LA CITTÀ BRUCIA

L’armistizio con gli Alleati è in vigore da un giorno appena quando il Prefetto di Cosenza, Sua Eccellenza Grande Ufficiale Enrico Endrich, denuncia ai Carabinieri il Comandante del Corpo dei Vigili del Fuoco, ing. Oliviero Colistro, con parole di fuoco, è proprio il caso di dire, perché già dal 31 agosto la città di notte appariva come una torcia ardente e di giorno innalzava al cielo colonne enormi di fumo:
Il sig. Oliviero Colistro, Comandante del Corpo dei Vigli del Fuoco deve essere denunziato in stato di arresto al Tribunale Militare.
Già fin dal mese di agosto egli si era comportato in modo riprovevole, assentandosi spesso dalla sede per recarsi a casa sua a Grimaldi, valendosi di automezzo del Corpo.
Fu necessario, ad un certo momento, mandarlo a prendere a Grimaldi e condurlo a Cosenza dove la sua presenza era necessaria, date le incursioni nemiche.
Riassunto il comando del reparto, il Colistro dava nuove e sempre più gravi prove di mancanza assoluta del senso del dovere, lasciando che gli incendi si sviluppassero a Cosenza e non presentandosi durante il giorno o neppure quando lo si mandava a chiamare. Una sola volta si presentava a sera inoltrata e ritornava subito dopo nella località a qualche chilometro dalla città dove si era accampato il reparto, che era già ridotto notevolissimamente di forza in seguito alle continue diserzioni del Comandante.
Ai primi del corrente mese, quando più intensa diventava l’azione nemica su Cosenza, il Colistro (che pure era accampato fuori della città) abbandonava definitivamente il reparto e si recava a Grimaldi senza avvertire la Prefettura, lasciando in balia di sé stessi i vigili, i quali si riducevano a pochissimi e non svolgevano alcuna attività, per quanto gli incendi divampassero tutti i giorni a Cosenza.
L’inqualificabile comportamento del Comandante faceva si che il Corpo, in cui innumerevoli erano state le diserzioni, si liquefacesse completamente, suscitando nella opinione pubblica un senso di profondo sdegno.
Accuse gravissime che portano il Tenente Colonnello Ottorino Pellegrino, Comandante ad interim del Gruppo Carabinieri di Cosenza, ad ordinare al Capitano Domenico Meneri l’arresto di Colistro, da effettuarsi a Grimaldi. È l’11 settembre 1943. Nel darne comunicazione al Procuratore Militare del Tribunale Militare di Cosenza, Pellegrino aggiunge:
Sento il dovere di aggiungere a quanto l’Ecc. Prefetto ha consacrato nel suo referto, che la diserzione dell’Ing. Colistro fino dal giorno del primo bombardamento di Cosenza avvenuto il 28 agosto u.s., camuffata da indisposizione, accampata su larga scala da molti altri funzionari che hanno così inteso di sottrarsi legalmente ai loro doveri, ha portato all’acefalia completa del corpo dei vigili del fuoco, che senza comandante, si sono dispersi e più volte quest’arma ha dovuto intervenire, armi alla mano, per ricondurli a Cosenza dove però, non potendo essere sorvegliati, si disperdevano nuovamente per la mancanza del capo che esercitasse l’autorità del grado.
La diserzione del capitano Colistro e la disperazione dei suoi dipendenti hanno causato in Cosenza gravissimi danni perché i numerosi incendi scoppiati in seguito ai bombardamenti avrebbero potuto essere facilmente domati se il corpo dei vigili fosse intervenuto prima che gli incendi avessero assunto proporzioni indomabili, anche perché gli altri corpi spesso intervenuti, quest’arma compresa, non avevano alcuna attrezzatura per far fronte agli incendi stessi.
Lo stesso 11 settembre, in una lettera al Prefetto, è il Maresciallo dei Vigili del Fuoco Alfredo Godrano ad accusare l’ingegnere Colistro
Informo l’Ecc/za Vostra che il giorno 1 Settembre c.a. il Comandante di questo 26° Corpo, Ing. Oliviero Colistro, ha lasciato il Comando e si portò al suo paese di Grimaldi trascurando il suo alto compito vero e tutto il personale.
