
È il 29 marzo 1875 quando la trentaseienne vedova Teresa Caputo si presenta davanti al Pretore di Aiello Calabro e racconta ciò che le è accaduto:
– Signore, sono una povera vedova ed abito nella contrada Cannavali in una torre di mia proprietà. Colà vicino abitano i miei compaesani Giovanni Lepore fu Tommaso, di una ventina di anni, e Nicola Lepore fu Nunziato, suo coetaneo. I medesimi, più volte, mi dissero di volersi giacere con me, ma io non volli mai accontentarli. Circa venti giorni dietro, Giovanni Lepore, dentro il trappeto di Giuseppe Daniele, alla presenza di altre persone si vantò che qualche giorno mi avrebbe violentata. Giovanni agisce sempre di conserva con Nicola e si veggono sempre uniti. La notte dal 27 al 28 andante, mentre dormivo dentro la mia casa, i due, scassinando una finestra alta circa tre metri dal suolo e arrampicandosi al muro, penetrarono dentro. Al rumore io balzai dal letto e li riconobbi al luccicare di un fiammifero che avevano acceso e che subito smorzarono in vedermi alzata dal letto. Entrambi si fecero sopra di me, l’uno mi teneva chiusa la bocca colla mano per non farmi gridare e l’altro cercava offendermi e violentarmi. Io, dibattendomi tra loro stretta, resistetti, ma infine cedetti mancandomi le forze, sicché i due mi violentarono. Come potete osservare in tutta la persona sono contusa per effetto delle violenze sofferte in quella lotta – dice mostrando al Pretore i lividi sulle parti visibile del corpo, poi continua –. Nell’istesso letto dormiva con me la mia figlia dodicenne. Essa fu rispettata e vide il fatto che fu consumato contro di me, con quanto scandalo lascio alla Giustizia considerarlo. Mia figlia gridava conquestandosi dell’avvenimento, ma nessuno accorse ad onta che alla distanza di circa trenta passi vi fossero due torri abitate da Gaetano Nigro e Rosaria Perri, i quali forse non intesero l’accaduto. È perciò che espongo formale querela contro i due Lepore, senza costituirmi parte civile…
Il Pretore la fa visitare dal dottor Pasquale Caruso, che le riscontra ecchimosi, graffi e contusioni sparse su tutto il corpo, ma quando passa ad osservare le parti pudende non rinviene alcuna traccia di violenza e solo introducendo il dito nella vagina trova evidenti tracce di sperma.
– Quindi non c’è stata violenza? – gli chiede il Pretore.
– Non ho detto questo. Un uomo ha potuto usare colla stessa senza lasciare alcuna traccia perché, essendo una vedova di avanzata età, i suoi organi hanno potuto senza difficoltà prestarsi all’introduzione del pene – gli risponde il medico.
– E le contusioni?
– Sono state causate per effetto di cadute circa un giorno fa e le giudico lievi…
Se qualcuno volesse interpretare le parole del medico, ne trarrebbe la conclusione che Teresa ha mentito, ma non la pensano così né il Pretore e né il Giudice Istruttore che vanno avanti con le indagini.
– La notte dal 27 al 28 marzo dormivo con mia madre. Intesi un forte rumore dentro la mia stanza e mi svegliai – la piccola Barbara racconta l’orrenda scena a cui è stata costretta ad assistere –. Mi accorsi che mia madre non era a letto e la vidi, invece, colluttare con due individui finché, gittatala a terra, l’uno dopo l’altro le andarono sopra. Mamma non poteva gridare perché quei due le avevano chiuso la bocca colle mani. Io piangevo e gridavo per quanto essi me lo permisero, ma non accorse alcuno. Volevo uscire ma me lo impedirono, ritrovandomi dentro. Finalmente, dopo che si furono sfogati, i due si allontanarono ed io, nell’uscire che fecero, li riconobbi per Giovanni e Nicola Lepore. Dopo ciò io e mia madre lasciammo la nostra casa e ci recammo in quella di mio nonno…
– Una sera verso i principi di marzo ero nel trappeto di Giuseppe Daniele e scherzando e discorrendo con Giovanni Lepore, il discorso cadde su Teresa Caputo e Lepore, dopo di avermi detto che Teresa spesso frequentava la sua casa anche a sera, uscì in questi termini: “Vurrìa fare cu illa ‘na battiata!”, cioè una fottuta – ricorda Gaetano Nigro, che continua –. Il giorno 28 marzo per incarico di Teresa la aiutai a trasportare le sue masserizie dalla torre dove abitava, in quella del di lei padre. Ella mi disse che lo faceva per timore di Nicola e Giovanni Lepore i quali, come mi narrò, la notte prima erano penetrati nel di lei domicilio ed avevano abusato della sua persona.
