IO, MAMMATA E TU

È mattina presto quando il 28 settembre 1951 Leopoldo Avolio bussa alla porta della caserma dei Carabinieri di Fuscaldo. Parla in modo concitato e il Vice Brigadiere Tommaso Pagano, comandante ad interm della stazione, reduce da una nottata quasi insonne per via della denuncia fatta da una donna all’una passata, deve sudare sette camicie per farlo calmare e finalmente capisce le parole dell’uomo:
– Avolio, calmatevi perché è da stanotte che ho a che fare con voi! Siete stato denunciato per disturbi notturni… che avete combinato ancora?
– Una disgrazia… comandà… una disgrazia… allora, ripeto, Natalina è caduta dalla scala a pioli e c’è rimasta! Io l’ho trovata a terra morta…
– Natalina chi? – gli fa Pagano, fingendo di non conoscere la donna in questione.
– Natalina Mantuano…
I Carabinieri conoscono bene quell’uomo per i suoi precedenti. Il suo sguardo sfuggente e la denuncia contro di lui fatta nella notte aumentano il sospetto che potrebbe non aver detto tutta la verità, così lo trattengono in caserma e vanno in contrada Cotugni a fare un sopralluogo. Percorrono la mulattiera, in pessime condizioni perché piena di sassi e macigni, che costeggia la Statale 18 e, dopo avere costeggiato un gruppo di case, si fermano davanti all’abitazione della morta.
Natalina giace ai piedi della scala e precisamente tra questa ed una cassa che dista circa un metro, compostamente coricata sul fianco sinistro, con le braccia aderenti al corpo e le vesti ordinatissime; accanto al corpo si trova una scodella di alluminio schiacciata che aveva contenuto precedentemente della minstra che ormai trovasi sparsa un po’ dappertutto. Il cadavere presenta tre ferite nelle regioni latero-occipitali destra e sinistra di discreta entità, una ferita lacero-contusa di gravissima entità alla regione centro-supero-occipitale e quattro ferite da taglio sugli stinchi di ambo le gambe.
È chiaro al Vice Brigadiere che le cose non quadrano: la posizione in cui si trova il cadavere non può essere quella di una persona che cade da una scala a pioli e poi di sangue non c’è traccia eppure le ferite avrebbero dovuto sanguinare. I dubbi aumentano quando il medico legale accerta che la morte risale alle prime ore della notte precedente. A tutto ciò Pagano aggiunge che la povera Natalina era di deficienti condizioni psichiche e da diversi anni amante dell’Avolio col quale conviveva e si convince che Natalina è morta ammazzata, ma certamente non in quella casa.
Ritornando in paese, Pagano si accorge che lungo la mulattiera alcune pietre sono sporche di sangue, proprio in direzione di un campo, confinante con la stradina, coltivato a patate americane, completamente devastato per calpestio e rotolamento di corpi e nel campo c’è anche un fazzoletto da testa da donna. Che sia quello il posto fatale? Forse no perché continuando a camminare verso il paese i Carabinieri notano delle continue macchie di sangue per circa 200 metri, fin dove la stessa mulattiera si presenta maggiormente rovinata con molte sporgenze di macigni appuntiti e fiancheggiata da un muro a secco sul lato sinistro; qualche macchia ancora di sangue si nota per qualche metro e non altro. L’aggressione deve essere cominciata proprio lì.
Le prime indagini mettono in risalto il fatto che Natalina sorvegliava e pedinava continuamente Leopoldo Avolio per gelosia in quanto altre relazioni carnali aveva da lungo tempo con una certa Carmela e con la figlia di questa, Ida. Proprio per questo motivo Natalina era stata più volte in caserma per denunciare i maltrattamenti e le percosse subite dall’Avolio esponendo il timore che una volta o l’altra sarebbe stata uccisa, ma tutte le volte la questione tra l’Avolio e la Mantuano si era chiusa pacificamente senza portare ad ulteriori gravi conseguenze. Viene fuori anche che Natalina era stata seriamente minacciata e percossa da Ida. C’è di più: tempo prima Leopoldo ricevette da Carmela la proposta di unirsi e convivere con la di lei figlia Ida, pur conoscendo che l’Avolio è regolarmente ammogliato con figli, ma da questi da lungo tempo diviso. Tale proposta, però, non poteva avere esecuzione perché sconosciuta dal marito di Carmela, cui cercavano di comunicarla a tempo debito, naturalmente col consenso dell’Avolio stesso.