Il giorno successivo ho creduto opportuno mandare il V. Brigadiere Covelli Adolfo ed il Vig. Sc. Zicarelli Lorenzo perché fosse rientrato in sede, ma il Comandante si rifiutò di rientrare ed ordinò agli stessi che tutto il materiale e gli automezzi fossero trasportati a Grimaldi, esortandoli di non perdere tempo, appena compiuto detto servizio, e di andare via del Corpo e di presentarsi dopo 48 ore dall’invasione.
Il personale tutto è venuto a conoscenza di questa rivelazione, così ognuno si allontanava giustamente come gli era nota e non tenendo conto delle mie insistenze a rimanere in servizio.
Di male in peggio, anche se le accuse sembrano incredibili. Come può un uomo stimato da tutti per la sua professionalità perdere la testa in questo modo?
Il Comandante Oliviero Colistro, Capitano di complemento del Genio in congedo (Distretto di Cosenza), all’accusa di abbandono di posto di lavoro in caso di pericolo, elevatagli dal Tribunale Militare Territoriale di Guerra di Cosenza, il 21 settembre si difende così:
Appartengo al Corpo dei Vigili del Fuoco di Cosenza fin dalla sua istituzione avvenuta nel settembre 1939. Conosco perfettamente la legislazione del Corpo cui appartengo e posso quindi con sicura coscienza affermare che esso non è militarizzato; è però mobilitato civile. Prima di bombardamenti di Cosenza mi sono sempre recato coi miei uomini nei comuni della Provincia per opera di soccorso nei sinistri causati dalle incursioni nemiche. Mi trovavo in Cosenza ed in città sono rimasto durante i giorni in cui sono avvenuti i bombardamenti alla fine di agosto e primi di settembre e precisamente nei giorni di sabato 28, domenica 29 e martedì 31 agosto e nel giorno di giovedì 2 settembre. Ammetto di essere stato assente soltanto nell’ultimo bombardamento avvenuto il giorno 3, quando furono colpiti con spezzoni incendiari i fabbricati della cattedrale e del distretto militare. Nella mattina del 3 settembre mi allontanai perché venni colpito da un attacco di colica renale e viscerale di cui io soffro e dal mio Brigadiere Covelli fui accompagnato con la mia macchina (si tratta ovviamente dell’autovettura di servizio assegnata al Comandante. Nda) al mio paese Grimaldi, dove avevo anche la mia famiglia sfollata da Cosenza. Feci trattenere presso di me la mia macchina appunto perché avevo intenzione di ritornare a Cosenza appena i disturbi renali mi fossero passati.
– Avete avvisato il Prefetto della vostra partenza per malattia?
Allontanandomi non avvertii la Prefettura perché, come altre volte mi era capitato, ritenevo che la colica mi sarebbe passata più presto
– Quali sarebbero state le attività che avreste svolto durante i giorni che avete indicato? E perché non avete risposto alle convocazioni del Prefetto?
Io di persona davo gli ordini necessari per il servizio di soccorso ai sinistrati ed alle case incendiate. Tengo a far rilevare che la mia presenza non era neanche necessaria in quanto avendo a mia disposizione cinque squadre agli ordini di Brigadieri, a ciascuna di esse avevo assegnato dei compiti precisi da espletare nel caso di incursioni nemiche. Mai, quindi, ho abbandonato per alcun tempo il mio posto di comando ed escludo nella maniera più assoluta di essere stato richiamato dalla Prefettura al mio paese di Grimaldi. Notte tempo io ho dormito, nei giorni delle incursioni, in una casa colonica a meno di un chilometro da Cosenza e di ciò avevo dato notizia ai miei dipendenti ed al mio autista che aveva l’ordine preciso di venirmi a rilevare in qualsiasi caso di necessità. Posso infine precisare che subito dopo la incursione del 28 agosto ho ispezionato la città con la mia macchina, seguita da due squadre munite di autopompe e può essere in proposito sentito il brigadiere Gordano, comandante delle due squadre con le quali procedetti ad opera di soccorso nel rione Panebianco, facendo anche trasportare con la mia macchina alcuni feriti all’ospedale. Nel pomeriggio dello stesso giorno 28, mentre mi trovavo nei pressi della Stazione Ferroviaria di Cosenza, fui avvicinato dal brigadiere dei carabinieri De Francesco il quale mi avvertì che il fabbricato ove è sito il caffè “Gatti” era in preda alle fiamme. Detti subito l’ordine di spegnimento del fuoco. Nel frattempo io mi ero unito col maggiore dei carabinieri di Cosenza e col direttore della Banca Nazionale del Lavoro, signor Ficocelli, i quali stettero con me alcun tempo mentre gli uomini erano intenti al lavoro
– E gli altri giorni?
