
Andrew J. Rider, residente a Hammonton, Contea di Atlantic in New Jersey, è un grande produttore di mirtilli che coltiva nelle sue vaste proprietà nelle contee di Burlington e Atlantic, impiegando tra i due e i trecento braccianti nei periodi della raccolta che comincia invariabilmente il primo di settembre di ogni anno da tempo quasi immemorabile. I braccianti impiegati, uomini, donne e ragazzi, sono per lo più italiani ingaggiati per mezzo di “caporali” e durante la stagione del raccolto occupano case poste nei luoghi della produzione. A loro viene dato un ticket per ogni pack (cassetta) riempito e poi, chiusa la campagna del raccolto, Rider, secondo la consuetudine in uso da tempo immemorabile, va sul posto con un sacco pieno di soldi, raccoglie i tickets e paga i braccianti secondo il numero dei packs di frutti raccolti da ciascuno. Anche per la campagna del 1916 Rider usa lo stesso sistema: il primo ottobre viene avvertito che il 5 successivo si faranno i conti sul fondo di Hammonton Park, contea di Burlington, e potrà procedere, quindi, al pagamento dei braccianti. Ricevuta la notizia, Rider immediatamente avvisa Angelo Lettiere, il “caporale”, che altrettanto immediatamente fa il giro dei braccianti e li avvisa di portare i tickets il 5 ottobre per essere pagati, in modo da poter prendere il treno dalla stazione di Atsion, a circa 4 miglia, per tornare nelle proprie case a Philadelphia, dove risiede la maggior parte di essi.
La mattina del 5 ottobre Andrew J. Rider mette in tasca il suo revolver carico e va in banca a Hammonton per prelevare i 4.000 dollari necessari per gli operai. Conclusa l’operazione mette i soldi in un sacchetto, in cui sistema anche il revolver, poi torna a casa dove trova suo fratello Henry D., appena arrivato a fargli visita.
Sono ormai le 10,30 e bisogna andare, così sua figlia Elsie Rider, vedova Smathers, siede al posto di guida dell’automobile con la guida a sinistra e accanto a lei prende posto lo zio Henry D., mentre sul sedile posteriore Andrew J. si accomoda dietro al fratello ed il meccanico John N. Rigby dietro Elsie. Messa in moto la vettura partono alla volta di Hammonton Park, distante circa 12 miglia. Quando arrivano ad Atsion si fermano qualche minuto al magazzino di Andrew Elleridge, quindi prendono una scorciatoia tra i boschi, una isolata stradina sabbiosa fiancheggiata da entrambi i lati da fossati e segnata da profondi solchi di ruote, appena sufficiente al passaggio di un’auto o di un carro.
All’improvviso dal folto del bosco una decina di uomini armati di revolver e camuffati con dei fazzoletti che lasciano scoperti solo gli occhi, tutti all’apparenza italiani, bloccano la vettura e si mettono ad urlare:
– Alt! Alt!
Elsie ferma la macchina e immediatamente gli assalitori cominciano a sparare all’impazzata contro gli occupanti dell’automobile. Uno dei primi colpi raggiunge la donna alle spalle e la fa scivolare sotto il volante senza un lamento, tra il sedile e i pedali. Poi una pallottola raggiunge Henry D. al collo ed il sangue comincia a zampillare a fiotti dalla ferita, inondando l’automobile. Nel frattempo Andrew J. si è accovacciato sul fondo dell’auto, ha aperto la sacca dove tiene i soldi, ha preso il revolver che aveva nascosto lì dentro e cerca di puntarlo verso qualcuno degli assalitori, ma un proiettile lo colpisce in faccia, proprio sotto il naso, per fortuna solo di striscio, e prima di riuscire a puntare di nuovo l’arma viene colpito da due proiettili alle gambe, sparati da un aggressore sportosi nell’auto. Rider gli punta il revolver in faccia, ma prima di poter sparare, quello gli spara a sua volta colpendolo alla mano ed il proiettile, entrando attraverso il polso, gli frantuma le ossa del braccio. Il meccanico Rigby, finora rimasto incolume, afferra il revolver di Rider e comincia a sparare contro gli assalitori, che rispondono al fuoco, colpendolo ben sette volte.
