TATAMALU

– Marescià…
vengo a nome del Brigadiere di Vaccarizzo Albanese… c’è una donna morta in
contrada Serembo… pare che sia caduta nel fuoco o forse l’hanno bruciata…
andate a vedere, si chiamava Rosa Montalto – l’uomo, bagnato fradicio dalla
testa ai piedi per la pioggia incessante del 14 gennaio 1918, non è in grado di
dire altro al Maresciallo Carlo Lafranconi, comandante della stazione di Acri
– Gagliardi!
Gagliardi! – urla il Maresciallo all’indirizzo dell’unico Carabinere presente
in quel momento in caserma
– Comandi!
– Dovremmo
uscire per constatare un decesso… ma tra poco è notte e piove, prepara tutto
per domani mattina… intanto vai ad avvisare il Signor Pretore
– Signorsi,
signor Maresciallo! – risponde battendo i tacchi
La mattina dopo
non piove più ma i due militari e il Pretore procedono a fatica lungo le strade
fangose fino alla contrada Serembo, posta sul confine col comune di San Cosmo
Albanese e arrivano davanti alla casa della morta dopo un viaggio di più di 4
ore (dalle 6 e ½ alle 11)per monti e scoscendimenti di sorgenti
.
La
costruzione è piccola e ha da un lato un forno e dall’altro due piccole stalle dove si trovano tre
maiali ed un asino
. Davanti alla porta ci sono due Carabinieri della
stazione di Vaccarizzo Albanese
– Avete
aspettato noi per rompere la porta? – il Maresciallo li rimprovera
– Signornò,
la porta si apre comodamente perché il saliscendi si manovra anche da fuori
La luce del
giorno penetra nell’unica stanza di cui è composta la casa e taglia in due il
cadavere della cinquantacinquenne Rosa Montalto disteso accanto al caminetto (focagna) in posizione supina e leggermente inclinato sul fianco destro, col capo
poggiato su pezzi di legno intatti da bruciare
. Molta cenere è ammucchiata con regolarità alla parete e davanti ad essa
stanno due pezzi di legno di sughero in parte bruciati ma spenti ed altra
cenere. Sul centro del focolare pende un caldarotto pieno a metà d’acqua appeso
ad una catena
.
Il Pretore e
il Maresciallo storcono il muso disgustati quando osservano con attenzione il
cadavere orribilmente sfigurato dal
fuoco, col braccio destro disteso e col sinistro flesso sul pube e che stringe
nella mano ancora un avanzo di veste consunta dal fuoco. Solo gli arti
inferiori sono illesi. L’addome, il tronco ed il capo sono molto ustionati e in
parte carbonizzati. Il lato sinistro del torace è carbonizzato al segno che
lascia vedere le costole e la cavità. La calotta cranica è molto bruciata ed
una parte di essa pende. Il cadavere indossa mutande bruciacchiate in alto e
calze vecchissime che lasciano interamente scoverti i piedi
.
– Bisogna
portarla al cimitero per l’autopsia – ordina il Pretore – intanto noi facciamo
i rilievi e perquisiamo la stanza
Sulle pareti sono addossati parecchi oggetti
e mobili vecchissimi. Procedendo da sinistra a destra si notano principalmente
una sedia vicino il cadavere ed una zappa vecchia ed impolverata appoggiata al
muro, poi un pagliericcio con cuscini e coperta su cui sta una sedia che posa
sulle sue quattro gambe, poi un cestone vuoto con un tridente dentro, un altro
cestone pieno di lupini e poi un tavolo piccolo. Delle casse piene di
biancheria e di altri oggetti; due sacchi di farina ed un tinozzo pieno della
medesima. All’angolo destro in fondo trovasi un letto ad una piazza e mezza
apparecchiato ma (senza lenzuola) con sole coperte e sullo stesso una sedia
coricata
, posto sul tavolino un
fazzoletto bianco annodato in alto per tre cocche e aperto dal quarto: esso
contiene delle immagini sacre e delle carte inutili (ricevute di fondiaria e di
pagamento di tasse) che fuori escono dal lato libero e dà l’impressione che
qualcuno lo avesse frugato
. In un
tovagliolo trovato tra le tavole e il pagliericcio del letto si rinvenne un
biglietto da £ 10 ed in un altro fazzoletto che si trovava anche fra le tavole
ed il pagliericcio medesimo si trovarono £ 31,25. Salta all’occhio una piccola
cassa lunga circa 80 centimetri e la rga 30 perché ha una parte del coperto,
quella anteriore, staccata di fresco e con violenza. Il pezzo trovasi dietro la
cassetta ed al centro presenta, spezzato, l’archetto di ferro dentro cui si
infilava la stanghetta della toppa per chiudere la cassetta. Dentro di questa
si trovano degli oggetti inutili e dentro un barattolino di latta arrugginito
un paio di bucoli d’oro e di orecchini rotti
.