Per il giorno 29 sono in grado di precisare che io stesso diressi l’opera di spegnimento del palazzo ex Intendenza di Finanza in Corso Mazzini insieme al brigadiere Covelli Adolfo del mio reparto, comandante la squadra adibita a quel lavoro. in queste circostanze, cioè nei giorni 28 e 29, fui visto al mio posto di lavoro da Sua Eccellenza il Prefetto che si interessò circa l’opera di soccorso che stavamo espletando. Ritengo opportuno far presente che io rimasi a Grimaldi in seguito all’attacco renale della mattina del 3, fino a tutto giorno 8 quando venni tratto in arresto  dal Capitano dei carabinieri che mi trovò a letto.
– E nei giorni 31 agosto e 2 settembre non avete fatto niente dopo i bombardamenti? Avete detto di essere stato a Cosenza ma forse non è così…
Durante il bombardamento del giorno 31, ricordo di aver ricoverato nella mia macchina un contadino che trovai ferito in rione Cosenza-Casali e precisamente vicino alla fornace di mattoni in proprietà Spadafora e io stesso lo accompagnai all’ospedale. Questo contadino si chiama Guzzo di cognome. Il giorno 1° settembre sono stato insieme con Sua Eccellenza il Prefetto, da me invitato anche ad una frugalissima colazione consumata a Cosenza nel nostro accantonamento. Durante la permanenza a Grimaldi – continua – fui visitato dal vice brigadiere Covelli Adolfo e dal vigile scelto Zicarelli i quali vennero a riferirmi che erano stati più volte maltrattati dal Tenente Colonnello Pellegrini che adduceva disservizio nell’opera di soccorso da parte dei miei dipendenti. Il Colonnello si riferiva anche al fatto di aver dovuto mandare a ritirare gli uomini del mio reparto in località Sant’Ippolito ove essi si erano accantonati in seguito a mie disposizioni che io detti quando il signor Prefetto mi aveva autorizzato di spostare il reparto a Pietrafitta ove erano gli uffici della Prefettura, la Protezione Antiaerea e l’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea). La contrada Sant’Ippolito si trova a soli 4 Km da Cosenza mentre Pietrafitta è a 15 Km. Tranquillizzai i miei graduati dipendenti dopo di averli assicurati che io sarei rientrato appena ristabilito. Mi consta che durante la mia assenza per malattia i miei militi hanno compiuto ugualmente il loro dovere. Mi protesto quindi innocente e chiedo di essere scarcerato o per lo meno di esser posto in libertà provvisoria.
Niente da fare, l’ingegnere Colistro resta in carcere. Non in quello di Cosenza, però, perché è stato così danneggiato dai bombardamenti da consentire l’evasione di qualche detenuto. Il carcere prescelto è quello Mandamentale di Mormanno, dove Colistro viene sottoposto a visita fiscale dal Sottotenente Medico Domenico Sarno il quale lo trova affetto da calcolosi renale bilaterale e cistite secondaria con emissione di urine sanguigne. Ciò che preoccupa di più, però, sono le parole con le quali conclude la relazione: Tale stato morboso può essere letale  perché le attuali condizioni d’ambiente aggravano i fatti morbosi in atto. Quel carcere non è idoneo per ospitare un detenuto nelle condizioni fisiche di Colistro e, il 23 settembre, gli viene concessa la libertà provvisoria.