Il Vice Brigadiere indagando a fondo scopre che Leopoldo, Carmela e Ida avevano maturato l’idea di togliere di mezzo la Mantuano per la gelosia di Carmela e per il desiderio di vedere realizzati i loro disegni; tale occasione si presentò nella notte dal 27 al 28 in quanto nel pomeriggio del 27 stesso sia l’Avolio che Ida, separatamente, si recarono per affari a Paola dove, indisturbati, decisero il da fare. Tornati a casa ognuno per conto suo, mentre la Ida se ne andava a casa sua dove con la madre trattavano l’argomento che le interessava, l’Avolio si tratteneva in giro per cominciare a crearsi degli alibi. Difatti, appena di ritorno da Paola, in compagnia del genero, si recò nella cantina di Clemente Santoro sita all’inizio della mulattiera per fare una colazione; vi trovarono dentro il loro amico Ferdinando Mannarino intento a consumare un po’ di vino e si sedettero allo stesso tavolo mentre consumavano la colazione, si unì a loro tale Eugenio Caserta il quale accettò di bere qualche bicchiere di vino. Lasciarono la cantina verso le ore 21,30 e, mentre il genero con Ferdinando rincasarono, l’Avolio invitò il Caserta a recarsi in sua compagnia presso tale Cavaliere Angelo ove consumarono un bicchiere di vino, lasciando il luogo dopo soli cinque minuti. Lasciata l’abitazione di Cavaliere che dista dalla mulattiera circa un chilometro, si avviarono di ritorno sulla Nazionale e giunti all’altezza della mulattiera si separarono per andare ognuno a casa propria. L’Avolio si avviò lungo la mulattiera ed arrivato all’altezza della casa della Carmela, cominciò a bussare alla porta piuttosto violentemente. Questo è il segnale che Carmela sta aspettando: in men che non si dica esce di casa da una finestra che si apre verso la campagna portando con sé la figlia minore. Tenendola per mano si avviano velocemente verso la casa di Natalina, passando a circa dieci metri dall’Avolio, non mancando di richiamare l’attenzione dei vicini per mostrare loro che l’Avolio voleva sfondare la porta, chiedendo a una vicina di avvisare Natalina la quale si precipita da Leopoldo. Sono le 23,30 del 27  settembre. Nasce una discussione tra Natalina e Leopoldo il quale fa in modo di allontanarsi da quel luogo ormai troppo affollato, seguito da Natalina e da Carmela. Quando i tre arrivano nel punto dove ormai non possono essere visti (il luogo dove la mattina dopo i Carabinieri trovano le prime tracce di sangue) cominciano a picchiarla selvaggiamente. Natalina urla di dolore per richiamare l’attenzione dei vicini e riesce a scappare dirigendosi verso il campo di patate americane, lasciando dietro di sé una scia di sangue, ma viene raggiunta da Carmela e continuano le botte. Le due donne si accapigliano, cadono a terra e si rotolano tra le piante che vengono devastate. Poi appare sulla scena una pietra acuminata ed è con questa che viene colpita violentemente alla testa. A tal punto, essendo la Natalina ridotta in pessime condizioni, viene abbandonata da Carmela e piuttosto trasportata a furia di pugni e di calci dall’Avolio stesso nuovamente sulla mulattiera, non cessando la furia dei colpi e le urla di soccorso della Natalina stessa. I vicini sentono ma non s’impicciano e Leopoldo trascina a forza la povera donna per circa altri duecento metri, fino al punto in cui si trovano le maggiori sporgenze dei macigni, poi l’abbandona in fin di vita. L’Avolio a tal punto torna indietro terrorizzato dell’operato e dopo essere arrivato presso l’abitazione di Carmela, cosciente di quanto accaduto, vinto dalla paura, nutriva già dei sentimenti di vendetta contro Carmela stessa, ma questa era altrove perché quando l’Avolio aveva portato via dal campo di patate la Natalina, Carmela con la figlia non era rimasta sul luogo, bensì era andata a cercarsi degli alibi per dimostrare che era assente dal luogo del misfatto. Infatti gira di casa in casa per convincere qualcuno ad accompagnarla a Fuscaldo per avvisare i Carabinieri che l’Avolio bussava a casa sua violentemente.