Nessun segno
di colluttazione, nessuna traccia di violenza, oltre alla cassetta rotta, che
possa far pensare a una rapina finita male. Molto più probabile, secondo il
Pretore e il Maresciallo, che la povera Rosa abbia avuto un malore, sia caduta
nel fuoco restandoci secca e poi qualcuno, passando di lì e trovandola morta,
abbia approfittato della situazione rompendo la cassetta dove probabilmente
erano custodite delle somme di denaro e impossessandosene.
– Mia sorella
era molto religiosa ed anche un po’ strana – racconta Francesco Montalto al
Maresciallo – nel senso che preferiva starsene da sola in campagna mentre
avrebbe potuto stare con qualcuno dei parenti, secondando i nostri desideri. Era
piuttosto agiata perché consumava pochissimo per i suo bisogni personali,
possedeva un campicello che coltivava da sé e le forniva il bisognevole.
Inoltre faceva un piccolo commercio di animali suini che essa allevava e
custodiva quotidianamente al pascolo. E doveva possedere più di un migliaio di
lire perché nel mese scorso aveva venduto dei maiali
e in precedenza aveva venduto non so a chi tre vaccine per
lire 535
. Devo far rilevare che mia
sorella Rosa era molto avara ed accumulava sempre realizzando delle piccole
economie in ogni circostanze e non spendeva mai un centesimo
Assumendo
informazioni per la ricerca del ladro, il Maresciallo viene a sapere che Rosa
frequentava soltanto una persona, il settantaquattrenne Santo Paldino che abita
a circa 500 metri dalla morta e che, essendo amicissimi, conosce tutti i segreti della donna. Il vecchio entra
subito tra i sospettati e i Carabinieri gli vanno a perquisire la casa per
cercare di trovare la refurtiva ma invano, non
avendogli trovato che £ 160 di cui giustificò la provenienza
e lo lasciano
a piede libero
– L’ho vista
venerdì sera quando sono andato a chiederle in
fitto
l’asino ma me l’ha negato
perché l’animale era stanco
– rivela Paldino
Poi arriva
l’esito dell’autopsia e il Pretore e il Maresciallo capiscono di avere
sbagliato tutto: Rosa non è morta di morte naturale ma è stata orrendamente ammazzata
a colpi di scure e poi, ancora più orrendamente, bruciata per occultare
l’omicidio!
– Il
pavimento! Non abbiamo controllato il pavimento! – Il Maresciallo Lafranconi
non si da pace – andiamo!
Quando
arrivano davanti alla casa di Rosa, Lafranconi bestemmia: la porta è chiusa a
chiave e la chiave è stata consegnata al Pretore. Rifare tutta la strada per
altre due volte? Non se ne parla nemmeno. La soluzione è togliere qualche
tegola ed entrare dal tetto. Raschiano la cenere sul pavimento del camino e trovano
alcune macchie che sembrano proprio di sangue. Lafranconi a questo punto decide
di svellere i mattoni macchiati per sequestrarli e poi va a casa di Santo
Paldino che a questo punto diventa il principale sospettato dell’omicidio di
Rosa Montalto, avendo ammesso di essere stato l’ultimo ad aver visto viva la
donna.
