De Gattis, assumendo a me la responsabilità della uccisione di detto mio marito; oggi però ho ricevuto la visita di mio fratello Giuseppe al quale, avendo chiesto perdono, mi ha risposto “ti avremmo perdonato se, almeno, tu avessi detto la verità”. Queste parole sono bastate a convincermi esser bene che io questa verità faccia interamente conoscere alla giustizia.

– Bene, la ascolto.

Premetto che prima di sposarmi col Brunelli io amoreggiai col De Gattis. La mia famiglia però non era contenta di questa unione ed io lo lasciai e sposai il Brunelli, dalla famiglia stessa propostomi. Profittando però della sua parentela con me e col Brunelli, il De Gattis Continuò a frequentare la mia casa. un giorno che mio marito era assente, il De Gattis chiuse la porta della mia stanza ed a forza mi fece giacere con lui. Da quella volta io continuai a concedergli i miei favori, però di questa nostra relazione presto si seppe in paese e ne giunse notizia allo stesso mio marito il quale, mosso da gelosia, cominciò a rimproverarmene ed a percuotermi spesso. Lo stesso mio padre, dopo avermi fatto rimprovero per questa tresca, un giorno e precisamente quello dell’avvenimento, ne parlò a mio marito. Questi, la sera, mentre era con me nella camera da letto, indignato per quanto eragli stato informato da mio padre, prese a rimproverarmi, a percuotermi e a minacciarmi di uccidermi in modo più grave del solito. In quel momento, perché ancora non avevamo chiuso dall’interno la porta di casa che era rimasta assicurata dal solo saliscendi, Francesco De Gattis entrò ed inteso il rumore si spinse fino alla nostra camera da letto e vedendo che mio marito mi stava percuotendo, estrasse una rivoltella e ne esplose un colpo contro il medesimo. Il Brunelli, che trovavasi in piedi vicino al letto, cadde rovescio sul letto stesso. Io mi misi a piangere ed a gridare, ma il De Gattis mi scongiurò di tacere e di salvarlo come egli, diceva, avea salvato me e disse che il modo per ottenere ciò vi era facendo credere a un suicidio. Subito dopo, preso il calamaio ed un foglio di carta, siamo usciti tutti e due ed il De Gattis, avendo lasciato me fuori la porta di casa, andò a casa sua per trovare una chiave con la quale potè chiudere dal di fuori la porta di casa mia e ciò perché fu primo pensiero di De Gattis di far credere ad un suicidio e quindi era necessario lasciare la chiave della casa nostra nello interno appiccata al solito chiodo e far trovare egualmente la porta chiusa. Ed egli ci riuscì; difatti tornò poco dopo con la chiave di casa sua che, per combinazione, serviva benissimo anche per la porta di casa mia che egli, dopo essere entrati per riporre il calamaio ed una lettera che collocò sullo scrittoio di mio marito, con la detta chiave, chiuse. Dopo ciò ce ne andammo tutti e due nella casa sua. mi disse che poi che pur che io tacessi, quella lettera lo avrebbe salvato

– E quando siete rientrati in casa vostro marito era morto?

Quando rientrammo in casa udimmo che mio marito rantolava, ciò che prova che non era ancora morto

– Quando siete andati a casa del De Gattis, sua madre c’era? Cosa avete detto o fatto?

A casa sua il De Gattis mi disse che era bene che io prendessi la biancheria e gli altri oggetti che furono sequestrati e così io, De Gattis e sua madre tornammo alla detta mia casa e prendemmo i detti oggetti, allora mio marito era morto, trasportandoli un po’ per ciascuno in casa De Gattis. Questi, per necessaria precauzione, tolse dalla porta di casa sua la serratura e la nascose sotto la tettoia fra i correnti delle tegole, dove probabilmente si troverà ancora. Così facendo egli intendeva evitare il pericolo che si potesse scoprire poter essere stata chiusa la porta di casa mia con la chiave di casa sua

– Risponde a verità che voi e De Gattis vi metteste d’accordo nel carcere di Montalto sulla versione da fornire alla giustizia?

Mentre ero nelle carceri di Montalto il De Gattis pregò una certa Chiara che faceva la pulizia di portarmi un suo biglietto; quella donna non ne volle sapere ed il De Gattis dal suo carcere riuscì a dirmi (trattandosi di due camere una vicina all’altra) che chiedessi una coperta per meglio ripararmi dal freddo. Io chiesi di fatti una coperta che mi fu data dalla custode che l’avea presa nel carcere di De Gattis e ad un pizzo di quella coperta trovai cucito un biglietto del De Gattis col quale questo mi raccomandava di addossarmi io la responsabilità dell’uccisione del Brunelli e mi suggeriva questo modo: egli si sarebbe fatto chiamare nuovamente dal Pretore, gli avrebbe detto che autrice del delitto era io per difendermi da mio marito che, ubbriaco, mi minacciava con la rivoltella, della quale io l’avevo disarmato servendomene per ucciderlo; io poi, chiamata dal Pretore, avrei dovuto sulle prime negare, ma posta a confronto con lui, dire il fatto come egli mi avea suggerito. In compenso di ciò egli mi assicurava che una volta libero avrebbe provveduto alla mia difesa e mi avrebbe fatto assolvere, tanto più che la mia famiglia parea mi avesse abbandonata. Mi raccomandava poi in quel biglietto di dire che le cambiali