– Basta, basta! – urla quello che sembra il capo e tutti i banditi si danno alla fuga senza essere riusciti a prendere i soldi.
Attimi di angoscioso silenzio, poi Elsie, sebbene ferita, si rialza e riprende la marcia verso Hampton Park. Giunti alla fattoria vedono il “caporale” e lo chiamano. Lettiere accorre immediatamente e capisce subito cosa è accaduto. Capisce anche che Henry D. Rider è in gravissime condizioni, lo fa portare all’interno della grande casa e manda subito a chiamare un medico, ma non ci sono speranze che possa salvarsi, il proiettile ha reciso la giugulare e muore poco dopo l’arrivo del dottor Cuningham, mentre gli altri tre feriti vengono portati in ospedale.
Ellis H. Parker, detective della Contea, viene incaricato del caso, va subito sul luogo del delitto e fa una minuziosa indagine. Nei boschi adiacenti trova un revolver e vari capi di vestiario, maschere, cappelli, un impermeabile, ma non ha ancora la minima idea a chi possano appartenere.
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Facciamo un passo indietro.
Il pomeriggio del 3 ottobre nella stanza di abitazione di Giovanni Iracà, posta al secondo piano di una palazzina di Philadelphia, si incontrano sette calabresi della provincia di Reggio Calabria: il padrone di casa Giovanni Iracà, detto John il Rosso, suo fratello Antonio, Luigi Pinto, Francesco Foti, Giuseppe Cammera, detto Joe, Raffaele Pucinotti, detto Scoforo, e Carmelo Giordano. Bevono qualcosa insieme mentre Pinto dice:
– Ho raccolto mirtilli vicino ad Atsion in un fondo di Benjamin Mingin, che confina coi fondi di Rider, e ho sentito dire che Rider partirà dopodomani per pagare gli operai…
Dopo un breve confabulare ognuno torna a casa propria e i sette si rivedono nello stesso posto la sera del giorno dopo, 4 ottobre.
Pochi minuti, poi Pinto, Foti, Cammera e Giordano salutano gli altri e vanno a prendere il treno per Atsion, ma è troppo presto e restano a dormire in un vagone.
Anche Giovanni Iracà esce e sale al terzo piano, dove abitava una sua amica, la diciannovenne Millie De Marco, bussa e quando la ragazza apre la porta, le dice:
– Vieni con me ad Atsion?
– A fare cosa?
– Devi mostrarmi la strada da Philadelphia ad Atsion.
– Non la conosco, ci sono andata in treno.
– Vieni lo stesso – il tono è di quelli che non ammettono repliche.
– Ok.
Iracà esce e va da Francesco Ledonne per noleggiare la sua vettura, ma il mezzo è guasto, così insieme vanno da Francesco Vasella che accetta di accompagnarli ad Atsion dopo aver concordato il prezzo del noleggio. Poi Giovanni Iracà convince anche Ledonne ad accompagnarlo. Quando alle quattro di mattina circa partono da Philadelphia per percorrere le 40 miglia fino ad Atsion, nella macchina con loro tre ci sono anche Millie De Marco, Antonio Iracà, il fratello di Giovanni, e Raffaele Pucinotti.
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Verso le 7,30 del 5 ottobre un uomo esce da casa sua ad Atsion e nota un’automobile mai vista prima, ferma in una stradina isolata con alcuni sconosciuti intorno. Poi ripassa altre volte nelle successive tre ore e la vettura è sempre lì. Insospettito, ne annota il numero della targa. Più tardi, venuto a conoscenza della sparatoria, l’uomo si mette in contatto con il detective Parker e gli consegna il biglietto sul quale aveva annotato la targa dell’autovettura sospetta. Parker contatta l’Ufficio Licenze di Philadelphia e viene informato che il mezzo è di proprietà di tale Francesco Vasella. La polizia lo trova in casa, lo arresta e lo interroga. Vasella fa i nomi di Giovanni Iracà, Francesco Ledonne e Millie De Marco e anche loro vengono portati alla Centrale della Polizia. Johnathan H. Kelsey, Prosecutor of the Pleas of Burlington, che conduce gli interrogatori, si convince che molto probabilmente l’impaurita teenager Millie con la tentata rapina e la sparatoria mortale non è implicata e la interroga per prima, sperando che parli subito. E Millie, molto spaventata, racconta la sua verità:
– Tony Iracà la sera del quattro, verso le otto è venuto in camera mia.