All’una e cinque bussa alla caserma dei Carabinieri e questo Pagano lo sa per scienza diretta perché ha dovuto ascoltare gli strepiti di Carmela contro Leopoldo. Che tutto porti alla ricostruzione fatta dal Vice Brigadiere Pagano lo dimostra il fatto che mai prima della notte tra il 27 e il 28 settembre 1951 Carmela si era lamentata di disturbi notturni da parte dell’Avolio pur essendo già noto che lui ci andasse quasi sempre in tempo di notte. Lo ha fatto per dimostrare che lei fosse completamente innocente del misfatto.
Tutto quanto ipotizzato da Pagano trova riscontro nelle contraddizioni in cui cadono Avolio, Carmela e Ida quando, messi sotto torchio, dichiarano:
– Bussai alla Porta di Carmela perché volevo chiarire i motivi della nostra indifferenza nata l’8 corrente mese e intendevo diventare nuovamente in buoni rapporti con la stessa poiché da anni ho relazioni intime con la medesima nonché con la figlia Ida. Carmela mi rispose ma non volle aprire la porta e io pensai che avessero in casa altro amante, allora mi sono seduto sul gradino della porta senza fiatare, in attesa che eventualmente uscisse qualche uomo. Dopo circa un’ora, non avendo notato alcun movimento, mi stavo allontanando ma sulla via, vicino alla scala di accesso alla casa di Carmela notai Mantuano Natalina, mia vecchia amante. Le chiesi “Che cosa stai facendo qui?”. In un momento d’ira la presi a schiaffi e calci e lei, per tema di essere più malmenata da me, se la diede alle gambe nel vicino orto seminato a patate. La medesima non fece dieci passi e venne acciuffata da Carmela, buttata a terra e malmenata con un arnese che non ho potuto distinguere se trattavasi di scure oppure un manico di zappa. La Natalina invocava aiuto e allora accorsi, solo così Carmela si allontanò nascondendosi certamente sotto qualche pianta. Alzai da terra la Natalina e la accompagnai verso casa sua. Cammin facendo la percossi a schiaffi e pugni. Ad un certo punto la lasciai e ritornai nuovamente alla porta di Carmela, bussando affinché mi fosse aperta la porta perché volevo percuotere la Carmela per vendicare l’atto insano commesso in pregiudizio di Natalina ma nessuno mi rispose. Attesi per un’ora poi ripresi la via per rincasare e, fatti circa 300 metri lungo la mulattiera, trovai la Mantuano morta. Per umanità verso la medesima poiché era stata la mia amante per diversi anni, me la presi sulle spalle portandola in casa sua; ivi giunti, preso da un momento di sconforto, pensai di adagiare la povera donna ai piedi della scala al fine di simulare che la medesima era caduta. Presi un piatto di alluminio contenente pasta con fagioli e pomidori e lo buttai al lato della medesima al fine di maggiormente simulare la traccia. Andai a parlare con il fratello di Carmela che mi accompagnò da lei e le chiesi di aiutarmi ma non volle farlo… poi sono venuto in caserma…
