IL LIUTAIO

È la sera del 15 settembre 1907 e nella cantina gestita dalla ventitreenne Eugenia Montalto nel rione Santa Croce a Bisignano, un gruppo di undici amici, tra i quali il liutaio Rosario De Bonis, marito di Eugenia, sta giocando a padrone e sotto a vino. È l’ultimo giro, il vino viene diviso in undici dodicesimi di litro e poi si fa il tocco per decidere chi deve essere il padrone e chi il sotto. La sorte arride a Rosario De Bonis, che nomina Achille Montalto padrone e Francesco Montalo sotto. Umile Guido viene invitato a bere un bicchierino e mezzo, corrispondente ad un soldo e mezzo, ed il resto lo bevono i due Montalto e De Bonis, lasciando a bocca asciutta tutti gli altri. Adesso è il momento di fare i conti e di ciò si incarica Francesco Montalto, che raccoglie un soldo per ogni giocatore e siccome Alfonso Gagliardi gli dà una lira d’argento, Montalto la passa a De Bonis il quale se la intasca, dando il resto di diciannove soldi a Gagliardi. Poco dopo, vedendo una lira d’argento sul tavolo vicino al posto dove è seduto Pasquale Montalto, De Bonis se la intasca, provocando la reazione di Pasquale Montalto, che aveva messo la lira sul tavolo per pagare la sua quota.

– Lascia la lira ché è mia!

– No, è quella di Alfonso Gagliardi e quindi spetta a me perché gli ho dato i diciannove soldi di resto! – replica De Bonis.

– Quella di Alfonso è nuova, la mia è imbrattata di fango, fagliela vedere e ti dirà che non è la sua! – insiste Montalto.

E infatti Gagliardi conferma che la lira non era quella data a Francesco Montalto, che la girò a De Bonis, poi aggiunge:

– La mia lira è nuova e non imbrattata di creta

Non avevo ragione che la lira era mia? Adesso dovrei accoltellarti! – dice Montalto a De Bonis, mentre estrae dalla tasca un piccolo coltello.

A me accoltelli? – risponde De Bonis.

Si, a te!

A questo punto, De Bonis si avvicina al bancone, apre un tiretto, prende uno scannaturu e va verso Pasquale Montalto, ma intervengono gli altri amici e non ci sono conseguenze, nonostante De Bonis mentre cerca di colpire l’avversario ferisce leggermente al polso sinistro Francesco Montalto.

Calmati gli animi, tutti se ne vanno. Pasquale Montalto ed il suo garzone Umile Paffile camminano a braccetto e prendono la via nuova che conduce ad Acri; De Bonis dice a suo cognato Francesco Montalto di chiudere la cantina, mentre lui va verso casa sua seguendo altra via.

Pasquale Montalto e Umile Paffile, giunti vicino ad una baracca di legno, piegano per la stradicciola che fiancheggia la baracca e che conduce alla soprastante strada dove si trova la casa di Pasquale. Proprio in questo momento davanti ai due compare De Bonis, proveniente dalla strada che hanno appena imboccato, con in mano qualcosa che sembra un’arma da sparo.

Mastru Pasquà, l’hai visto Rosario? Mi pare che in mano ha una pistola… – fa Paffile.

Che mi deve fare, una volta che la quistione in cantina non ha avuto seguito? – risponde Pasquale Montalto, scrutando nel buio la figura dell’avversario.

Ormai tra loro ci sono appena un paio di metri.

Arrassete! – spostati, dice De Bonis a Paffile mentre spiana l’arma contro Pasquale Montalto e fa fuoco, dandosi subito alla fuga.

Ti ha colpito? – chiede Paffile al padrone.

Si, mi ha colpito… – risponde accasciandosi a terra, poi non risponde più. Il proiettile lo ha colpito all’addome e, seguendo una traiettoria alquanto irregolare, gli ha perforato il colon traverso in due punti, leso l’aorta addominale e, contornando l’osso sacro, ha terminato la sua corsa incuneandosi sulla superficie interna dell’osso iliaco.

Nell’udire la detonazione, tutti i vicini, compresi i familiari di Pasquale Montalto, accorrono sul posto, raccolgono il ferito e lo portano a casa. Ma non c’è nessuna speranza di salvezza perché non c’è nemmeno il tempo di posarlo sul letto, che per Pasquale Montalto la luce si spegne per sempre.

In casa Montalto accorrono piangendo anche la moglie e la cognata di De Bonis:

Abbiamo cercato di impedire che Rosario uscisse di casa, ma è riuscito a svincolarsi facendoci cadere a terraohi c’hamu patutu! – continuano a ripetere senza potersi dare pace.

I Carabinieri, comandati dal Brigadiere Giuseppe Alloero, arrivano immediatamente dopo e si mettono alla ricerca dell’omicida per tutta la notte, ma senza successo.

Ma il chitarraro De Bonis non si trova nemmeno il giorno dopo e quelli successivi. Non servono decine di perquisizioni nelle case di parenti e amici intimi, nei pagliai, negli anfratti, nei canneti, nei boschi. Niente di niente, non c’è.