– È venuto in camera tua?
– Sì.
– Cosa ti ha detto?
– Mi ha chiesto di andare ad Atsion con lui.
– Di andare ad Atsion con lui?
– Sì, signore; per mostrargli la strada da Filadelfia ad Atsion.
– Quando sarebbe dovuto partire?
– Il giorno dopo. Era giovedì. Gli ho detto che non lo sapevo, l’unico modo in cui ci sono andata è stato in treno. E gli ho chiesto come poteva andare, come stava andando; ha detto che sarebbe andato in macchina; gli ho chiesto con chi sarebbe andato e lui ha detto con Frank Ledonne quello che guidava la macchina. E dopo aver sentito che Frank Ledonne sarebbe andato, sapendolo un bravo ragazzo, alla fine gli ho detto di sì, che sarei andata con lui, ma volevo essere a casa per cena a trovare mia madre in ospedale e lui mi ha promesso che saremmo tornati a casa per cena. E così gli ho chiesto a che ora sarebbe partito e lui ha detto le sei. E gli ho detto che sarei andata con lui alle sei.
– Chi c’era in macchina con voi?
– Io, Frank Vasella, Frank Ledonne, Giovanni Iracà, Raffaele Pucinotti, Tony Iracà.
Poi è la volta di Giovanni Iracà ad essere interrogato. Anche lui racconta la sua verità e accusa Millie di esserci dentro fino al collo:
– Vuoi raccontare dall’inizio tutta la storia?
– Una settimana prima che Louis Rizzo andasse a lavorare con il signor Rider, una sera eravamo nella cucina di Millie De Marco, io, Millie De Marco, Tony Rizzo, Luigi Pinto e Joe Cammera. Pinto e Rizzo stavano parlando di andare a prendere i soldi del signor Rider. Mi invitarono ad andare con loro e io dissi loro che non volevo.
– Cosa dicevano precisamente?
– Luigi Pinto disse a Rizzo: “Quando è giorno di paga, ci scrivi una lettera e ci dici in che giorno dobbiamo venire”. Cioè il giorno in cui Rider aveva i soldi. “Io vado a lavorare in un’altra fattoria e tu, una settimana prima che finisca il lavoro, scrivi una lettera a Millie e Millie mi scriverà e io tornerò e verrò a parlare con te”.
– E poi cosa accadde?
– Una settimana prima di questo omicidio, una sera tornai dal lavoro e entrai a casa di Millie De Marco. Sua madre era malata. Le due donne erano sedute lì e Millie mi disse: “Oggi ho ricevuto una lettera da mio zio. Mi ha salutato con i suoi più cordiali saluti e voleva sapere quando saremmo andati a Mullica Hill”. E quello fu il segnale. Le dissi: “Non voglio sapere niente di quella faccenda”. Andai nell’altra stanza e mi lavai. Millie De Marco entrò in quella stanza e mi porse una lettera. “Leggi la lettera e senti cosa dice Tony Rizzo”. E io risposi: “No, non voglio leggere”. “Vuoi che te lo legga?” e io le risposi “No, non ne voglio sapere”. Lei disse “Perché, hai paura di andare fino in fondo con noi?”. Le risposi “Non voglio venire”. Lei mi disse “Gli scriverò di tornare a casa, così potrà parlare con Tony Rizzo. Se non viene fino a sabato, lunedì andrò lì e tu verrai con me. Andremo lì e parleremo con lui”. Mi disse di scrivere a mio fratello e io scrissi una lettera a mio fratello e gli dissi “Lunedì andrò a vedere la fattoria. Se ho tempo verrò a trovarti e se non ce l’ho ti telegraferò”. Venerdì venne Luigi Pinto. Sabato Millie De Marco ricevette un’altra lettera da Tony Rizzo ma non mi disse nulla di questa lettera. Ho sentito la conversazione verso le tre del pomeriggio mentre usciva. C’era un lustrascarpe fuori dalla porta. Gli disse, disse: “Zio Frank, quando vedi Luigi Pinto, digli che venga a trovarmi. Ho ricevuto una lettera che parla di lui”. E quella era la lettera che lo informava che la settimana successiva il lavoro si sarebbe fermato e avrebbero pagato gli operai.
