LA MENDICANTE SMEMORATA

È appena scesa la sera quando Maria Marchio si presenta in Questura a Cosenza e fa una denuncia:

Verso le dieci e mezza di stamattina la mendicante Arcangela De Rose di anni 80 è stata attirata in casa di Teresa Sirianni col pretesto di offrirle una tazza di caffè. Dopo tre quarti d’ora ho sentito gridare la mendicante la quale, standosene in istrada, lamentava che la Sirianni, col concorso di Maria Zumpano, le aveva a viva forza sottratto cinquecento lire tenute nascoste sotto la veste. Sentito il lagno imposi alle due donne di restituire il denaro alla vecchia e la Sirianni, rientrata in casa, fingendo di aver rintracciato solo trenta lire le restituì ad Arcangela e poiché la vecchia chiedeva la restituzione di altro danaro, poco dopo la Sirianni le consegnò altre quattrocento lire in tre biglietti da cento e dieci da dieci lire

La Polizia inizia ad indagare ascoltando le parole della mendicante:

Stamane verso le nove Teresa mi invitò a prendere una tazza di caffè a casa sua, consegnandomi frattanto un involto di pasta con l’incarico di incamminarmi e portarglielo a casa. Così feci. Poco dopo Teresa rientrò, seguita a distanza di pochi minuti da una donna vestita di nero, che chiuse la porta. Entrambe mi presero per forza facendomi cadere a terra, mentre Teresa ficcandomi le mani sotto la veste riusciva a togliermi il danaro che io tenevo in una piega della veste. La somma sottrattami ammontava a cinquecento lire, composta da tre biglietti da cento e venti da dieci. Aperta la porta cominciai a gridare di essere stata derubata, onde accorsero molte persone e Teresa mi restituì solo i tre biglietti da cento lire

Poi viene interrogata un’altra testimone, Giuseppina Cristo, secondo la quale ad Arcangela è stato restituito tutto il maltolto:

Quattrocentotrenta lire gliele ha consegnate Teresa Sirianni e altre settanta lire Arcangela le ha trovate in un paniere che portava seco.

Rapina, ma qualcosa non quadra: secondo la testimone Maria Marchio sarebbero state restituite 430 lire; secondo Giuseppina Cristo ha avuto indietro tutto, mentre secondo la derubata le sono state restituite solo 300 lire. Come si spiega?

Evidentemente la De Rosa non ricorda bene, né è da meravigliare che ella, vecchia di ottanta anni, non ricordi bene. Infatti, interrogata dal Magistrato dice:

Io non posso essere precisa poiché non ho molta memoria e soffro di vertigini

– Ricordate quanti soldi avevate e quanti ve ne sono stati restituiti?

Sono certa, per averla contata più volte, che la somma in mio possesso era di cinquecento lire, composta di tre biglietti da cento e altri da dieci. Teresa mi restituì i tre biglietti da cento ed altri sette od otto da dieci lire. Insomma, in tutto mi ha restituito trecento lire e perciò mi deve dare ancora duecento lire!

Non va bene perché Arcangela ha appena detto che le sarebbero state restituite circa trecentosettanta lire e non trecento, come aveva dichiarato in precedenza. E non va bene anche perché a casa delle due presunte rapinatrici non viene trovato nessun biglietto da dieci lire. Ma questo non le salva dall’arresto.

– Sono innocente – esordisce Teresa Sirianni quando la interrogano –. Arcangela è mia parente e qualche volta è venuta a casa mia a mangiare. Ieri mattina la invitai a prendere un caffè e venne a casa mia, dove c’era anche Maria Zumpano. Arcangela si lamentava che era dimagrita ed io per ischerzo la presi per la veste e la scossi dicendole “tu hai i soldi e puoi spenderli per mangiare!”. In quel mentre perse l’equilibrio, cadde in terra e le caddero anche i danari di sotto la veste. Allora gridò di essere stata derubata e fece accorrere gente. Io raccolsi il denaro e lo restituii: prima trenta lire e poscia l’altro denaro sparpagliato per la casa

Poi viene interrogata Maria Zumpano:

Mi trovavo a casa di Teresa Sirianni. La vecchia mendicante si lamentava di essere dimagrita. Teresa, afferratala per il lembo della veste, la scosse dicendole “tu hai i soldi e puoi mangiare”. La vecchia cadde e, lamentando di non avere più i soldi, gridò “puttana, ti sei presa i soldi!”. Io sono innocente e non ho commesso alcun atto verso la vecchia.