L’11 ottobre 1907, la vedova, Annunziata Montalto, scrive al Procuratore del re per segnalare strani movimenti:

Rosario De Bonis, uccisore di Montalto Pasquale, colpito da mandato di cattura, non è stato assicurato alla giustizia. Egli è latitante e pensa di poter riscuotere alcune somme depositate all’Ufficio Postale di Bisignano al suo nome e al nome della moglie e di vendere alcuni cespiti di sua proprietà per potere emigrare clandestinamente. L’autorità di Pubblica Sicurezza non ha adoperato sufficiente energia perché De Bonis, pur essendo sfornito di mezzi, non godendo affatto protezioni, pur tuttavia si aggira indisturbato nei pressi e nel territorio di Bisignano. È necessario che la S.V. ingiunga a quei funzionari di Pubblica Sicurezza la maggior energia al riguardo e possibilmente impedisca la esazione delle somme alla Cassa Postale perché si assicuri De Bonis alla giustizia punitrice. L’istante ha anche stamane presentato istanza perché la Procura prenda sollecitamente ipoteca sui fondi appartenenti a De Bonis.

Con ogni riguardo

La lettera viene inoltrata al Giudice Istruttore e da questo al Pretore di Acri per l’unione agli atti e per quanto è di giustizia.

Ma pare che nulla cambi.

Intanto, al Pretore di Acri è arrivata una lettera anonima datata 7 ottobre:

Prego V.S.Ill. fare citare per testimone, nel processo Rosario De Bonis, i seguenti persone che furono ad accorrere per i primi all’omicidio di Montalto Pasquale. Tali testimoni sono di contrasto, ove mai i testimoni di veduta potessero essere subornati il giorno della causa e diranno pure che il De Bonis è stato sempre un essere pericoloso, tanto che battette una povera vecchia di madre e che morì forse dietro battitura del figlio. Aquila Pasquale, Greco Pasquale, Montalto Rosario, Montalto Alessandro, Angelo Migliuri, sig. Gallo Antonio, Carmine Montalto, De Bonis Vincenzo; per ora questi testimoni che sono molto necessari perché corre voce che la parte, sia la moglie dell’uccisore sta promettendo danaro ai poveri testimoni per non dire la verità il giorno della causa. Anzi, si assicura di avere preparate lire duemila per i testimoni di veduta e per i giurati. Alcuni testimoni di questa nota vogliono essere un poco stuzzicati sul fatto della condotta dell’uccisore onde fare risultare il fatto delle battiture date alla madre. E che ubbriaco era il morto e non l’uccisore. L’uccisore dimora in casa ora d’un parente ed ora d’un altro.

Calunnie o interessanti spunti investigativi? Gli inquirenti propendono per la prima ipotesi perché le perquisizioni cessano e dei testimoni indicati dall’anonimo viene ascoltato solo il liutaio Vincenzo De Bonis, lontano parente dell’imputato, che smentisce l’anonimo:

Stavo seduto nei pressi della mia casa sita nel rione Giudecca, quando sentii fare quistione e dopo pochi minuti l’esplosione di un colpo d’arma da fuoco. Mi recai sul luogo ed appresi che Pasquale Montalto era stato ucciso da Rosario De Bonis. Da parte mia ritengo De Bonis di indole mite ed è vero che qualche volta si litigava colla propria madre perché costei gli richiedeva dei mezzi di sussistenza. Anche Montalto era di indole buona e tranquilla. Null’altro conosco.

Di Rosario De Bonis si sono ormai perse le tracce e le indagini si trascinano stancamente fino agli inizi della primavera del 1908, quando la Procura chiede, e il 15 aprile ottiene, il rinvio a giudizio in contumacia dell’imputato per rispondere di omicidio volontario.

La causa è fissata per sabato 30 gennaio 1919 con il rito contumaciale e la Corte, in poche ore, emette la sentenza: anni 21 e giorni 20 di reclusione, più pene accessorie, spese e danni. Come per legge, la sentenza viene affissa sulla porta della casa abitata da De Bonis e sull’albo pretorio del Comune di Bisignano.

Speranze di acciuffarlo? Ormai praticamente zero.

Gli anni passano. Ne passano quasi 23 dalla data dell’omicidio e 21 dalla sentenza di condanna quando, l’8 febbraio 1930, la Corte d’Assise di Cosenza, vista la precedente richiesta del Pubblico Ministero ed esaminati gli atti processuali relativi, delibera:

Poiché l’azione penale relativa al delitto commesso da De Bonis Rosario, condannato da questa Corte in contumacia con sentenza 30 gennaio 1909 e regolarmente notificata il 2 marzo stesso anno, è già prescritta pel decorso del termine stabilito nell’art. 91 n. 1 Codice Penale,

PER QUESTI MOTIVI

Dichiara estinta l’0azione penale relativa al delitto di omicidio volontario imputato a De Bonis Rosario perché prescritta, revocandosi i relativi mandati di cattura ed ordini di cattura.[1]

I timori della vedova e, tutto sommato, dell’anonimo si sono rivelati esatti. Perché? Perché non è stato fatto niente?

[1] ASCS, Processi Penali.