
Umile Fiorentini, giornaliero di campagna da Rota Greca, noto pregiudicato e malfamato, approfittando del fatto che Domenico Cesario, suo fratello di latte, nel 1942 è stato fatto prigioniero di guerra, stringe una relazione adulterina con Annina Spallato, la moglie di Domenico.
La guerra è ufficialmente finita, ma per il ritorno di Domenico si dovrà aspettare ancora e la tresca va avanti indisturbata, anche perché in paese, nonostante praticamente tutti ne sono a conoscenza, nessuno parla per paura della reazione di Umile.
Il 30 giugno 1945, verso le tre di pomeriggio, umile va a trovare Annina. Ha voglia, ma quando l’amante accenna al fatto che in casa c’è il suo bambino, gli viene in testa una strana idea: forse lo tradisce. Preso dalla gelosia tira fuori dalla tasca un lungo coltello e glielo mette alla gola:
– Puttana! Futtimu sinnò te scannu! – le sibila.
Alla scena sta assistendo il bambino che, non appena vede il coltello puntato alla gola della mamma, scoppia in un pianto dirotto e corre via dalla casa per andare a raccontare ciò che ha visto a suo zio Natale, il fratello della mamma.
Rimasti soli, Umile costringe Annina al rapporto sessuale, poi esce e se ne va per i fatti suoi.
Il bambino non trova lo zio e torna a casa, dove trova la mamma viva e vegeta, che lo rassicura e lo calma.
Primo luglio 1945, sera. Umile, Natale, Valentino Cistaro e Pietrangelo Nisi stanno giocando tranquillamente a carte nella rivendita di sali e tabacchi di Bruno Mari, poi verso le ventidue smettono ed escono. I primi tre si fermano a chiacchierare assieme a Fidaldo Ticino e Raffaele Broccolo su come si fa il sapone da bucato, poi Umile e Natale salutano e si avviano insieme verso le loro abitazioni.
– È vero che hai minacciato mia sorella con un lungo coltello?
– Tu sei un cornuto, io ho avuto tua sorella e l’avrò quando vorrò! – gli risponde spavaldamente.
Natale toglie di tasca un coltello e fulmineamente colpisce all’addome Umile, che urla e scappa.
Attirati dall’urlo di dolore, Valentino Cistaro, Fidaldo Ticino e Raffaele Broccolo si girano istintivamente e vedono Natale inseguire Umile e corrono anche loro.
Umile riesce ad arrivare sul pianerottolo della scala esterna dell’abitazione di Luigi Tommaso, ma Natale gli è ormai addosso.
– Curnutu! – gli urla mentre Natale sta per colpirlo di nuovo e poi ancora e ancora. Umile è ormai spacciato, ma prima di esalare l’ultimo respiro, biascica – Curnutu, m’ha ammazzatu…
– Che hai fatto? – gli urlano gli amici ed i vicini accorsi sul posto.
– L’ho ammazzato perché se lo meritava… ha fatto quello che non avrebbe dovuto fare!
Il Maresciallo Luigi Durando, comandante la stazione di Lattarico, si reca sul posto con i suoi uomini e interroga Annina e il suo bambino, che ricostruiscono ciò che è avvenuto nel pomeriggio del 30 giugno. La donna, per pudicizia, non dice di avere avuto un rapporto sessuale con la vittima, poi il bambino ammette di aver raccontato allo zio Natale di aver visto Umile puntare il lungo coltello alla gola della mamma.
Interrogato a sua volta, Natale racconta:
– Ho appreso il primo luglio da mio nipote che Fiorentini aveva minacciato di morte mia sorella con un lungo coltello e quando uscimmo dalla rivendita di Mari chiesi a Fiorentini se fosse vero e lui, di rimando, mi ha detto “Tu sei un cornuto, io ho avuto tua sorella e l’avrò quando vorrò!”. Allora, scoperta la illegittima relazione carnale di cui si era reso colpevole, l’ho ferito con il coltello che portavo e poi l’ho finito sul pianerottolo della scala esterna dell’abitazione di Luigi Tommaso perché Fiorentini, continuando ad apostrofarmi con la parola “cornuto”, confermava ancora la illegittima relazione carnale…
L’autopsia accerta che Umile Fiorentini ha riportato quattro gravi ferite: una sulla parte media dello sterno, una sull’epigastrio, una al mesogastrio sinistro ed una al quarto spazio intercostale sinistro sull’ascellare sinistro. La morte è stata provocata dall’abbondante emorragia per la lesione al quarto spazio intercostale, profonda fino alla regione cardiaca.