Nel frattempo l’avvocato Benedetto Carratelli, difensore di Colistro, invia al Tribunale Militare una memoria difensiva nella quale sostiene che la presenza a Cosenza dei Vigili del Fuoco, a partire dal 28 agosto 1943, sarebbe stata quasi inutile, dato che, in conseguenza dei bombardamenti, la città è rimasta senz’acqua, affermazione che contraddice il suo stesso assistito il quale aveva dichiarato che dopo il bombardamento del 28 agosto si era recato nel rione Panebianco con due autopompe e il 29 era stato spento l’incendio del palazzo ex sede dell’Intendenza di Finanza. In più, gli incendi non sarebbero stati provocati dalle incursioni nemiche ma da ladri di mestiere e… occasionali i quali, profittando dell’immane calamità, hanno saccheggiato i più ricchi depositi di generi alimentari e i più lussuosi magazzini della città nuova e poi vi hanno appiccato il fuoco per dare l’impressione che tutto era sparito per l’azione di bombe incendiarie, con la conseguenza che il fuoco, partito dai magazzini, si è propagato alle sovrastanti case di abitazione.
Ma non basta. Carratelli sostiene che il suo assistito, contrariamente a quanto verbalizzato, avvertì l’Ecc. Prefetto la sera del 2 settembre us del suo stato d’infermità e ne indica anche le modalità: Nel pomeriggio del 2 settembre  l’Ecc. Prefetto, il Barone Carlo Campagna, il medico ufficiale Sanitario del Comune, dott. Ruggiero, con l’ing Colistro si recarono a Pietrafitta. Consumatovi il rancio, il Capo della Provincia (Carlo Campagna. Nda) e gli altri ripartirono; il Colistro, che già aveva avvertito la propria indisposizione, restò, informandone il sig. Prefetto. Questi può avere facilmente dimenticato, ma la circostanza è vera: le coliche renali con ematurie determinarono il paziente a ritornare in famiglia, a Grimaldi, dove avrebbe avuto assistenza sanitaria e familiare.
Il commendator Giovanni Palaia, Procuratore della Legge (non più del re. Nda), per vederci più chiaro comincia con l’ascoltare il Prefetto il quale esordisce confermando e ratificando la sua lettera di denuncia del 9 settembre, poi riferisce
Ricordo che una volta io stesso mi sono recato in S. Ippolito per costringere i vigili a venire a Cosenza per domare gli incendi, altre volte incaricai di chiamarli il dott. Franco Porfidia, Commissario Prefettizio del Comune
– È vero che il 2 settembre foste con Colistro e altri?
Il due settembre fui effettivamente nella località in cui si trovavano i vigili del fuoco, dove consumai da solo una frugale colazione. Feci ritorno a Cosenza verso mezzogiorno. Escludo che in tale occasione l’Ing. Colistro abbia manifestato il desiderio o l’intenzione di allontanarsi dal Reparto perché indisposto. Dopo parecchi giorni dal suo arbitrario allontanamento venni a sapere, per pura combinazione, che si trovava a Grimaldi
Guai in vista, anche perché il Tenente Colonnello Pellegrini e il brigadiere dei Vigili del Fuoco Godrano, ascoltati a loro volta, rincarano la dose.
Dice Pellegrini:
L’allontanamento del Colistro dal Comando del reparto, dovuto alla comune vigliaccheria e solo camuffato da malattia, ha portato alla dispersione di quasi tutti i vigili del fuoco che, se presenti, avrebbero certo evitato tanto danno alla città
Anche Godrano conferma quanto già aveva messo per iscritto nella lettera dell’11 settembre al Prefetto e aggiunge:
Non mi consta che il Colistro negli ultimi giorni di agosto e nei primi giorni di settembre fosse ammalato. Se così fosse stato, egli avrebbe, come prescritto, presentato il certificato medico o avrebbe informato il Prefetto
Il Vigile del Fuoco Adolfo Covelli, con sorpresa generale, consegna una lettera a firma di Colistro recapitatagli, non ricorda bene, il 2 o 3 settembre:
In giornata, nelle ore possibili, dispongo che sia fatto lo spostamento di tutti gli automezzi e del materiale qui a Grimaldi. Dovranno essere presenti tutti i vigili permanenti e tutti gli altri presenti. Bisogna caricare tutta la benzina, altrimenti rimarremo bloccati. Bisognerebbe fare di tutto per rimorchiare il camioncino. Il motofurgone, ch’è già carico di materiale, dovrà essere mandato allo sfascio; la benzina si potrebbe caricare col motofurgone di Loizzo. Del resto cerca tu di organizzare come meglio pensi per salvare ogni cosa. Io non mi posso muovere perché ho la febbre. Ti aspetto stasera a qualunque ora. Cerca di sapere se la mia casa è salva.