– Nella notte dal 27 al 28 marzo sentii picchiare alla mia porta ed una persona chiamarmi. Alla voce conobbi che era la figlia di Teresa. Mi alzai e corsi ad aprire. Piangeva e mi narrò che Giovanni e Nicola Lepore erano penetrati nella sua torre e mi fece capire che dopo una lotta sua madre era stata offesa nell’onore dai due – racconta il padre di Teresa.
Il 30 giugno successivo il Giudice Istruttore emette un mandato di cattura per stupro sopra donna maritata, violazione di domicilio e percosse lievissime nei confronti dei due giovanotti, che vengono arrestati e interrogati. Ovviamente si dichiarano innocenti, ma restano in carcere.
Poi il Magistrato decide che sia opportuno mettere a confronto Teresa con Giovanni e Nicola Lepore.
Teresa Caputo: io ti ò riconosciuto, la notte dell’avvenimento, al luminare dei fiammiferi che accendeste e che tosto spegneste in vedermi alzata dal letto!
Nicola Lepore: non è vero ciò che voi dite perché quella notte mi trovavo in casa ammalato…
Teresa Caputo: non ti ricordi che molto tempo prima e propriamente quando venni in tua casa per portarti i panni, mi aggredisti per offendermi fin d’allora nell’onore?
Nicola Lepore: non è vero, non era possibile che io mi univo con te, donna vecchia!
Il Magistrato annota che durante il tempo che Lepore dichiarava à mostrato un contegno turbato.
Adesso è la volta di Giovanni Lepore.
Teresa Caputo: io ti ò riconosciuto, la notte dell’avvenimento, al luminare dei fiammiferi che accendeste e che tosto spegneste in vedermi alzata dal letto!
Giovanni Lepore: non è vero quanto voi dite, perché quella sera mi trovavo infermo nella mia casa.
Teresa Caputo: non ti ricordi che un giorno prima dell’avvenimento, passando per la mia casa, mi dicesti “famminne curcare stasera cu tia”?
Giovani Lepore: io non avevo bisogno di te che sei una vecchia!
Anche in questo caso il Magistrato annota il contegno turbato tenuto da Giovanni Lepore.
Certo è singolare il fatto che entrambi gli imputati fossero ammalati la stessa sera.
Poi comincia a serpeggiare la voce che Teresa faceva gli occhi dolci a Giovanni Lepore il quale, incoraggiato dal comportamento di Teresa, manifestò l’intenzione di volerla possedere con violenza. Ma non ci sono riscontri e resta solo una voce.
I due vengono rinviati al giudizio del Tribunale Correzionale di Cosenza e la causa si discute il 14 giugno 1876.
E qui le cose cambiano perché quella voce viene presa in considerazione e per Teresa è un colpo durissimo, visto come vanno le cose quando una donna, per di più vedova, nel 1875 dà adito a voci del genere. Comunque, il Collegio Giudicante ritiene ampiamente provato che Teresa è stata aggredita di notte in casa sua dagli imputati. Ma il Collegio, forse interpretando la relazione del dottor Caruso, ritiene che non si ha alcuna prova dello stupro consumato, ma del tentativo non rimane dubbio, viste le contusioni verificate sulla persona della Caputo, anche nelle parti intime. Ritenendo, perciò l’ipotesi benigna, che è la certa, non si può negare ai giudicabili il beneficio dell’età e quello delle attenuanti riscontrate nel contegno equivoco della Caputo.
Detto ciò, il Collegio, concesse le attenuanti, ritiene equa la pena di mesi 4 di reclusione, già scontati col carcere preventivo, oltre le spese.[1]
Resta da capire di chi fosse lo sperma trovato nella vagina di Teresa, visto che Giovanni e Nicola Lepore hanno “solo” tentato di violentarla.
[1] ASCS, Processi Penali.