Chiusa l’istruttoria, il 21 novembre 1940, il Giudice Istruttore rinvia le due donne al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza per rispondere di rapina aggravata. La causa si discute il 22 luglio 1941 e la Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni e le parti, osserva: non si può disconoscere che possa essere sufficiente a convincere di colpevolezza la sola affermazione di parte lesa, anche nel contrasto della protestata innocenza delle imputate, a condizione che non vi siano motivi di dubitare della buona fede e della serietà della parte lesa. Nella fattispecie non può dubitarsi della buona fede della De Rose, ma non per questo ella merita intera credibilità poiché il suo stato mentale è tale da far dubitare della serietà delle sue affermazioni, onde esse vanno accolte solamente se controllate. E spiega: in punto di fatto è certo che tutta la somma che ella teneva nascosta nelle pieghe della veste passò in potere della Sirianni la quale, avutala, non intendeva restituirla, né l’avrebbe restituita come prova il suo comportamento (negativo prima, restio dopo) se non fosse stata obbligata dalla teste Marchio. È certo anche che nella consumazione del reato la Zumpano le tenne bottone cooperando volontariamente, come rilevasi dalle dichiarazioni della parte lesa che trovano logica conferma nella circostanza che ella, accortasi che alla De Rose caddero i soldi, non impedì alla Sirianni di raccoglierli e nasconderli. Ma ciò non basta per affermare, sic et simpliciter, che la De Rose, smemorata come è, sia stata anche precisa nella narrazione dei particolari del delitto. Per più riguardi è da domandarsi se veramente le fu fatta violenza al fine di derubarla, come ella dice, o se viceversa il furto fu commesso in occasione di uno scherzo villano e senza correlazione con questo, come aggiunse la Sirianni, senza contrasto della Zumpano. Sarebbe erroneo ed imperdonabile ricostruire le modalità del fatto poggiandosi ad affermazioni della smemorata parte lesa (ella stessa afferma di mancar di memoria e di essere per giunta sofferente di vertigini) onde a quelle affermazioni non potrà credersi se manchino di controllo.

E allora come si volsero realmente i fatti? La prevenuta Sirianni, nel protestarsi innocente della rapina ascrittale, ha assunto in sua discolpa che ella, volendo scherzare con la De Rose, le diede uno scuotimento per il quale la vecchia cadde e nel cadere le fuoriuscì dalla veste la somma in questione, che venne subito da essa Sirianni raccolta e nascosta e successivamente ai lagni della De Rose fu alla stessa restituita. Non vi è alcunché di impossibile o di strano che la Sirianni volesse inizialmente scherzare con la piagnucolosa congiunta facendola cadere a terra e che nella caduta siano scivolati i mal nascosti denari, né fa alcuna meraviglia che ella, abbagliata dalle banconote, abbia, di nascosto della vittima, voluto profittarne raccattandoli ed appropriandosene. Ora, se il fatto andò così, né si ha motivo di affermare che si è svolto diversamente, vuoi perché non sono stati forniti elementi in contrasto, vuoi perché gli ottimi precedenti delle prevenute fan seriamente dubitare della loro capacità a consumare delitti gravissimi quale la rapina, apoditticamente consegue che fu commesso un furto e non una rapina.

Adesso la Corte spiega in cosa consiste la rapina: se, come nella specie, manca la prova che la violenza abbia avuto alcun rapporto col furto non essendo stata usata a questo fine e se il furto, come appare, fu consumato in occasione di un villano scherzo compiuto con violenza, non può la violenza usata per lo scherzo avere effetti che vanno oltre e contro lo scherzo ed assurgere ad elemento costitutivo della rapina. Ai fini della sussistenza del delitto di rapina è indispensabile che l’impossessamento della cosa mobile altrui avvenga mediante violenza, onde tra i mezzi di costrizione (violenza o minaccia) e l’impossessamento deve correre un rapporto di causa ed effetto tale che l’impossessamento sia conseguenza diretta della costrizione.

Quindi il reato va derubricato da rapina aggravata a furto e la pena che la Corte si appresta a comminare deve essere rapportata al nuovo reato contestato: tenuto conto degli ottimi precedenti delle prevenute e tenuto conto che il delitto non fu preordinato perché commesso in occasione di uno scherzo, il che rivela lieve pravità d’animo, non credersi opportuno irrogare pena severa. Nella specie è conforme ad equità partire dalla pena base di anni 1 di reclusione e di lire 300 di multa. E poiché le prevenute restituirono alla derubata tutto quanto le avevano tolto prima di ogni provvedimento giudiziale, devesi a loro concedere la relativa attenuante, applicandola nella sua massima estensione di un terzo. Onde la pena va ridotta a mesi 8 e lire 200 di multa, oltre alle spese e alle pene accessorie. La Corte ordina che Teresa Sirianni e Maria Zumpano, per avere scontato preventivamente la pena loro inflitta, siano scarcerate se non detenute per altra causa.[1]

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.