N.B. A voce parleremo…
Perché? Forse per salvare il materiale? Ma se così fosse, come si sarebbe potuto intervenire in caso di bisogno? O, forse, si tratta di un tentativo di boicottaggio da parte di un fervente fascista in vista della caduta definitiva per ingraziarsi gli Alleati? Tutte ipotesi.
Covelli poi racconta l’avventuroso viaggio da Cosenza a Grimaldi, fatto col suo collega Lorenzo Zicarelli.
Giunti a Pietrafitta non potemmo più proseguire perché la strada, e più precisamente quella vicino a Pian del lago, era stata bombardata. Tornammo perciò indietro e mi recai da Sua Eccellenza il Prefetto il quale cercava per ragioni di servizio l’ingegner Colistro. L’indomani mi diressi alla volta di Grimaldi insieme a Zicarelli. Dissi a lui che non potevo eseguire l’ordine essendo rimasto con pochi vigili perché gli altri si erano sbandati e che sarebbe stata necessaria la sua presenza a Cosenza per decidere meglio sull’eventuale trasporto dei mezzi ed anche perché era attivamente desiderato dal Prefetto. Il Colistro mi rispose che non poteva assolutamente muoversi perché non si sentiva bene. mi ordinò, invece, di trasportare tutto con i vigili che avevo a disposizione e, dopo avere eseguito l’ordine, di andarcene tutti nelle località preferite e di presentarci a lui dopo 48 ore dall’invasione, epoca in cui si sarebbe ricostituito il corpo. Ritornai l’indomani a Cosenza e comunicai l’ordine al Brigadiere Godrano il quale mi disse che non potevamo muoverci perché il Prefetto aveva disposto che si restava in residenza. Con noi rimasero solo 6 o 7 vigili
Zicarelli aggiunge altre circostanze:
Ieri (27 ottobre 1943. Nda) mentre ero a passeggio, fui invitato a recarmi a casa dell’ingegner Colistro e quivi giunto egli mi chiese se effettivamente avevo reso una dichiarazione scritta riguardante il suo comportamento, al che gli risposi affermativamente e, mentre ciò dicevamo, egli per due volte consecutive mandò a chiamare, a mezzo di tal Mauro Paolo residente a Grimaldi, l’avvocato Carratelli, ma questi non fu rintracciato. Allora il Colistro mi licenziò dicendomi di tornare da lui alle ore 13 per parlare con lui e l’avvocato Carratelli ma io non andai. Anche questa mattina il Mauro è venuto in caserma a cercarmi perché mi recassi dal Colistro, ma io non ci sono andato.
– Ricordate le condizioni fisiche di Colistro quando lo incontraste a Grimaldi? Mangiava cibi cucinati apposta per lui?
Egli mangiò normalmente, bevette vino e non mi sembrò affatto sofferente. Posso dire, fra l’altro, che la sera mangiammo insalata di pomodoro e salame.
Ma molti testimoni indicati dalla difesa cadono in numerose contraddizioni sulle date in cui l’imputato ha dichiarato di averli incontrati. Per esempio, il Brigadiere dei Carabinieri Vincenzo De Francesco nel confermare di averlo incontrato dopo il bombardamento del 28 agosto e di avergli comunicato di un incendio, nega di averlo visto nei giorni successivi. Il Colonnello Emilio Ambrogi, Comandante del 16° Fanteria, lo ha visto il 28 agosto e che non gli risulta che il Colistro dal 29 al 3 settembre fosse in Cosenza; Arturo Scola lo ha visto nei giorni precedenti al 29 agosto per le vie di Cosenza, ma nulla può dire dal 29 in poi, essendosi assentato dalla città.