Ma poi, secondo il suo racconto, si lasciò convincere e le cose andarono come abbiamo visto.
Francesco Vasella e Francesco Le Donne raccontano le circostanze che li portarono ad andare con gli altri fino ad Atsion, inconsapevoli di ciò che sarebbe accaduto.
Di Antonio Iracà, Luigi Pinto, Francesco Foti, Giuseppe Cammera, Raffaele Pucinotti e Carmelo Giordano non ci sono notizie, ma il detective Parker non ha perso le speranze di trovare qualcuno dei ricercati e riesce a seguire le tracce di Raffaele Pucinotti dalla scena del crimine fino a Clementon, dove il ricercato ha acquistato un biglietto ferroviario per Philadelphia. Qui, nella sua camera in affitto, Parker sequestra alcune fotografie che lo ritraggono, nonché il suo passaporto, una tessera ferroviaria ed un paio di lettere della moglie. Dove può essere andato senza passaporto? Parker ha una intuizione e va a parlare col Console Italiano di Newark, New Jersey, il quale gli dice che Pucinotti andò nel suo ufficio il 19 ottobre per prendere le sue carte di richiamato sotto le armi e si fece rilasciare un duplicato del passaporto. Per Parker adesso è relativamente facile fare il giro delle Compagnie di Navigazione per sapere se il ricercato acquistò o cercò di acquistare un biglietto per l’Italia e scopre che Raffaele Pucinotti lo ha battuto sul tempo perché il 21 ottobre partì da New York a bordo del vapore “Duca d’Aosta”. Non resta altro da fare se non chiedere al Governo italiano di arrestarlo al suo arrivo in patria e processarlo. Ma i tempi per preparare tutti i documenti da spedire in Italia è abbastanza lungo, come lungo è il viaggio dei documenti imbarcati sul primo piroscafo utile in partenza, poi c’è bisogno tradurli in italiano, così Raffaele Pucinotti sbarca tranquillamente a Napoli e, senza tornare al suo paese, si presenta al Comando Militare e da qui spedito al fronte, dove resta ferito e viene ricoverato nell’Ospedale Militare della Terza Armata a Gora. Non appena dimesso con una licenza di 15 giorni, il 13 maggio 1917 parte per tornare a casa, proprio nel momento in cui i Carabinieri inviano ai giudici le notizie relative ai latitanti:
IRACÀ ANTONIO, nato a Saline – Montebello Jonico – il 17 gennaio 1889, da sette anni si trova in America (Trenton), ove si è ammogliato, ma si ignora con chi. Da diversi anni non scrive alla famigliadel padre. Egli è fratello di Giovanni Iracà.
CAMMERA GIUSEPPE, nato a Montebello Jonico il 6 giugno 1888. È in America dal giugno 1913. Dal settembre 1916 la moglie non riceve più sue notizie.
PUCINOTTI RAFFAELE, nato a Montebello Jonico il 6 maggio 1889. Era in America marientrò in Italia il 7 novembre 1916. Avviato alle armi il 24 novembre 1916 fu assegnato al 29° reggimento Fanteria. In atto si trova ricoverato all’Ospedale di Gora della Terza Armata in Zona di Guerra. Si ritiene che Pucinotti, commesso il reato in America, fuggì in Italia senza avvisare chicchessia della sua venuta.
FOTI FRANCESCO, nato a Montebello Jonico il 12 marzo 1888. È in America dal 1904. Da circa dieci anni non scrive alla famiglia. Si vuole che Francesco Foti quattro anni fa fu sparato due volte, ma si ignora il motivo.
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Nonostante le accurate ricerche fatte dalla Polizia, nessuno degli altri ricercati viene arrestato e solo Giovanni Iracà e Millie De Marco affrontano il processo, mentre Frank Vasella e Frank Ledonne vengono rilasciati sulla parola.