Non avendolo
rintracciato nella sua masseria, lo vanno a cercare nel vicino comune di San
Cosmo Albanese ma, avendo saputo colà che
era andato nel comune di Vaccarizzo Albanese
proseguono il cammino  e chiedono aiuto al Brigadiere Pietro
Masutti, comandante la locale stazione, ed
alle ore 11,30 fu rintracciato ed arrestato nei pressi di quell’abitato
.
– Sono
innocente! Le volevo bene come figlia e
non potevo avere il coraggio di ammazzarla
. E poi sono stato proprio io ad
avvisare i Carabinieri di Vaccarizzo quando l’ho trovata morta
– A proposito
della denuncia – attacca Lafranconi – tu hai detto ai colleghi di Vaccarizzo di
non aver visto Rosa Montalto negli otto giorni precedenti alla sua morte e a
noi hai detto di averle parlato dell’asino due giorni prima di trovarla morta…
come la mettiamo?
Io stesso non saprei dire e spiegarmi perché
mi sono indotto a mentire… avevo perduto i sensi
Di domanda in
domanda le contraddizioni nelle risposte di Paldino aumentano finché ammette di
avere spostato il cadavere, sistemandolo nella posizione in cui poi fu trovato
dagli inquirenti.
– Abbiamo un
testimone che ti ha visto mentre ti allontanavi dalla casa della Montalto e
andavi verso casa tua a mezz’ora di notte di venerdì 11 gennaio. Non
rispondermi che avevi perso i sensi o che eri diventato stupido perché mi
incazzo davvero! – tuona Lafranconi anche se sa che la sua affermazione è un
mezzo bluff perché il testimone, Antonio Montalto, non è affatto certo che
l’uomo da lui visto e salutato fosse proprio Santo Paldino in quanto non lo ha
visto in faccia e nemmeno ne ha sentito la voce
Proprio perché avevo perduto la testa… –
il pugno del Maresciallo si abbatte sul tavolo mandando per aria tutte le
carte, ma Paldino non batte ciglio e continua – mi pareva che fingendo di non saper nulla mi sarei sottratto ai fastidi
di essere chiamato dalla giustizia e di salire scale alla mia età
… ve lo
ripeto, la sera di venerdì 11 andai a casa di Rosa per chiederle l’asino, la
porta era socchiusa ed entrai. Con
stupore la trovai bruciata e cadavere nel focolare. La voltai adagiandola col
capo sul mucchio di legna vicino… forse per il buio e forse perché son vecchio
e non vedo bene
non mi accorsi delle ferite… me ne andai e incontrai per via un uomo che mi disse
“oheeee!”, al quale risposi nello stesso modo ma non lo riconobbi, né mi venne
in mente di narrargli quanto io avevo veduto
– Ma se tu la
trattavi come una figlia e lei ti trattava come un padre, certamente ti avrà
raccontato che aveva dei soldi e dove li teneva…
Costei non mi aveva mai confidato se
possedesse denaro e dove, anzi è rimasta mia debitrice di tre lire per un
quarto di tomolo di granturco
– Questo lo
abbiamo trovato a casa tua oggi… – fa il Maresciallo mostrandogli un manico di
scure con evidenti macchie di sangue
Esso è mio – ammette – ma non so se le macchie rosse e secche siano
di sangue o di ruggine o di succhi di piante, ma non è impossibile che siano di
sangue perché facendo io il potatore, spesso mi accade di ferirmi alle mani
urtando su qualche ramo
– E il ferro
dov’è?
– Dal fabbro
di Vaccarizzo per affilarla…
Un osso
durissimo, non cede di un millimetro e Lafranconi deve ammettere a se stesso di
non avere niente in mano per incastrare Paldino. Poi qualcuno gli fa sapere che
nei giorni a cavallo dell’omicidio e del ritrovamento del cadavere di Rosa, a
casa di Santo Paldino c’era il suo nipotino Pasquale, di sette anni. Il
Maresciallo lo manda a prendere e il bambino, dopo molte insistenze e stentatamente,  apre la bocca
Mi chiamo Pasquale, non so come si chiama
mio padre, mia madre si chiama Annunziata, non so quanti anni ho, sono di San
Cosmo Albanese
– Ti ricordi
se è successa qualcosa quando eri da tuo nonno?
