VOLLE PARTORIRE IN PIEDI

Annunziata Azzinnari, durante circa sedici anni di convivenza more uxorio, in San Demetrio Corone, con Francesco Pisano, dié alla luce una bimba a cui fu imposto il nome di Maria Vincenza Azzinnari, che il Pisano nominò erede universale dei suoi beni con testamento olografo.

Alla morte di Pisano, un suo erede legittimo impugnò il testamento ritenendolo falso ed il Tribunale Civile di Rossano, il 26 novembre 1940, dispose una perizia e si resta in attesa del giudizio.

Nel frattempo Maria Vincenza ha compiuto 13 anni e Annunziata ha iniziato una nuova relazione.

Torniamo indietro di qualche mese, precisamente all’alba del 21 settembre 1940. Annunziata si sveglia con forti dolori, si affaccia dalla terrazza di casa e vede la sua vicina Maria Brunetti che, con la scure in mano, si avvia nel vicino bosco a far legna.

– Marì, vieni qui sotto ché ti devo chiedere un piacere.

– Dimmi…

– Non sto bene, vammi a chiamare Maria Rosa Servidio.

– Ho capito, corro! – le risponde con un sorriso ammiccante.

Maria Rosa è ancora a letto, ma non appena ricevuta l’imbasciata si muove con tanta fretta da non attendere nemmeno alla sua consueta toletta, cosa che fa lungo la strada, accompagnata da Maria Brunetti per un buon tratto di strada, che poi va in un suo fondicciuolo a raccogliere due panieri di fichi per Annunziata.

Appena Maria Rosa entra in casa dell’amica, si appartano nell’ultima stanza e cominciano a confabulare. Intanto la figlia si è svegliata e le raggiunge, ma viene invitata a lasciarle sole. Poi arriva Maria Brunetti e Annunziata la prega di mettersi davanti alla porta della stanza e di non fare entrare nessuno e così fa, nonostante i tentativi di Maria Vincenza di entrare per vedere cosa diavolo stia facendo sua madre.

Passano alcune ore, adesso sono le 14,00, quando in casa sembra di sentire uno o pochissimi vagiti, poi più niente.

Ma  pare che anche fuori dalla casa a qualcuno è sembrato di sentire dei vagiti ed un paio di manine anonime provvedono ad avvisare i Carabinieri che cominciano ad indagare, sospettando un infanticidio. Chiedono spiegazioni ad Annunziata e Maria Rosa, ma le due donne cadono dalle nuvole. La situazione, però, cambia radicalmente quando si presenta in caserma la figlia di Maria Rosa Servidio per dichiarare qualcosa di sconvolgente:

L’Azzinnari, il 21 corrente, si è sgravata e con molta probabilità è stata assistita da mia madre e da Maria Brunetti. Questa, prima di fare giorno, venne a chiamare mia madre e poscia tutte e due si recarono in paese. Mia madre, giunta in casa di Annunziata Azzinnari, si chiuse con essa in una stanza e vi rimase per svariate ore, mentre la Brunetti credo siasi avviata a casa sua

Ecco, quei pochissimi vagiti non erano una impressione, ma vagiti veri! E se erano vagiti veri, perché non se ne sono sentiti più? Dov’è la creatura? Il terribile sospetto è che sia stata soppressa e sepolta chissà dove. La quasi certezza che la creatura sia stata fatta sparire si ha quando si viene a sapere che Maria Rosa Servidio, un paio di giorni dopo che furono sentiti i vagiti, chiese in prestito un piccone ad una vicina di casa. A cosa serviva un piccone se non per scavare una fossa e buttarci dentro la creatura?

Con questa quasi terribile certezza, la figlia di Maria Rosa si presenta di nuovo in caserma per raccontare qualcos’altro:

Tengo il sospetto che mia madre e la Brunetti saranno state bene compensate dalla Azzinnari, avendo esse fatto spese non confacenti alla loro possibilità economica

Quando i Carabinieri interrogano Maria Brunetti, restano a bocca aperta:

La figlia di Annunziata Azzinnari è a parte di ogni cosa, interrogatela…

E così fanno. È il primo ottobre 1940 e le sorprese non finiscono:

Verso l’alba del 21 settembre, mia madre diede incarico a Brunetti Maria per chiamare di urgenza la Servidio. Questa giunse, intrattenendosi a parlare con mia madre in una stanza a soli. Dall’atteggiamento di mia madre intuii che essa doveva sgravare… intesi per alcuni minuti il pianto di un neonato, che trovavasi nell’ultima stanza dove pure si trovavano mia madre e la Servidio. Dopo circa un quarto d’ora entrai nella stanza e e vidi mia madre, la Servidio ed un bambino che non dava più segni di vita perché evidentemente ucciso mediante probabile strangolamento da parte della Servidio e di mia madre. Verso le ore 16 la Servidio si recò nella sua abitazione. Il giorno successivo, verso le ore undici, la Servidio tornò a casa mia, intrattenendosi a parlare con mia madre. Verso le 16,30 la Servidio portava fuori il cadaverino, che ritengo abbia nascosto in uno dei miei magazzini a pianterreno. Verso le 17 la Servidio andò a casa sua

Bisogna ispezionare i magazzini ed è qui che i Carabinieri trovano il corpicino in una buca scavata nel pavimento di terra battuta.