Il dottor Ortenzio Amantea, medico di Grimaldi, è il testimone sul quale gli inquirenti posano maggiormente l’attenzione:
In un giorno che non posso precisare, ma credo nei primi di settembre, forse il 2 o il 3, fui chiamato dall’ingegner Colistro per una visita medica. Mi riferì che soffriva dolori renali e vescicali e che orinava sangue da 5 giorni e siccome conosco da anni che egli soffre di questi mali, mi richiese un certificato medico che io gli rilasciai. Con detto certificato che attestava che egli soffriva di dolori colici, renali e vescicali, nonché ematuria, consigliavo assoluto riposo. Il Colistro mi riferì che le sofferenze rimontavano a 5 giorni e che aveva sempre prestato servizio
– Dopo quella volta lo avete rivisto?
Vidi il Colistro per altri 3 o 4 giorni consecutivi
Quindi il dottor Amantea avrebbe rilasciato il certificato medico solo in base ai sintomi riferiti da Colistro e alla conoscenza storica della sua patologia, senza nemmeno sfiorarlo con un dito, ma il problema è che di questo certificato non c’è traccia negli atti, così la Procura della Legge dispone una perizia medica per stabilire le esatte condizioni di Colistro. Ad eseguirla saranno il Professor Dottor Giuseppe Santoro, il dottor Matteo Dursi, Medico Provinciale, e il dottor Achille Mandarino. È il 1° novembre 1943.
Dopo un mese i periti presentano la loro relazione ed è un colpo mortale per la difesa di Colistro:
Riteniamo pertanto che il Colistro, per sette giorni della decade 1°-10 settembre fosse in condizioni di salute tali da poter esplicare le sue mansioni di Comandante dei Vigili del Fuoco.
La difesa, da parte sua, presenta una perizia di parte redatta dal dottor Alberto Talarico, di tenore completamente opposto:
Gli estensori della perizia a carico del sig. Ing. Oliviero Colistro, sino al punto in cui han dovuto scrivere in qualità
di medici, si sono mostrati all’altezza della situazione, e di questo il sottoscritto ne è convinto, perché in qualità di tecnici se ne conosce ed apprezza l’alto valore; ma importa affermare con coscienza onesta e serena che il soffrire, il non dormire, il non poter riposare, il perdere sangue siano fattori ultra sufficienti per mettere un individuo nella impossibilità di attendere a qualsiasi lavoro e di qualsiasi entità; perciò sembra arbitrario affermare, così categoricamente, che nel periodo di tempo intercorrente fra le due coliche, il Colistro fosse in piena efficienza, specie quando si considera che questi è un uomo da loro stessi dichiarato insufficiente
. È il 4 dicembre 1943.
Il 29 dicembre 1943 Oliviero Colistro viene rinviato a giudizio per avere, dalla sera del 2 settembre all’8 settembre 1943, cioè in caso di pericolo dipendente dalle incursioni aeree sulla città di Cosenza, abbandonato il suo posto di lavoro di Comandante del 26° Corpo dei Vigili del Fuoco, in modo che dal fatto è derivato grave danno.
Durante il dibattimento, che si apre il 17 aprile 1944, Colistro, per avvalorare la sua presenza in servizio, esibisce una lettera del Prefetto indirizzata al Comandante dei Vigili del Fuoco, datata 1 settembre 1943 con l’ordine di mettere subito a disposizione dell’Ufficiale sanitario di Cosenza l’autoambulanza con l’autista ed un furgoncino con 4
Vigili per la rimozione delle carogne.
Ma il Brigadiere Gordano lo smentisce:
Era stato ordinato all’ingegner Colistro di sgomberare la caserma situata ai “13 canali” da Sua Eccellenza il Prefetto il 31 agosto a sera. Il Colistro aveva dato appuntamento a noi Vigili per il giorno primo settembre alle ore 7, ma egli non venne, né fu con me e con altri vigili nel pomeriggio dopo il bombardamento, allorquando si sviluppò un incendio al rione Portapiana. Nell’occasione la casa del Vigile Grandinetti era in preda alle fiamme.