Tatamalu (nonnuccio) ha ucciso Rosa e c’era
il fuoco
– Lafranconi si mette le mani tra i capelli – Io stavo davanti la porta. Rosa gridava “Tata miu! Tata miu!” e
Tatamalu la colpiva con la scure sulla testa e sulle spalle, poi mise legna al
fuoco e la bruciò
. – Pasquale non apre più bocca e il Maresciallo suda le
proverbiali sette camicie per farlo continuare – Poi Tatamalu prese l’acqua e lavò il sangue e con l’accetta aprì la
cassa rompendo il coperchio e prese un briloque d’oro e denaro e se li mise nel
cosciale
(in una tasca dei pantaloni). Prese
pure uno scialle e se lo portò con sé, ma io me ne ero sceso alla torre prima e
lui mi raggiunse dopo
– Ma come mai
tu eri con tuo nonno nella casa di Rosa?
Tatamalu mi disse nella torre di aspettarlo
un poco ed uscì con la scure. Io, per non restare solo, uscii pure e lo seguii;
lui andava da Rosa ed arrivando avanti la porta, io lo trovai che menava.
Quando mi vide mi disse “Statti lloco e vedi se viene qualcuno”. Poi mi disse
“stai cittu
(stai zitto) non dire
niente alla gente
– Hai visto
dove ha nascosto quello che ha preso?
Lui mise lo scialle in un buco, il denaro
non so dove, poi dormimmo alla torre. L’indomani andammo al trappeto di Peppinu
– Ti ricordi
come era composto il denaro e se tuo nonno ha portato via anche delle olive?
Il denaro era di carta… non sacciu chiù
nente
… – termina Pasquale scoppiando in un pianto dirotto
– Ma non è
che ti sei inventato tutto? – fa il Maresciallo con aria severa
No – risponde il bambino continuando a
piangere e a scuotere la testa
Il Pretore e
il Maresciallo vogliono mettere a confronto il bambino e suo nonno ma non ci
riescono perché il ragazzo, alla vista
del Paldino, si è messo a piangere, a gridare ed a strepitare ed a volere
fuggire
.
Nella nuova
perquisizione a casa dell’accusato viene trovato uno scialle in un buco nel
muro, proprio come ha raccontato Pasquale. Lo scialle, mostrato ai parenti
della vittima, viene riconosciuto come appartenente alla povera Rosa Montalto.
Dei soldi, però, nessuna traccia.
Mentisce mio nipote Pasquale se dice che io
uccisi Rosa Montalto e che, dopo averla bruciata la derubai
– E lo
scialle di Rosa che tenevi nascosto in casa?
Lo scialle la Rosa me lo aveva dato in
pegno di tre lire che mi doveva pel grano vendutole nell’estate scorsa
– Possibile
che Rosa, che voi stesso avete definito agiata, non avesse avuto tre lire
dall’estate scorsa e vi avesse dato in pegno lo scialle che vale di più?
Essa me l’ha voluto lasciare in pegno il
primo dell’anno in corso, io non lo volevo, e ciò perché non aveva spezzati per
pagarmi le tre lire
– Hai rubato
pure le olive che il giorno dopo hai portato al frantoio…
Le olive da me portate al frantoio di
Peppinu “Menzunasu” erano tre tomoli e tre stoppelli e mi erano state
consegnate da Michele Gabriele il quale ha in fitto certi spezzoni di terra di
mio figlio domiciliato in America per fitto dovuto. È vero che in casa della
rosa io tenevo circa 15 chili di olive che avevo raccolto a poco a poco per
terra nel fondo del mio padrone, all’insaputa di costui, quindi io gliele avevo
rubate e perciò le avevo affidate alla Rosa
Gli indizi
dovrebbero essere sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio di Santo
Paldino, ma gli inquirenti decidono di far sottoporre a perizia le macchie
trovate sul manico di scure, sugli indumenti sequestrati all’imputato e le
macchie trovate sui mattoni del focolare di Rosa per accertare se si tratti o
meno di sangue e, in caso affermativo, se si tratti dello stesso tipo di
sangue. I periti, Michele Perris e Adolfo Tafuri, noti medici cosentini, dopo
lunghi e complicati esami ottengono risultati molto deludenti:
Solo le macchie che persistono sul manico
della scure hanno l’apparenza di macchie di sangue, mentre quelle sui mattoni e
sulla giacca non hanno alcuna caratteristica.