Gli inquirenti si trovano ad affrontare una questione che deciderà del futuro dell’imputato: Natale Spallato era già a conoscenza della illegittima relazione carnale tra sua sorella Annina e Umile Fiorentini oppure è vero che la apprese poco prima di commettere il delitto? La questione è seria perché nel primo caso l’accusa sarebbe, come minimo, di omicidio volontario, punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. Nel secondo caso si ricadrebbe nel cosiddetto delitto per causa d’onore, che prevede una pena da anni 3 ad anni 7 di reclusione. Avendo appreso dalla voce pubblica che in paese più o meno tutti conoscevano la tresca tra Umile e Annina, gli inquirenti interrogano decine di testimoni. Ne leggiamo solo alcune, a partire dall’Appuntato Giuseppe Licheri:
– Non è da escludersi che l’imputato ignorasse la tresca, essendo risaputo che coloro che incorrono nell’omicidio per causa d’onore sono gli ultimi a conoscere le illegittime relazioni carnali. Non risulta che tra il Fiorentini e l’imputato vi siano stati altri precedenti motivi di rancore o che l’imputato abbia, prima di commettere il fatto delittuoso, manifestato propositi di vendetta contro Fiorentini o minacciato costui.
Maddalena Seta, la vedova di Umile ed i figli:
– Non sappiamo se Spallato abbia fatto delle minacce.
Luigi Tommaso e Fidaldo Ticino depongono la stessa cosa:
– Spallato e Fiorentini erano intimi amici e può benissimo darsi che Spallato non sapesse nulla della tresca.
Valentino Cistaro:
– I due erano amici e nessuna quistione o alterco avvenne tra loro nella rivendita di Sali e tabacchi di Mari.
Adolfo De Fiore:
– Tutti a Rota avevano la certezza della tresca tra Annina e Umile, che non me la negò, esclamando: “è stata ed è mia amante e perderà il marito!”.
Francesco Migliano:
– Dissi a Umile che Natale Spallato gli poteva rompere la testa ed egli mi rispose che non aveva paura di Natale perché era un cornuto.
Poi esce qualcosa di nuovo dalle deposizioni di Francesco Valente e Raffaele Nudi.
Francesco Valente:
– Nei primi di dicembre 1943 ebbi la certezza che Fiorentini, conducendo Annina presso qualche medico di Cosenza, l’aveva fatta abortire. Lo dissi a Fiorentini e lui mi rispose: “tutti i fratelli di Annina sono cornuti e tutte le sorelle sono puttane”.
Raffaele Nudi:
– Fiorentini mi confessò di aver fatto abortire Annina.
Che Annina fu fatta abortire lo sospetta anche il Maresciallo Durando, che poi aggiunge un altro sospetto:
– Non escludo che la Spallato si fosse abortita. Faccio presente che a Rota Greca non si è alieni dall’aiutare l’imputato, il quale non ha mai lasciato a ridire sul suo conto ed è una buona persona, mentre Fiorentini era disistimato per la sua dubbia moralità.
Niente di certo, tranne che c’è scappato il morto e l’omicida è in galera. Allora è meglio rinviare l’imputato al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza per rispondere di omicidio volontario.
La causa si discute il 12 luglio 1946 e la Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni e le parti, osserva: dagli atti e dal dibattimento non si può disconoscere che l’imputato scoperse la illegittima relazione carnale tra la sorella di lui ed il Fiorentini dalle incaute parole rivelatrici profferite da questi che, apostrofandolo “cornuto”, volle dargli la certezza dell’esistenza della tresca, causa unica che spinse l’imputato a vibrare i reiterati colpi di coltello all’istante della scoperta fatta. Di vero non è risultato in alcun modo dall’istruttoria e dal dibattimento che l’imputato fosse precedentemente consapevole della tresca. Poi spiega tecnicamente, secondo la propria interpretazione della norma (altre Corti la interpretano diversamente, nda), come e quando l’omicidio o la lesione rientra nella “causa d’onore”: per l’articolo 587 del Codice Penale vigente l’omicidio o la lesione debbono essere commessi nell’atto in cui viene scoperta la illegittima relazione carnale, di cui la vittima si sia resa colpevole. Di conseguenza basta la semplice notizia del fatto disonorante, purché la reazione violenta segua immediatamente alla notizia, cioè senza notevole indugio, ma prima che sia passato il tempo necessario per la riflessione. Nel caso in esame è indubitabile che l’imputato commise l’omicidio in persona del Fiorentini nell’atto in cui venne a scoprire, mediante le ciniche e brutali parole di costui (Tu sei un cornuto, io ho avuto tua sorella e l’avrò quando vorrò!), la tresca tra la sorella ed esso Fiorentini e che le dette parole, esplicita confessione della illegittima relazione, determinarono in lui, così offeso nel sentimento dell’onore familiare, uno stato di angoscia e di dolore che, suscitando un impeto di collera, lo trasse alla reazione violenta.
Quindi Natale Spallato, modificato il titolo del reato, deve essere giudicato responsabile di omicidio per causa d’onore e, tenuto conto dei suoi precedenti penali, della condotta e della vita antecedenti al reato, della sua scarsa capacità di delinquere, condannato al minimo della pena, ossia ad anni 3 di reclusione, oltre alle spese, ai danni ed alle pene accessorie.
Inoltre, la Corte dichiara condonata la pena di anni 3 e ordina l’immediata scarcerazione di Natale Spallato, se non detenuto per altra causa.
La Corte d’Appello di Catanzaro, il 17 dicembre 1951, dichiara Spallato Natale riabilitato dalla condanna riportata.[1]
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.