– Ecco, stavo appunto per chiedervi di parlare delle cambiali firmate da vostro marito a favore del De Gattis… continuate

Mi raccomandava di dire che le cambiali erano di cinque o sei cento lire l’una e tre sole anziché sei da lire mille, ed io penso che egli questo suggerimento mi desse coll’intenzione di poter un giorno far valere le dette sei cambiali che erano rimaste in casa sua. quando poi sono stata messa a confronto col De Gattis, egli mi fece cenno di acconsentire a quanto egli affermava che, cioè, le cambiali erano sei e delle quali tre fatte vedere a lui e altre tre non firmate da mio marito. Ed io, che mi ero messa sulla via di seguirlo in ogni suo suggerimento, confermai esser vero quanto egli diceva in ordine alle cambiali. Penso che il De Gattis abbia voluto, in quel confronto, che io così mi regolassi, temendo che le cambiali fossero state trovate in casa sua e così far credere che io ve le avessi potute collocare a sua insaputa

– Ma le cambiali a casa sua non ci sono o almeno non sono state rinvenute…

Le nascose tra il vetro e la tavoletta di uno specchio che sta sopra un tavolo della seconda camera di casa suaquesta è la pura verità e sono pronta a sostenerla in faccia al De Gattis

Alcune cose ancora non sono chiare, ma se Maria ha detto davvero la verità e verranno rinvenute nei posti indicati la serratura e le cambiali, allora la posizione di Francesco De Gattis e di sua madre si farebbero molto più pesanti.

Quattro giorni dopo, il 19 marzo, arriva sul tavolo del Giudice Istruttore una comunicazione della Pretura di Montalto Uffugo:

In plico raccomandato trasmetto a V.S.Ill.ma gli atti compiuti ieri in Regina nella perquisizione in casa De Gattis, riuscita completamente perché si è rinvenuta la serratura e le sei cambiali tanto ricercate.

E adesso sono guai seri.

Il dibattimento inizia puntualmente il 28 aprile a Castrovillari ma viene subito spostato alla Corte d’Assise di Cosenza e bisognerà aspettare altri sei mesi e si terrà a porte chiuse per la natura dei fatti, la cui pubblicità può essere pericolosa per la morale.

Maria chiarisce alcuni punti della sua ultima versione e adesso dice che De Gattis, prima di sparare a suo marito che era in piedi, lo riversò sul letto e poi gli esplose contro il colpo di rivoltella. Rivela che fu Beatrice Cerisano a cucinare i peperoni per suo marito, che però non ne volle mangiare, e per Francesco De Gattis. Il vomito che si trovò nella seconda stanza vicino al braciere fu fatto dal De Gattis quando pose la lettera del supposto suicidio sul tavolo da scrittoio di mio marito ed io vi riposi al di sopra della cenere, ma non sa dire di chi sia il vomito trovato sul letto. Maria assicura che non fu quella notte spazzata l’abitazione e se fu rinvenuta qualche pezza intrisa di sangue e delle spazzature nell’orto vicino la Chiesa, ciò è derivato dal perché mia zia Beatrice avendo ucciso un pollo si pulì le mani in quello straccio. Nello stesso modo si deve spiegare il sangue rinvenuto in una salvietta trovata su di una catasta di legna che era in casa. Chiarisce che le cambiali furono fatte firmare a suo marito un paio di settimane prima dell’omicidio e che il loro incasso sarebbe, eventualmente, servito a scappare, così le aveva detto De Gattis, da Regina e andarsene altrove. Quanto basta per confermare la premeditazione.

De Gattis e sua madre, invece, restano fermi sulle loro posizioni: ad uccidere fu Maria e al massimo li si può accusare di complicità non necessaria e non di concorso in omicidio.

Il 19 novembre 1898 la Corte ritiene Francesco De Gattis colpevole di omicidio volontario premeditato e di contraffazione di vari attestati e certificati, condannandolo a 30 anni di reclusione; Maria Cerisano colpevole di concorso in omicidio premeditato e la condanna a 20 anni e 10 mesi di reclusione; Beatrice Cerisano colpevole di complicità non necessaria in omicidio premeditato e la condanna a 15 anni e 6 mesi di reclusione.

Il primo marzo 1899 la Suprema Corte di Cassazione rigetta i ricorsi presentati dagli imputati.[1]

[1] ASCS, Processi Penali.