Quanto poi alla determinazione della specie
di sangue, se noi abbiamo, per i caratteri presunti delle prove di
orientamento, il sospetto che le macchie descritte sui mattoni e da quelle
macroscopiche sul legno sono presumibilmente di sangue, noi non possiamo in
alcun modo stabilire se dette macchie sono di sangue umano, per il fatto che
non sono riuscite le numerose prove che tendevano al ripristinemento dei
globuli rossi con liquidi speciali
.
Si farà a
meno di questa conferma. Il 22 luglio 1918 la Sezione d’Accusa rinvia a
giudizio Santo Paldino per avere, con
premeditazione ed a scopo di furto, volontariamente ucciso a colpi di scure
Rosa Montalto, bruciandone dopo il cadavere per disperdere le tracce dell’assassinio
e derubandola
.
Il 13
novembre 1920 inizia il dibattimento davanti alla Corte d’Assise di Cosenza ed
è subito battaglia tra i difensori dell’imputato, avvocati Pietro Mancini e
Luigi Filosa ed il Pubblico Ministero quando viene chiamato a testimoniare il
piccolo Pasquale. La difesa si oppone sostenendo che il piccolo non può
testimoniare perché parente in 2° grado
coll’imputato
, l’accusa dice che l’atto
di nascita sta a dimostrare la nessuna parentela coll’imputato
e chiede il
rigetto dell’istanza della difesa. La parentela, in effetti, non può risultare
in quanto la madre di Pasquale è figlia adulterina di Santo Paldino, la
paternità non è mai stata legalmente riconosciuta e la donna porta il cognome
della propria madre. Il Presidente dà ragione al Pubblico Ministero e il
piccolo si siede al banco dei testimoni ma è qui che cominciano le sorprese
Io non mi ricordo più nulla – dice
Pasquale – e non ho mai dormito con
Tatamalu
La madre del
bambino conferma questa circostanza e aggiunge che nella settimana in cui
avvenne il delitto Pasquale è sempre stato a casa con lei. Anche un nipote
della vittima conferma di non averlo visto in quei giorni e il Pubblico
Ministero chiede che debbano essere necessariamente ascoltati i Carabinieri che
hanno condotto le indagini per smentire direttamente queste testimonianze. Ma
qui le cose si complicano sia per la netta opposizione della difesa, superata
infine dalla decisione del Presidente di procedere all’audizione dei
Carabinieri, sia, e soprattutto, per la quasi impossibilità di rintracciare e
convocare a breve i militari perché trasferiti in altre sedi. Davanti a questo
ostacolo, il Pubblico Ministero chiede ed ottiene che la causa sia iscritta a
nuovo ruolo e così bisogna ricominciare tutto l’iter.
Ci vorrà il 7
aprile 1921 per ricominciare il dibattimento e questa volta si presenta
l’allora comandante della stazione dei Carabinieri di Vaccarizzo Albanese, Brigadiere
Pietro Mansutti che collaborò col Maresciallo Lafranconi
Dopo la rivelazione fattami dal ragazzo, quest’ultimo
non volle più parlare né con me, né con altri. Questo mi fece pensare essere
stato influenzato a tacere
Pasquale,
dopo un’altra battaglia intorno alla sua testimonianza, insiste nella sua
dichiarazione di non ricordare più nulla e anche altri testi cominciano a
ritrattare o ad avere delle amnesie. Le cose adesso non sono più scontate.
Il 12 aprile
1921, la Giuria
emette il verdetto: Santo Paldino viene assolto per non aver commesso il fatto
e subito scarcerato.[1]
Chi ha ucciso
Rosa Montalto?

[1] ASCS, Processi Penali.

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