A questo punto le due donne non possono più negare, ma si rimpallano le accuse e chiamano in correità Maria Brunetti, che si dichiara estranea ai fatti, ma viene inguaiata dalla figlia di Annunziata Azzinnari la quale, nuovamente interrogata, racconta:

È proprio vero che all’azione criminosa partecipò anche Maria Brunetti, poiché entrava ed usciva dalla stanza ove trovavasi mia madre e la Servidio, facendo si che altre eventuali persone non entrassero. Fu proprio lei che mi informò che mia madre aveva partorito un maschietto bello e ben nutrito; fu anche essa che mi confidò che la creaturina era stata strangolata da mia madre e dalla Servidio.

– Ma perché non lo hai detto prima?

Se ho taciuto prima il nome della Brunetti, l’ho fatto perché costei insistentemente mi aveva raccomandato di non nominarla perché aveva tre figli

Un bel guaio per Maria Brunetti.

Dai risultati dell’autopsia emerge tutta l’atrocità del delitto: Annunziata dovette partorire in piedi, nonostante la maggiore difficoltà e dolorosità del parto, al fine di far cadere il bambino a terra, così da fargli rompere la testa e infatti viene riscontrata una lesione alle ossicine del cranio; poi c’è la mancata legatura del cordone ombelicale per provocare il dissanguamento e, visto che il bambino sopravviveva, i segni sul collo dimostrano che è stato strozzato.

Dice Annunziata Azzinnari

Molto tempo prima del parto, Maria Brunetti mi assicurò di prestarmi, a suo tempo, assistenza e mi diede anche il consiglio che bastava non legare il cordone ombelicale per non far vivere la creatura

– Ma, in definitiva, qual è stata la partecipazione della Brunetti al delitto?

Prestò la sua assistenza occupandosi soltanto di impedire che nella stanza ove avveniva il parto non accedesse alcuno

– Il bambino lo avete ucciso voi, la Servidio o lo avete fatto insieme?

Fu la Servidio ad uccidere il bimbo soffocandolo e poscia fu essa da sola a seppellirlo nel magazzino

– Avete dato dei soldi alla Brunetti per l’aiuto e i consigli?

– No!

Dice Maria Rosa Servidio:

L’uccisione fu opera esclusiva di Annunziata che da un canto, contro i miei consigli, volle partorire all’impiedi, onde la creatura battendo il capo a terra morisse, dall’altro lo soffocò… confesso di avere occultato il cadavere insieme a leila vera responsabile di tutto è l’Azzinnari, mentre se io sono colpevole, al pari di me lo è la Brunetti!

Può essere, questa, una chiamata in correità? Ad onor del vero le accuse contro Maria Brunetti sono confuse, poco circostanziate e vaghe. Infatti, Maria Rosa Servidio, nel confronto a cui viene sottoposta con Maria Brunetti, davanti alle incalzanti contestazioni di quest’ultima, è costretta ad ammettere:

Brunetti a Servidio: Fui forse io a dirti di non allacciare il cordone ombelicale e di mettere una mano al collo della creatura?

Servidio a Brunetti: Fu la Azzinnari a dirmelo, non tu.

Brunetti a Servidio: Ed io ho partecipato a nascondere il cadaverino?

Servidio a Brunetti: Ho già detto nel mio interrogatorio che tu non partecipasti a ciò.

Tuttavia, terminata l’istruttoria, Annunziata Azzinnari viene rinviata a giudizio per omicidio aggravato dalla premeditazione e occultamento di cadavere, mentre Maria Brunetti e Maria Rosa Servidio per concorso in entrambi i reati. Ad occuparsi del caso sarà la Corte d’Assise di Castrovillari, nell’unica udienza del 4 giugno 1941.

Escussi i testi e letti gli atti in udienza, il Pubblico Ministero chiede che venga eliminata la premeditazione e chiede la condanna all’ergastolo per tutte e tre le imputate.

Il difensore di Maria Rosa Servidio chiede che il reato venga derubricato a infanticidio per ragion d’onore con la condanna al minimo della pena. Il difensore di Annunziata Azzinnari, da parte sua, chiede l’assoluzione della sua assistita  per aver commesso i fatti senza coscienza e volontà. In ultimo, il difensore di Maria Brunetti chiede che la sua assistita sia assolta per insufficienza di prove o, in subordine, di riconoscere che ha concorso al delitto non dolosamente, ma colposamente e la condanna al minimo della pena.