Durante la seduta di ottobre della giuria popolare della contea di Burlington, nel New Jersey, per l’anno 1916, è stato emesso un atto di accusa autentica per l’omicidio di Henry D. Rider e un atto di accusa autentica per aggressione con l’intento di uccidere Andrew J. Rider, Elsie Smathers e John N. Rigby e un atto di accusa autentica per aggressione con l’intento di derubare Andrew J. Rider Elsie Smathers e John N. Rigby, il 5 ottobre 1916, contro Francesco Vasella, Frank Ledonne, Giovanni Iracà alias Joe Red, Millie De Marco, Giuseppe Cammera alias Joe Cammera, Raffaele Pucinotti alias Scoforo, Antonio Iracà, Francesco Foti, Luigi Pinto e Carmelo Giordano. Giovanni Iracà, nato a Saline – Montebello Jonico – il 27 febbraio 1883, viene dichiarato colpevole per l’omicidio di Henry D. Rider nel marzo 1917 e condannato a morte. Condanna eseguita mediante sedia elettrica il 9 febbraio 1918 a Burlington, NJ.
Millie De Marco, accusata come uno dei principali organizzatori della rapina e come complice prima e dopo il fatto, nel novembre 1917 viene dichiarata “non colpevole”.
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La sera del 17 giugno 1917, due giorni dopo essere arrivato a Montebello, Raffaele Pucinotti viene arrestato e subito interrogato dal Giudice Istruttore del Tribunale di Reggio Calabria, che gli contesta le accuse di omicidio e tentato omicidio a scopo di furto mossegli negli Stati Uniti:
– Io partii per New York nel giugno 1911 o 1912 e ritornai il 21 ottobre 1916 col biglietto fornitomi dal Console per rispondere al servizio militare, imbarcandomi da New York. Da due anni abitavo a Newark, New Jersey e in precedenza dimorai undici mesi a Trenton, nella Contea di Mercer, New Jersey.
– Avete abitato anche nella contea di Burlington?
– No, mai.
– Siete mai stato ad Atsion e Hammonton?
– No, non li ho nemmeno sentiti nominare.
– Dove eravate nel mese di ottobre 1916?
– Lavorai prima presso la fabbrica Spraz che fabbrica delle gallette per cani e poi per quindici giorni, fino al 20, alla riattazione di strade fuori Trenton.
– Conoscete Giuseppe Cammera, Antonio Iracà, Francesco Foti e Luigi Pinto?
– Li conosco come paesani, ma con loro non ho mai lavorato in America. Li ho incontrati anche a Newark e non li vedevo da due mesi circa prima della mia partenza.
– Sapete che siete accusato di omicidio, tentato omicidio a scopo di furto aggredendo un’automobile che con persone passava dirigendosi a Hammonton?
– Sono innocente perché non ho preso parte ai delitti che mi contestate.
– Avete prove a vostro discarico?
– Potete fare indagini incaricando la Polizia americana per accertare le mie occupazioni a Newark nel giorno in cui si commetteva il delitto e anche presso la famiglia americana dove dimoravo nel mese di ottobre a Philadelphia.
– Conoscete Millie o Maria De Marco?
– Non la conosco.
– Giovanni Iracà lo conoscete?
– Lo conosco, è mio cugino e abitavo assieme con lui a Philadelphia.
– Francesco Ledonne e Francesco Vasella?
– No. Ripeto che delle persone che mi avete nominato conosco solo Giovanni e Antonio Iracà avendo sposato una loro cugina.
– Millie De Marco e Francesco Ledonne hanno giurato che eravate con loro e gli altri che hanno commesso i delitti.
– Non può essere, io sono innocente non avendo preso parte al delitto.
– In verità vi ha accusato anche vostro cugino Giovanni Iracà, che è stato condannato a morte!
– Io sono innocente, se Giovanni Iracà fa il mio nome vuol dire che mi vuole rovinare, vuol dire che in America si è cercato di riversare tutto su di me, mentre io non ne so niente.
Non gli credono. Raffaele Pucinotti affronta il processo davanti ai giudici italiani il 15 gennaio 1919 e venne riconosciuto non colpevole dei reati che gli furono addebitati negli Stati Uniti.[1]
Degli altri ricercati si sa poco o niente, se non qualche voce che, senza riportare i nomi, dice: uno fu ucciso in una rissa tra bande a Newark, uno catturato in una piccola città della Pennsylvania, e uno, dopo essere fuggito in Spagna e in Italia, fu ritrovato 15 anni dopo in una prigione della California.
[1] ASRC, Atti della Corte d’Assise di Reggio Calabria