La sera del 27 corrente, a notte inoltrata e precisamente verso le 23,30, sentii un rumore alla porta come se qualcuno volesse entrare. contemporaneamente sentii dall’esterno la voce a me nota di Avolio Leopoldo che mi invitava ad aprirgli la porta onde avesse modo di dirmi due parole ma a tale suo invito gli risposi che non era quello l’orario che mi consentisse di aprirgli la porta e soggiunsi anche che con lui io non avevo niente da dire. “Aprimi o ti sfondo la porta” e dal detto passò subito al fatto: cominciò una sfuriata di colpi contro la porta e io cominciai ad avere paura. Chiamai aiuto ma nessuno rispose tranne che il Leopoldo per dirmi “adesso ti rispondono” e ciò in senso ironico. Vistami in quelle condizioni cercai di mandare mia figlia Maria di anni 12 a chiamare la Mantuano Natalina nella speranza che lei riuscisse a portarlo via ma Maria non volle andare e allora aprii la finestra sul retro della casa e con mia figlia uscimmo per andare a chiamare la Natalina. Io, Maria e Natalina tornammo verso casa mia e, arrivati a una ventina di metri dall’abitazione, le dissi di nascondersi sotto una pianta di fico per non affrontare la furia scatenata del Leopoldo perché sicuramente l’avrebbe uccisa. Io e Maria andammo a bussare alle case dei vicini per farci aiutare ma nessuno ci diede ascolto, così ci avviammo verso Fuscaldo per venire in caserma, come sapete… poi, tornate a casa, alle 2 passate sentii bussare di nuovo alla porta ed erano mio fratello e Leopoldo che mi chiese aiuto perché aveva ammazzato Natalina ma io non gli risposi…
– Ci risulta che voi e vostra figlia avevate relazioni intime con Avolio, come mai tutto quel trambusto e proprio la notte che Natalina è stata uccisa?
Non è affatto vero che io abbia avuto relazioni intime con il Leopoldo. Questa è una vera calunnia che hanno voluto dire le cattive lingue del vicinato e non è nemmeno vero che mia figlia Ida abbia avuto relazioni intime con lui. Questa voce allarmante è stata pubblicata dalla Mantuano Natalina perché era gelosa del Leopoldo!
– Quando Leopoldo cominciò a tempestare di colpi la nostra porta, mia madre, temendo di essere vittima di un delitto, prese mia sorella Maria e andò a Fuscaldo dai Carabinieri. Io rimasi nascosta in casa mentre Leopoldo continuava a colpire la porta quando a un certo punto sentii la voce di Natalina che gli diceva “andiamo via perché Carmela è andata a denunziarti ai Carabinieri”. Intesi che il Leopoldo incominciò a percuotere la Natalina la quale si trovava ai piedi della scala d’accesso alla nostra casa. Vistasi percuotere, cercò di trovare una via di scampo dirigendosi verso un appezzamento di terreno seminato a patate, gridando “Ida vieni in aiuto perché mi sta ammazzando!”, poi bussò alle porte dei vicini ma nessuno volle aiutarla e allora si incamminò verso casa sua mentre Leopoldo continuava a picchiarla con calci e pugni. Così finì la cosa e non vidi più il Leopoldo fino alla mattina facendo giorno quando venne con mio zio a parlare con mamma ma io non sentii cosa dicevano perché parlavano a bassa voce.
– Tua madre aveva relazioni intime con Avolio?
Non mi risulta che il Leopoldo abbia avuto relazione carnale con mia madre nel passato
– E tu?
Io non ho avuto relazione alcuna con il Leopoldo.