La Corte, prima di tutto, deve affrontare il problema se si tratti di omicidio, come sostiene l’accusa, o piuttosto di infanticidio per ragion d’onore come, in linea di massima, pretendono tutte e tre le difese. Per stabilirlo, la Corte parte dalle dichiarazioni di Annunziata, la quale ha affermato di essersi decisa a delinquere perché preoccupata dal disonore che le sarebbe venuto dal fatto della sua maternità illegittima e dello scandalo che ne sarebbe seguito, con sinistri riflessi sulla estimazione della figlia tredicenne. Per questo avea tenuto celato gelosamente il suo stato di gravidanza, ricorrendo persino a fasce comprimenti l’addome, e che proprio per evitare lo scandalo si decise al delitto, a ciò indotta da alieni suggerimenti. Per la Corte i suggerimenti non ci furono perché Annunziata, che aveva il solo scopo di non fare scoppiare scandali e avendo posta ogni cura per tener celata la gravidanza, per impedire i tradimenti o le imprudenze di chicchessia, è supponibile che non si sia confidata con alcuno, salvo richiedere all’ultimo momento l’opera della Servidio, sua amica personale, sua colona ed anche persona esperta di assistenze puerperali. In ogni caso, opina la Corte, contro le affermazioni della Azzinnari che afferma l’infanticidio per ragion d’onore, non si ergono elementi di smentita. D’altronde, continua, se non si credesse alla ragion d’onore, non si saprebbe trovare un motivo adeguato per spiegarsi perché mai la Azzinnari, già madre, in condizioni economiche di poter ben mantenere la sua creatura, godente di una grande libertà non dovendo dar conto delle sue azioni a marito, genitori o fratelli, si fosse indotta al delitto. Credendo di giustificarsi ancora di più, disse di essersi indotta al delitto anche perché la conoscenza della illegittimità della sua nuova maternità, avrebbe influito sull’esito della causa di impugnazione di testamento, ma non si è badato che la preoccupazione della causa era un motivo concorrente e non determinante, il quale fu solo quello di impedire uno scandalo a danno della interessata e sovra tutto a danno della figlia. Annunziata Azzinnari può tirare un sospiro di sollievo, l’ergastolo è scongiurato, se la caverà con una pena dai 4 ai 12 anni di reclusione.

Ma se la ragion d’onore vale per Annunziata, lo stesso non può valere per le altre due imputate. In quanto a Maria Rosa Servidio è da osservare ch’ella, non essendo stata spinta al delitto dal solo bisogno di favorire la Azzinnari, ma anche dal fosco motivo di averne delle utilità economiche, il suo fallo deve avere la sanzione prevista per il reato di concorso in infanticidio, cioè una pena non inferiore ad anni 21 di reclusione.

Lo stesso discorso varrebbe anche per Maria Brunetti, ma la Corte ammette che sulla sua responsabilità non può non avere dei fortissimi dubbi perché, come si è rilevato nella narrazione del fatto, gli elementi a suo carico sono assolutamente incerti e quindi deve essere assolta per insufficienza di prove. Poi spiega: Vero è che ella si prestò ad andare a chiamare la Servidio; vero è che ella, durante il travaglio, assunse il compito di allontanare dalla stanza ove il parto avveniva tutti coloro che, per avventura, avessero voluto penetrarvi, ma ciò è prova di una meschina offerta di servizio, non già di cooperazione al delitto, per affermar la quale sarebbe mestieri che si avesse la dimostrazione che essa Brunetti preconoscesse che al parto dovea seguire la uccisione del neonato. Ma questa dimostrazione non c’è e quindi non vi può essere concorso nel delitto se il concorso, oltre ad essere volontario, non è anche cosciente. Si potrebbe obiettare che non fece nulla per impedire il delitto, ma la Corte spiega che Maria Brunetti non era, per legge, obbligata ad impedire l’evento. E poi, è certo che Maria Brunetti potesse fisicamente impedire il delitto? No, perché non si ha alcun elemento per giudicare che davvero, nell’attimo della nascita del bambino e della immediata uccisione, si sia trovata presente agli eventi.

È il momento di tirare le somme.

Maria Brunetti è assolta per insufficienza di prove.

Annunziata Azzinnari, modificata la rubrica, viene dichiarata colpevole di infanticidio per causa d’onore e di occultamento di cadavere del proprio neonato, da lei ucciso e condannata ad anni nove di reclusione (7 per l’infanticidio e 2 per l’occultamento di cadavere).

Maria Rosa Servidio viene dichiarata colpevole di concorso nel delitto di infanticidio e di concorso nel delitto di occultamento di cadavere e condannata ad anni dodici di reclusione.

Per entrambe le pene accessorie e le spese. Danni non ne dovranno pagare perché non ci sono parti civili. In teoria ci sarebbe la madre del bambino, ma è lei che lo ha ucciso…

È il 4 giugno 1941.

La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza 22/12/1944, ha dichiarato inammissibile il ricorso interposto da Brunetti Rosa.

Con provvedimento del Ministero di Grazia e Giustizia del 10/5/1945, è condonato il resto della pena di anni 12, inflitta a Servidio Maria Rosa.[1]

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[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Castrovillari.