Colistro insorge e accusa Godrano, Zicarelli e altri Vigili del Fuoco di avere abbandonato il servizio il 31 agosto e, per questo, di non avere potuto ottemperare all’ordine del Prefetto. I vigili, a loro volta, denunciano Colistro. Un vero guazzabuglio e una figuraccia per tutti.
Viene anche chiarito che non era vera la circostanza della mancanza d’acqua in tutta la città dopo il bombardamento del 28 agosto, ma che mancò solo a Piazza del Carmine, nel senso che scorreva ma non aveva pressione.
Il Vigile del Fuoco Francesco Del Buono afferma che il suo collega Zicarelli gli raccontò che Gordano l’aveva costretto a rilasciare una dichiarazione contro il Colistro, ma questi nega tutto.
Poi spunta il famoso certificato del dottor Amantea, dimenticato dal Maresciallo scrivano dei Carabinieri di Cosenza nel fascicolo di Colistro, solo che, contrariamente a quanto affermato sia dall’imputato che dal medico, riporta la data del 5 settembre, a scandalo già esploso.
È il 20 aprile 1944 e non c’è altro, si può procedere ad emettere la sentenza che è di colpevolezza. È il caso di evidenziare alcuni passaggi delle motivazioni: le risultanze processuali, convenientemente valutate, inducono ad affermare la piena responsabilità dell’imputato, senza che possa darsi peso alle sue pronte quanto vane giustificazioni, adattate di volta in volta – anche se a costo di stridenti contrasti – alle singole situazioni processuali. Giova rilevare anzitutto che non proprio a Cosenza e non sempre intento al suo servizio egli è stato fino al giorno 2 settembre 1943 poiché, come risulta dalla denunzia sporta dal prefetto a suo tempo, “fin dal mese di agosto egli si era comportato in modo riprovevole, assentandosi spesso dalla sede per recarsi a casa sua a Grimaldi valendosi di automezzo del corpo…”. L’impugnativa fatta in dibattimento contro la denunzia che, secondo la difesa, conterrebbe voci correnti nel pubblico, è assolutamente infondata poiché risulta chiaramente nel detto atto che quanto in esso riferito è frutto di dirette constatazioni del pubblico ufficiale che lo ha redatto e che, per la sua qualità e le sue funzioni, aveva il diritto ed il dovere di controllare l’operato dei vigili del fuoco. E tanto la parola del Prefetto merita conferma in quanto risulta per le stesse affermazioni dell’imputato e di tutti i testimoni che hanno deposto in merito, che quegli era fermo al suo posto e si preoccupava del funzionamento dei vari servizi anche quando diversi funzionari si erano allontanati, alligando tutti – naturalmente – scuse sostenute da certificati medici. Strana epidemia invero, dovuta evidentemente alla paura delle bombe, a cui non è sfuggito lo stesso Colistro, tanto più censurabile in quanto doveva pur sapere che la sua utilità sociale si sarebbe dovuta dimostrare proprio e soltanto nei momenti di pericolo.
A nulla valgono gli elogi raccolti dall’imputato prima della guerra, quando la più appariscente, se non l’unica, attività dei vigili del fuoco si riduceva a qualche esercitazione o parata, oppure durante la guerra e prima della sua fase critica quando, data la saltuarietà e la non reiterazione dei bombardamenti, gli interventi si attuavano a cessato pericolo. È noto infatti che solo nel mese di agosto, e precisamente dal giorno 28 in poi, le incursioni aeree, dapprima limitate ad un bombardamento su Cosenza, al lancio di uno spezzone a Paola ed a qualche mitragliamento sui treni, si sono intensificate in città ed in provincia e proprio allora, come si rileva dalla denunzia, l’ingegnere Colistro ha cominciato a tenere quel contegno, culminato poi col completo abbandono del  posto. E davanti alla parola del prefetto del tempo (Enrico Endrich è stato sostituito da Pietro Mancini il 20 aprile 1944, un giorno prima dell’emissione della sentenza. La stesura delle motivazioni è, come da prassi, avvenuta qualche giorno più tardi. Nda) non possono certo prevalere compiacenti dichiarazioni di testi, facili a trovarsi nel campo di compaesani, degli amici e dei conoscenti, in un ristretto ambiente come quello di Cosenza.