Le menzogne delle due donne sono puerili perché tutto il vicinato, per non dire tutto il paese, sa che se la intendono con Leopoldo e questo non fa che aggravare la loro posizione, soprattutto quella di Carmela:
Mai precedentemente la Concetta aveva avvisato i Carabinieri di disturbi notturni da parte dell’Avolio pur essendo già noto che lui ci andasse quasi sempre o spesso in tempo di notte, solo quella notte, per dimostrare che lei fosse completamente innocente del misfatto avvisò l’Arma, pur confessando implicitamente che l’autrice ne era stata proprio lei in quanto, se lei personalmente non avesse chiamato ed accompagnato la Natalina, non sarebbe successo ciò che è successo. Tutto si svolse con una precisione millimetrica e con un legame di tempo perfettissimo. La sua complicità e l’accordo della figlia Ida con l’Avolio è dimostrata dal fatto che, quando come lei dice sentì bussare violentemente alla porta si precipitò fuori dalla finestra con la figlia Maria per paura che l’Avolio sfondasse la porta ed ammazzasse tutti in casa senza alcun motivo, non si è peritata, in qualità di madre, di salvaguardare la vita e l’incolumità delle figlie Ida e Concettina, quest’ultima di sei anni appena, che ha lasciato in casa a letto; né la Ida stessa ha avuto paura di restarci pur essendo la porta, che non è stata sfondata, di facile apertura data la sua vecchiaia e sconnessione. Tali fatti, invece di denotare una morte puramente accidentale, denotano con quanta perizia e con quanto sangue freddo oltre che premeditazione sia stato compiuto l’orrendo misfatto da parte dei tre imputati.
il Vice Brigadiere Pagano non ha dubbi nemmeno sull’esecutore materiale dell’omicidio: Carmela.
Il Pubblico Ministero è parzialmente d’accordo con le conclusioni del Vice Brigadiere e individua il movente del delitto, consumato in concorso tra Leopoldo e Carmela, la cui intenzionalità omicida si ricava dalla violenza dei colpi e dalle zone del corpo colpite. Essi soltanto avevano interesse a levarsi dai piedi la Mantuano che dava troppo fastidio ad entrambi: all’Avolio impediva di correre liberamente la cavallina; per la Carmela era l’unica persona che, essendo a conoscenza dei suoi illeciti amori con il proprio amante, impediva a lei di ricevere liberamente in casa l’Avolio per congiungersi con lei e con la propria figlia Ida. Carmela vuole sfogare la sua libidine oramai approprinquantesi al tramonto. Non ci sono elementi per provare la partecipazione della giovane Ida al delitto e per questo viene chiesto il rinvio a giudizio solo per Leopoldo e Carmela.
Il Giudice Istruttore la pensa diversamente: Tutto quanto avvenne in quella notte tragica sta a dimostrare la preoccupazione di Carmela di essere liberata dall’Avolio, il quale voleva assolutamente entrare nella di lei casa per sfogare le sue voglie erotiche, maggiormente eccitate dal vino ingerito, sulla giovane Ida, da lui richiesta come amante ai genitori; sta di fatto che Carmela uscì di nascosto da una finestra, peregrinò per quelle campagne con la figlioletta Maria e fra i tanti che chiamò in aiuto, soltanto la disgraziata Natalina accorse. Perché… Per quale nuovo evento… per quale sconvolgimento psichico in lei sopravvenuto, Carmela avrebbe dovuto ad un tratto rivolgere la sua ira contro la Mantuano?
Ad affrontare il processo in Corte d’Assise per omicidio aggravato sarà solo Leopoldo Avolio.
Il 27 gennaio 1953 inizia il dibattimento che è molto sbrigativo. Il Pubblico Ministero chiede la condanna a 17 anni e 6 mesi di reclusione, richiesta alla quale si associa la parte civile, con l’aggiunta di un risarcimento di 1.500.000 lire. La difesa sostiene invece che non ci sono prove sufficienti per condannare Avolio chiedendone l’assoluzione o, in subordine, di ritenerlo colpevole di omicidio preterintenzionale con la concessione delle attenuanti generiche e quella della provocazione grave, con la condanna al minimo della pena.
La giuria si convince della bontà di quest’ultima richiesta e lo condanna a 11 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione, a 20.000 lire di multa, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a 3 anni di libertà vigilata. Il risarcimento del danno per la parte civile è quantificato in 350.770 lire.
Il ricorso in appello porta a una dichiarazione di condono di 3 anni della pena e, non avendo proposto ricorso per Cassazione, la pena resta fissata in 8 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione.[1]

Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta

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[1] ASCS, Processi Penali.

 

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