Accertata l’assenza e stabilito dai periti che solo parte di detta assenza può essere giustificata da malattia, si dovrebbe già affermare senz’altro la responsabilità penale dell’imputato in ordine al delitto ascrittogli poiché il suo allontanamento dal posto di lavoro, mentre persisteva il pericolo di incursioni aeree, è stato dolosamente voluto dalle ore 10 del giorno 3 settembre a tutto il giorno 5 successivo e durante il giorno 8 successivo fino al momento dello arresto. Ma il processo non offre soltanto le prove di reità già esaminate poiché consente di stabilire che lo imputato, con prove maliziosamente preparate al fine di ingannare la Giustizia, ha posto in essere falsamente uno stato di riacutizzazione della sua malattia nei giorni 2 e 6 settembre. La esistenza delle pretese coliche basa infatti sui soli detti dell’imputato e dei testi Mauro e dottor Amantea, nonché sul referto di quest’ultimo. Ma queste fonti di prova non meritano valore. Il dottor Amantea, rendendo la sua deposizione, ha parlato di una sola colica che si sarebbe verificata “nei primi giorni di settembre, forse il 2 o il 3”, senza far cenno alcuno a ricadute o fenomeni febbrili ed anzi dichiarando, così come si rileva dal chiaro tenore della sua deposizione, di essere stato chiamato non per una visita ma solo per un rilascio di un certificato, che difatti rilasciò ritenendo attendibili le sole dichiarazione del Colistro che conosceva come sofferente di tal male.
Dalle contraddizioni in cui è caduto l’imputato, dai rilevati contrasti tra l’imputato medesimo ed i testimoni, dal tenore del certificato medico e dalle circostanze riguardanti l’approntamento ed il mancato uso, o meglio il subdolo uso del certificato stesso, discende una sola, logica conclusione e cioè che nessuna malattia il Colistro ha avuto durante il periodo di tempo in esame, salvo quella latente e pregressa, che non gli ha impedito, a suo tempo, di accettare il posto e di esercitare poi le sue funzioni, fino a che il pericolo non diventi così continuo ed effettivo da indurlo ad abbandonare tutto per egoistico e comprensibile – ma non giustificabile – spirito di conservazione.
Altro che intenzione di riprendere servizio aveva l’imputato il quale, disponendo arbitrariamente il trasferimento di materiali ed uomini a Grimaldi, e quindi in un punto notevolmente più lontano (40 Km) da Cosenza di quanto non fosse l’accantonamento del bivio S. Ippolito, ed annunziando lo scioglimento temporaneo del corpo, proprio quando e Prefetto e Colonnello dei Carabinieri cercavano insistentemente di lui e dei Vigili perché fosse recato un qualche soccorso alla città che bruciava – così come testimoniano ancora i ruderi di interi isolati distrutti dalle fiamme – nella speranza che col giungere dello invasore nessuno gli avrebbe chiesto conto del suo operato, si è messo freddamente in aperta ribellione verso le autorità superiori e verso le leggi patrie, venendo meno ai suoi più elementari doveri di funzionario, di cittadino, di uomo.
Nonostante la eccezionale gravità del reato, in vista delle menomate condizioni fisiche dello imputato accertate dai periti; ed anche se il Colistro – che doveva conoscere sé stesso – ha volontariamente accettato a suo tempo simile incarico che richiede efficienza fisica assoluta, il Collegio ritiene di dover determinare la pena nella ridotta misura di anni tre di reclusione. Non ostando i precedenti penali del Colistro ed il titolo del reato, la pena di cui sopra va dichiarata interamente condonata in virtù dell’art. 5 R.D. 5-4-1944.
L’ingegnere Colistro propone ricorso presso la Corte d’Appello di Catanzaro la quale, il 27 settembre 1944, elimina dall’imputazione l’aggravante di cui al capoverso dell’art. 28 R.D. 31/10/1942 e dichiara non doversi procedere contro il Colistro per amnistia.[1]

 

[1] ASCS, Processi Penali.

 

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